di Emilio Sergio

ca. 1538

Nasce a Monteleone di Calabria (antica colonia locrese, denominata Hipponium), l’attuale Vibo Valentia, da Mario, nobile discendente di una famiglia vibonese, e da Lucrezia Galfuna. Una iscrizione di origine medievale nel comune di Monteleone, rinvenuta nel 1839, reca la dicitura “Iyezolino”, e verosimilmente fu questo il cognome originario della famiglia. Le nobili origini della famiglia Iasolino sono confermate dalle carte dello storico Giuseppe Capialbi (Originis, situs, nobilitatis Civitatis Montis leonis Geografica Historia eiusdem civitatis, Neapoli,  ex Typographia Lucae Antonij Fusci, 1659, p. 47). Alcune fonti riportano erroneamente Sant’Eufemia come città natale (che è in realtà il golfo che ospita il capoluogo calabrese).

Giulio ebbe due fratelli, dei quali conosciamo il nome del più giovane, Vespasiano, nato poco più di un decennio più tardi (V. Capialbi, Inscriptionum Vibonensium specimen, Neapoli, apud Gabrielem Porcelli, 1845, p. 57; cfr. P. Buchner, Giulio Iasolino medico calabrese del Cinquecento che dette nuova vita ai bagni dell’isola d’Ischia, «Archivio Storico per la Calabria e la Lucania», 18, 1949, 3-4, pp. 101-120, qui pp. 107-108; rist. Milano, Rizzoli, 1958, p. 13). Vespasiano, che compì, come Giulio, i suoi studi a Napoli presso il Collegio dei Gesuiti, è ricordato soprattutto per l’impegno dimostrato, in tarda età, nella realizzazione di un collegio gesuitico a Monteleone. A differenza di Giulio, Vespasiano seguì lo studio della giurisprudenza e si stabilì a Napoli per esercitare la professione legale. Vespasiano morì nel 1620 e, prima di essere seppellito, dopo la morte del fratello Giulio (1622), nella chiesa di S. Chiara, fu deposto nella chiesa del Gesù nuovo (P. Buchner, Giulio Iasolino, 1949, p. 109; ried. 1958, p. 14; cfr. anche S. Santagata SJ, Istoria della Compagnia di Gesù appartenuta al Regno di Napoli, Napoli, Vincenzo Mazzola, 1757, vol. 4, p. 209).

ca. 1563/1569

Iasolino assume la cattedra di anatomia lasciata vacante nel 1554 da Giovanni Filippo Ingrassia (1510-1580), trasferitosi nel frattempo a Palermo. Sui precisi rapporti fra Iasolino e l’Ingrassia gli storici hanno formulato ipotesi controverse. Mentre si registra per certo che Iasolino continuò a Napoli a diffondere il magistero ricevuto dall’Ingrassia, sulla precisa datazione del conferimento dell’incarico accademico a Iasolino l’ipotesi più attendibile sembra quella fornita da Buchner, che fa risalire al 1563 la cessione della cattedra, allorché proprio in quell’anno il vicerè Perafan de Ribera (succeduto a Pedro de Toledo) invitava Ingrassia a fare ritorno a Napoli (cfr. P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, p. 20). C’è da segnalare al riguardo che fu grazie all’impegno dell’Ingrassia che lo Studium napoletano ottenne l’unificazione delle cattedre di medicina teorica e di pratica della medicina e di anatomia (C. Preti, Ingrassia, Giovanni Filippo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 62, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2004); questo dato, unito al fatto che nel corso dei decenni successivi lo Studium napoletano mantenne la consuetudine di non attribuire la carica di archiatra (il lettore di medicina pratica) al titolare della cattedra di anatomia (che assorbiva anche l’incarico di lettore di medicina teorica), fa supporre che Iasolino abbia ricevuto un primo incarico intorno al 1563, e preso la cattedra di anatomia verso la fine degli anni Sessanta – quando l’incarico di archiatra fu attribuito nel frattempo ad una persona vicina a Iasolino, cioè Giovanni Antonio Pisano1, «anch’egli discepolo dell’Ingrassia» (P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, p. 20; cfr. C. Preti, Jasolino, Giulio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 62, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2004)2.

Come fece in seguito il suo illustre successore, Marco Aurelio Severino (1580-1656), Iasolino esercitò a partire dal 1563 (secondo C. Preti, Jasolino, Giulio, cit.) la professione di chirurgo presso l’Ospedale degli Incurabili.

1573

Iasolino pubblica la sua prima opera, già annunciata negli anni precedenti, dal titolo Iulii Iasolini Hipponiatae Medici Quaestiones Anatomicae et Osteologia Parva Cuncta in hoc Libello (Neapoli, Apud Horatiun Salvianum, 1573). È probabile che Iasolino abbia avuto accesso alla cattedra di anatomia attraverso una versione manoscritta dell’opera, già circolante nell’ambiente dello Studium prima della messa a stampa. Essa consta di 156 fogli numerati. L’opera contiene una dedica a Marco Antonio Colonna (1534-1587), seguita da due lettere, l’una di Giovanni Bernardino Longo3, l’altra dell’archita Giovanni Antonio Pisano (v. supra). Quest’ultimo si rivolge allo Iasolino come figura già attiva nello Studium napoletano («nam diu diligentissime Anatomen pluribuus annis in hoc gymnasio administras, multa, quae alios latuere, invenisti, omnia sincere esplicasti, novosque usus a nemine hucusque excogitatos in medium attulisti», s.n.p.), sottolineando la funzione dell’opera, scritta e messa a stampa per l’insegnamento universitario. Nel volume vi sono esposte due Questiones di cui la prima riguarda la distinzione dei concetti di “pinguedo” ed “adeps”. La seconda, De cordis adipe, dedicata al Longo, tratta del grasso cardiaco che sarebbe di una specie molto difficile a fondersi, dovendo resistere all’elevata temperatura del cuore, sorgente del calore del corpo umano. Su questo specifico punto Iasolino sembra aver fatto tesoro di una delle lezioni di Realdo Colombo (ca. 1510/1520-1559), che nel libro VII (De corde et arteriis) del De re anatomica (1559), dimostrava ad un incredulo Simone Porzio (1497/1497-1554), attraverso esperimenti effettuati su cadaveri sezionati, che il grasso pericardico non era vero e proprio grasso, poiché non veniva liquefatto dal calore (R. Colombo, De re anatomica, p. 324). Secondo Iasolino, la funzione di questo particolare grasso intorno al cuore sarebbe da ricercare nel bisogno di energia da parte del muscolo cardiaco.

L’ultima parte dell’opera è costituita dalla Osteologia parva. Essa riassume in sei tavole i concetti dell’Ingrassia, del Vesalio e di altri anatomisti. Seguono una spiegazione dei termini greci e una breve trattazione sul numero complessivo delle ossa umane, elencate in una settima tabella.

1575

La seconda pubblicazione di Iasolino reca il titolo: Iulii Iasolini Hipponiatae Philosophi ac Medici De acqua in pericardio quaestio tertia. Adiecimus huic tractatum sive questionem de poris colidochis, et vesica fellea pro Gal. Adversos neotericos anatomicos: in qua plura a nobis nuper observata extant. Nova methodus medendi carunculas in vesicae ductu oborta de veterum mente elucescit, Neapoli, Apud Horatium Salvanium, 1575. Dedicata all’Ingrassia, l’opera consiste di soli 21 fogli non numerati. Sul retro del frontespizio si trova un epigramma di G.B. Arcucci. Il libretto tratta esclusivamente del liquido che riempie il pericardio e la cavità toracica. Iasolino ritiene, sulla scia di Ippocrate, Platone e Galeno che esso si formi per l’accumulo di piccole quantità di liquido scivolate nei polmoni attraverso la trachea nell’atto di bere. Egli non spiega tuttavia per quali vie il liquido giungerebbe nel pericardio.

1577

Gli argomenti tralasciati nel De acqua in pericardio vengono ripresi un anno dopo in una pubblicazione dal titolo De poris coledochis, et vesica fellea pro Gal. Adversus neotericos anatomicos. Plura noviter observantur, quae in seguenti pagina ostenduntur, Neapoli, Apud Horatium Salvanium, 1577. In questo scritto di 94 pagine numerate, accreditato come il più importante dei suoi lavori anatomici, Iasolino confuta le teorie di Falloppio e di Vesalio circa la posizione della cistifellea, illustrando con un disegno le divergenze rispetto alle tesi Falloppio e di Vesalio. Secondo Iasolino, il vertice della cistifellea sarebbe volto sempre verso l’alto ed il canale di secrezione condurrebbe verso il duodeno non in direzione orizzontale, ma obliqua. Il liquido biliare sarebbe condotto verso la vescica da sottilissimi vasi, e la sua secrezione dipenderebbe non dalla pressione del fegato – come sosteneva Falloppio – ma dalle contrazioni di una muscolatura propria. Il liquido giallastro trasparente prodotto dal fegato scorre verso il duodeno attraverso un canale speciale che al suo termine accoglie il dotto biliare. Iasolino termina l’opera con alcune considerazioni sulle funzioni sistemiche dell’organo.

1588

Iasolino pubblica l’opera che gli tributò maggior successo: De’ rimedi naturali che sono nell’isola di Pithecusa, hoggi detta Ischia, libri due (Napoli, Giuseppe Cacchi, 1588). La lettera dedicatoria è indirizzata a Donna Geronima Colonna, duchessa di Monteleone, andata in sposa nel 1559 del III duca di Monteleone, Camillo Pignatelli (†1583).

Nel primo libro viene menzionato Gabriele Falloppio, oltre ai medici napoletani Giovanni Francesco Lombardo e Giovanni Battista Elisio (quest’ultimo autore di uno scritto sui bagni termali ristampato nel 1591 per le cure di Scipione Mazzella, De balneis Puteolorum, Baiarum et Pithecusarum, Neapoli, apud Horatium Salvianum). Sull’importanza e sulla fortuna De’ rimedi naturali, cfr. P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, pp. 69-92.

Nel suo complesso, la produzione scientifica iasoliniana non si presenta imponente. La rilevanza storica della pratica medico-chirurgica esercitata presso gli Incurabili, così come i lunghi anni di insegnamento restano tuttavia una spia importante per la ricostruzione del suo operato: Iasolino si mostrò indubbiamente aperto verso l’insegnamento del nuovo indirizzo anatomico-sperimentale inaugurato da Vesalio, Colombo, Ingrassia e Falloppio, non trascurando l’importanza di un confronto con le opere di Galeno. Durante gli anni della sua attività a Napoli (come nella vicina Ischia), egli si fece recettore e vettore del generale clima di rinnovamento nel campo della medicina e della filosofia naturale, iniziato, alcuni decenni prima, attraverso la circolazione delle opere di Simone Porzio, di Jean Fernel, di Giovanni Argenterio, di Bernardino Telesio e dello stesso Ingrassia.

15 giugno 1607

Insieme a Pietro Vecchione († 1619), protomedico del viceregno, Iasolino formula il suo parere sulla salute mentale di Tommaso Campanella (cfr. L. Amabile, Fra Tommaso Campanella. La sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia, 3 voll., Napoli, 1882, vol. 2, pp. 227-229). Una prima perizia sulla presunta infermità mentale dello Stilese risaliva al 4 gennaio 1602, com’è documentato dallo stesso Amabile (ivi, vol. 3, p. 507).

15 aprile 1608

Il naturalista tedesco Johann Faber (1574-1629), membro dell’Accademia dei Lincei, ricevuto un incarico presso la Sapienza di Roma, rende visita a Iasolino. In quell’occasione Iasolino fa dono a Faber della sua opera sui bagni termali di Ischia. La data dell’incontro si desume dall’annotazione dello stesso Faber «Neapoli dono accepi ab ipso auctore 15 Apriliis A. 1608 Johannes Faber S.D.N. simplicista» sull’esemplare conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (P. Buchner, Giulio Iasolino, 1952, p. 149 nota 1; ried. 1958, p. 49 e nota 1). Compilatore di parte cospicua del celebre Tesoro Messicano, Faber costituirà uno dei vettori per la diffusione dello studio dell’anatomia comparata, cui la colonia lincea napoletana contribuì in maniera significativa. Di lì a qualche anno, Faber sarà contato, insieme a Gaspare Aselli, Jean Riolan, William Harvey e Marco Aurelio Severino tra coloro che conducevano di consueto dissezioni anatomiche (cfr. A. Ottaviani, O. Trabucco, Theatrum Naturae. La ricerca naturalistica tra erudizione e nuova scienza nell’Italia del primo Seicento, Napoli, La Città del Sole, 2007, ad vocem; A. Guerrini, The Courtiers’ Anatomists. Animals and Humans in Louis XIV’s Paris, Chicago, Chicago University Press, 2015, pp. 131-133).

Sulle ricadute di un fenomeno di trasformazione della medicina che investirà soprattutto la comunità scientifica dell’età galileiana, la figura di Iasolino (che all’epoca dell’incontro con Faber aveva compiuto i settant’anni) resta senza dubbio minoritaria e marginale. Ciò che fa riflettere è, piuttosto, il fatto che di lì a qualche anno Iasolino fosse affiancato dal giovane Severino nello svolgimento della professione medica presso diversi conventi napoletani (le agostiniane di Sant’Andrea delle Dame, le Clarisse di Santa Maria della Sapienza, i chierici regolari di San Paolo Maggiore, il collegio gesuitico). E il giovane Severino che, in quel periodo, va immaginato come lettore attento delle novità scientifiche dei suoi contemporanei, deve aver appreso dalla figura di un cattedratico di lungo corso come lo Iasolino lo spirito di una libertà di ricerca che ritroviamo nella sia pure limitata produzione scientifica di quest’ultimo. Non si spiegano altrimenti le ragioni di una ripubblicazione delle opere anatomiche di Iasolino, a trentadue anni dalla sua morte, con il sostegno di Georg Volkamer, debitamente commentate da Severino4.

Una fonte preziosa per la ricostruzione della biografia intellettuale di Iasolino e del contesto medico della Napoli tardo rinascimentale sono le lettere di Marco Aurelio Severino a Georg Volkamer (medico di Norimberga, suo stretto collaboratore nella redazione della biografia che apparirà postuma nel 1659). Le lettere, raccolte dal medico norimberghese Christoph Jacob Trew (1695-1769) sono custodite nella biblioteca dell’università di Erlangen. Nell’Ottocento Luigi Amabile ne effettuò una trascrizione, attualmente conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (XI AA 35-36; cfr. P. Buchner, Giulio Iasolino, 1949, p. 103 nota 1; ried. 1958, p. 8).

1609

Marco Aurelio Severino torna a Napoli, e comincia da subito un rapporto di collaborazione con Iasolino. Così recita il passo della sua biografia: «Quando animadvertens in ille Regionibus Chyrurgicam facultatem usu per necessariam, eius practicae condiscendae gratia, ann. 1609 Neapolim redit, et Magistro adscito Iulio Iasolino, tantum in Chyrurgicis operationibus proficit, ut an. 1610 publice illas edocere valuerit, in quo munere primus author Severinus Neapoli probator, antea enim non exiguo Reipublicae detrimento nuda observatione medentium Chyrurgorum per valetudinaria scientiarum difficillima addisci consueverant» (Marci Aurelii Severini Thuri Cratigenae Tharsiensis Antiperipatias, Hoc est, adversus Aristoteleos De respiratione piscium diatriba, Amstelodami, Apud Joannem Janssonium, 1661, [p. 1]).

1614-1617

Iasolino partecipa agli atti per la beatificazione di Andrea Avellino (Biblioteca Nazionale di Napoli, fondo S. Martino, ms 640). L’istruttoria termina nel 1617 e il 26 maggio fu anche interrogato il Severino, il quale non fece che confermare le testimonianze dello Iasolino (P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, p. 53 nota 1).

ca. 1607-1622

Sempre Paolo Buchner segnala una «contraddizione» che, a suo dire, non è stato in grado di spiegare: «da una parte il Severino viene sempre detto successore dello Iasolino, mentre dall’altra parte esiste un decreto vicereale del 4 novembre 1622, che concede al Severino la cattedra di chirurgia presso i Regi Studi, tenuta finallora da un certo dottor Mario de Burgos. Tale Mario de Burgos “per vecchiaia ed indisposizione” non poté più adempiere la sua carica ed il Severino era l’unico a concorrere a questa cattedra. Secondo l’Amabile difatti lo Iasolino, pure chiamato Anatomiae et Chirurgiae in Regio Gymnasio Professor [v. l’incisione di P. Troschel nella Zootomia Democritaea (1645) di Severino], non avrebbe avuto mai una lettura pubblica, ma la cattedra di chirurgia ed anatomia sarebbe stata occupata prima da Giuseppe Perrotta e dal 1607 fino al 1622 da questo Mario de Burgos, di cui però non si trova nessun accenno né nelle pubblicazioni dello Iasolino, né, quanto vedo, in quelle del Severino. In ogni caso anche se lo Iasolino, morto per combinazione nello stesso anno, nel quale de Burgos dovette essere sostituito, non fosse stato l’ufficiale cattedrante d’anatomia e chirurgia, tutti giudicavano il Severino de facto suo successore» (P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, pp. 56-57)5.

I dubbi sia pure legittimamente sollevati dal Buchner possono essere in parte risolti riconducendo la documentazione esistente sull’argomento al contesto specifico dello Studium napoletano tra fine Cinquecento e inizi Seicento: il summenzionato Mario de Burgos può verosimilmente avere ricevuto l’incarico di lettore di chirurgia in un periodo coevo a quello del cattedrante Iasolino, il cui status accademico non è messo in alcun dubbio, e non solo per la testimonianza posteriore di Severino contenuta nella Zootomia Democritaea. Inoltre, il fatto stesso che il documento vicereale sopra citato dal Buchner attesti la possibilità di una condivisione stipendiale permette di formulare l’ipotesi che all’altezza del 1607 un già settantenne Iasolino fosse affiancato da altri cattedratici ufficialmente titolati. Le vicende legate al torno di tempo che dal 1607 giunge al 1609 (data dell’arrivo di Severino a Napoli) ci consentono infine di prendere in considerazione che il viaggio intrapreso da Severino nel 1609 fosse motivato anche da consapevoli aspettative di affiancare il medico vibonese nelle attività dello Studium.

1622

Morte di Iasolino. La data di morte del medico vibonese si evince dalla succesione della cattedra di anatomia a Marco Aurelio Severino, risalente per l’appunto al 1622. Infondata (e probabilmente attribuibile ad una delle numerose sviste contenute nel testo) è la notizia riportata dal Buchner, il quale dichiara come terminus ad quem una presunta edizione napoletana del 1623 delle Quaestiones anatomicae quattuor di Severino [sic], mentre sappiamo che le opere dello Iasolino furono pubblicate insieme alle quaestiones di Severino non prima del 1654 (P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, p. 15).

Nelle Inscriptiones di Giovanni Battista Orso SJ (s.l., s.d., ma 1642) si trova il testo di due epitaffi destinati alla tomba di Vespasiano e Giulio Iasolino (pp. 224-225 e 256). Nella seconda iscrizione, dedicata a Giulio, si ricorda che Iasolino raggiunse l’età di ottantaquattro anni, notizia che permette di desumere che la data di nascita debba farsi risalire intorno al 1538 (cfr. P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, pp. 58-61, qui pp. 60-61)6.

Riproduciamo di seguito i testi delle due epigrafi:

«Geminis vitae hominum indigentiis / Gemini, pro se quisque, consuluere Fratres / Aevo salubriter producendo Iulius / Otio, fortunisque fluenti, / I.V. Consultus, consultorque magni nominis / Columen pietatis / Vespasianus Iasolinus: / Hausta e civilis sapientiae oracoli, / Vultuque dictisque factisque / Expressa, defensa, probata aequitate / Ad an. Usque aet. LXX S.H. 1620. / Iulius Iasolinus Hipponiata / Seculi Epidaurus sui: / Molli manu ferrum retundere instantis Fati, / Et arte Paeonia, / Fines producere mortalis aevi potens, / Suique potens viduatis ope, ope fovens gratuita: / Nec sibi nec comini metuens suo, / Vespasiani Fratris testamento, / Hic commendatur lapide Posteris / An. sal. Hum. 1635».

«Iulius Iasolinus Hipponiata / Valetudinis, vita eque vindex / Sagax, navus, felix / Hoc situs est: / Abite morbi, aegritudinesque, / Seu ferro, seu tabe ingruitis / Chitone hoc, et Apolline procul: / Aenariae adeste scaturiginis, / Ingeniumque calamumque veneramini, / Quibus / Congruere Iovi servire hominibus / Typhoeum adegit / Fontemque rimatus praecordiorum, / Producere aevum sine lue potuit, docuit, / Qui fato, non morbo correptus / Anno supra LXXX quarto / Mortalitatem exuit, / Vitam adeptus / Praesidio aegrum, obsequio Superum, subsidio miserum / Inter immortales, mortalesque / Immortalem» (ivi, pp. 60-61).

Note

1Giovanni Antonio Pisano fu lettore di medicina pratica dal 1574-1575 al 1585, e nel corso dell’ultimo quarto del XVI secolo ricevette l’incarico di protomedico del viceregno. Secondo Leone Allacci (1586-1669), il Pisano fu verosimilmente maestro di Giovan Battista Della Porta, che dedica a Ottavio Pisano (figlio di Giovanni Antonio) l’opera De refractione optices (Neapoli, H. Salviamun, 1593). Giovanni Pisano ebbe anche rapporti con il cosentino Sertorio Quattromani (1541-1603), che lo ricorda in diverse sue lettere, ed in una lettera inviata allo stesso Pisano datata 6 settembre 1588, poco prima della morte di Bernardino Telesio (1508-1588). Cfr. S. Quattromani, Scritti, a cura di F.W. Lupi, Arcavacata di Rende, Centro Editoriale e Librario dell’Università della Calabria, 1999, ad indicem.
2L’unificazione, ad opera dell’Ingrassia, a partire dall’anno accademico 1546-1547, delle cattedre di medicina teorica e di pratica della medicina e anatomia è un evento tutt’altro che trascurabile per la storia della medicina nell’università di Napoli. Ciò significa innanzitutto che, a pochi anni dalla pubblicazione dell’opera di Andrea Vesalio (1514-1564), il De Humani Corporis Fabrica (1543), l’insegnamento e la professione della medicina a Napoli intercettava appieno le novità scientifiche diffuse in campo anatomico e chirurgico in altre università italiane (Padova, Ferrara, Bologna, la Sapienza di Roma e lo Studium pisano). È grazie all’impegno dell’Ingrassia che a Napoli si cominciò a riconoscere il valore della chirurgia come scienza e ad affermare la centralità delle pratiche autoptiche nella formazione medica. Il primo eloquente manifesto di questo profondo cambiamento dello statuto epistemologico dell’anatomia e della chirurgia nell’ambito della medicina è l’opera dell’Ingrassia, pubblicata nel 1547, dal titolo Iatropologia liber quo multa ad versus barbaros medicos disputantur, collegiique modus ostenditur ac multae Quaestiones tam Physicae quam Chirurgicae discutiuntur (Venetiis, apud Ioannem Gryphyum, s.d. [ma 1547]; ried. 1558; in appendice l’opera reca una piccola trattazione, datata 1544, in forma di lettera da Napoli a Niccolò Clerano medico di Lentini, dal titolo Quaestio utrum in capitis vulneri bus pleuritideque atque etiam phrenitide exsolvens nuncupatum pharmacum an leniens dumtaxta, congruens sit). A differenza di Iasolino, la produzione scientifica dell’Ingrassia fu molto prolifica: lo scienziato siciliano pubblicò diverse opere fino al 1579, e altre ne uscirono postume nei decenni successivi. Cfr. al riguardo C. Dollo, Giovanni Filippo Ingrassia e il rinnovamento della medicina, in Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola, Napoli, Guida, 1984, pp. 39-65; C. Preti, Ingrassia, Giovanni Filippo, cit.; F. Cappello, A. Gerbino, G. Zummo, Giovanni Filippo Ingrassia: A Five-Hundred Year-Long Lesson, «Clinical Anatomy», 23, 2010, pp. 743-749; A.G. Marchese, Giovanni Filippo Ingrassia, Palermo, Flaccovio, 2010; R. Alibrandi, Ut sepulta surgat veritas. Giovan Filippo Ingrassia e Fortunato Fedeli sulla novella strada della medicina legale, «Historia et ius. Rivista di storia giuridica dell’età medievale e moderna», 2, 2012, pp. 1-18.
3Giovanni Bernardino Longo (1528-1599), figlio di uno speziale, fu nominato giovanissimo lettore di filosofia, succedendo nel 1548-1549 a Simone Porzio (1497/1497-1554) subito dopo aver conseguito il titolo di magister medicinae et artium. Fino al 1589 fu affiancato nella docenza da diversi lettori e allievi, tra cui Francesco Storella, Francesco Antonio Vivolo, Quinzio Bongiovanni (quest’ultimo contato, con il telesiano Latino Tancredi, nel novero dei maestri di Marco Aurelio Severino) e Giovan Donato Santoro († ca. 1599). Il Santoro va ricordato per due ordini di ragioni: indirizzò al Longo una lettera contenuta nel suo Epistolarium medicinalium libri septem (1597) e, dopo la sua morte, l’incarico affidatogli di lettore di medicina teorica passò a Latino Tancredi. Questa rete di rapporti lascia intendere che il Santoro abbia potuto coadiuvare Iasolino nell’insegnamento medico, tenendo anche conto che, a partire dagli anni Settanta le attività di Iasolino si polarizzarono sull’isola di Ischia (v. infra). Autore di due celebri trattati (Dilucida Expositio in Prologum Averrois in Posteriora Aristotelis, Neapoli, M. Cancer, 1551; rist. 1570 per le cure dell’allievo Vivolo, lettore di logica e filosofia dal 1576 al 1600; De cometis disputatio, Neapoli, O. Salviani, 1578; tradotto in lingua francese nel 1596 da Ch. Nepveu), il Longo esercitò per un certo periodo anche la professione medica, com’è attestato dall’incarico assegnatogli dal 1569 al 1583 nel monastero di S. Domenico Maggiore. Nel 1586, Filippo II lo nominò protomedico del viceregno, carica che mantenne fino al 1596.
4La riedizione dell’opus iasoliniano compare insieme ad una silloge di scritti del medico di Montpellier Barthélémy Cabrol (ca. 1529-1603), in un volume dal titolo Collegium anatomicum clarissimum trium virorum Iulii Iasolini Locri, Marci Aurelii Severini Thurii, Bartholomei Cabrioli Aquitani (Hanoviae, 1654). Una ristampa dell’opera vide la luce quattro anni dopo, a Francorte, nel 1658, insieme ad una seconda edizione del volume, presso lo stesso editore, dal titolo di Celeberrimorum anatomicorum Severini Castrensis, Iasolini et Cabrioli varia opuscula anatomica (Francofurti, apud Hermannum à Sande). Quest’ultima edizione include una Dissertatio de Generatione Animalium di “Theodori Aldes Angli contra Harvejum”.
5In nota Buchner aggiunge che «il documento rilasciato dal vicerè cardinale Antonio Zapata (Archivio di Stato di Napoli, Cappellania Maggiore, vol. 33, Lettere Regie, foll. 173 e 272, nomina de’ lettori, copie trascritte da Luigi Amabile [Biblioteca Nazionale di Napoli, ms XI AA 35-36]) stabilisce che il Severino dovrà dividere con il de Burgos il proprio stipendio finché questi sarà in vita» (ivi, p. 57 nota 1). Sia Giuseppe Perrotta che Mario de Burgos sono menzionati come «professori di chirurgia» nel secondo volume della Istoria dello Studio di Napoli di Giangiuseppe Origlia Paolino (Napoli, nella stamperia di Giovanni Di Simone, 1754, p. 414). Di recente, lo studioso Aurelio Musi (Il dolore e “il medico al rovescio”, «L’Acropoli», 17, 2016, 2, p. 45 nota 4) citando la ricerca di Ilaria Anzoise, Metafore della coscienza 1543-1687: dal paradigma naturalistico al paradigma meccanicistico (Tesi di Dottorato in Storia dell’Europa Mediterranea dall’Antichità all’Età Contemporanea, Università della Basilicata, XXIV ciclo, 2012, p. 173), scrive che Giuseppe Perrotta ricevette l’incarico (succedendo a Quinzio Bongiovanni) dal 1597 al 1607, mentre «Mario de Burgos y Azzolini» dal 1607 al 1615. Una fonte della studiosa è lo studio di Nino Cortese, L’età spagnola, in Aa.Vv., Storia dell’Università di Napoli, Napoli, 1924, pp. 331-351; ma mi sembra evidente che l’associazione di Mario de Burgos al cognome ispanizzato «y Azzolini» rinvii alle carte manoscritte dell’Amabile, già criticato dal Buchner: «L’Amabile, dove tratta nel suo Fra Tommaso Campanella del parere dello Iasolino riguardo alla pazzia dell’incarcerato, chiama il predecessore del Severino Mario de Burgos y Iasolino e suppone che si tratti forse d’un parente di Giulio Iasolino, il quale avrebbe ripigliato l’originario cognome spagnolo della famiglia dei Iasolino! L’Amabile non sa che gli antenati del Nostro si trovarono già nel Medioevo a Monteleone» (P. Buchner, Giulio Iasolino, 1958, p. 57 nota 1). Sulle poche notizie biografiche relative al Perrotta è interessante notare che vengano ricordati tra i suoi maestri (oltre al medico Giacomo Baratta) due figure molto vicine a Iasolino, cioè Giovanni Bernardino Longo e Giovanni Antonio Pisano. La fonte utilizzata dalla Anzoise (Metafore della coscienza 1543-1687, cit., p. 186) è quella di C. D’Engenio Caracciolo, Napoli sacra, in Napoli, per Ottavio Beltrano, 1623, p. 647).
6È interessante notare al riguardo che le iscrizioni del padre gesuita non siano passate inosservate a Marco Aurelio Severino, il quale in un’epistola a Georg Volkamer datata 1° marzo 1642 fa notare all’amico l’inesattezza di un’espressione latina contenuta nella prima epigrafe (ivi, p. 59 nota 2: «lege viduatis, non viduati»).

Bibliografia

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L. Amabile, Fra Tommaso Campanella. La sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia, 3 voll., Napoli, 1882.

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Iulii Iasolini Hipponiatae Philosophi ac Medici De acqua in pericardio quaestio tertia. Adiecimus huic tractatum sive questionem de poris colidochis, et vesica fellea pro Gal. Adversos neotericos anatomicos: in qua plura a nobis nuper observata extant. Nova methodus medendi carunculas in vesicae ductu oborta de veterum mente elucescit, Neapoli, Apud Horatium Salvanium, 1575.

Iulii Iasolini Hipponiatae Philosophi ac Medici De poris coledochis, et vesica fellea pro Gal. Adversus neotericos anatomicos. Plura noviter observantur, quae in seguenti pagina ostenduntur, Neapoli, Apud Horatium Salvanium, 1577.

Giulio Iasolino filosofo, e medico in Napoli De’ rimedi naturali che sono nell’isola di Pithecusa, hoggi detta Ischia, libri due. Nelli quali si mostrano molti Rimedij naturali, dal detto autore nuovamente ritrovati, oltre quelli, che lasciarono scritti gli Antichi, In Napoli, appresso Giuseppe Cacchi, 1588 [ried. 1589].

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