di Emilio Sergio

1501

Giovanni Antonio Pantusa nasce a Cosenza; si conosce il nome del padre, Giovanni, mentre non è noto il nome della madre. Gli studiosi hanno avuto la tendenza a retrodatare l’anno di nascita al 1500, a causa dell’epitaffio posto sulla sua tomba dal discepolo Vincenzo Bombini («Vixit annos LXII – Dies obiit IV Kal. Novembris MDLXII»). Vitiello (Giovanni Antonio Pantusa, 1967, p. 20) motiva questa discrepanza, ipotizzando che al momento della sua morte mancassero pochi mesi perché egli raggiungesse l’età di 62 anni. Questa ipotesi permette di supporre che egli sia nato nei primi mesi del 1501, se non nel gennaio dello stesso anno. Nelle fonti storico-biografiche, il nome dell’autore appare variamente espresso: Panthusa, Pandosius, Pandosio, Pandosi. Il nome del padre dell’autore si evince dall’iscrizione in calce alle Quaestiones metaphysicae (1525), che recita: «Impressum per me Joannem Antonium Panthusa, filium Joannis de Pantusa». La presenza del prefisso «de» conferma che la famiglia avesse origini nobiliari; essa proveniva probabilmente dall’antico casale cosentino che oggi prende il nome di «Pandosia degli Enotrii» (l’attuale località del Rosario, oggi compresa nel comune di Mendicino). L’ipotesi è avvalorata dal Vitiello, che scrive: «Forse il nome di questo casato fu mutuato dalla città di origine […] posta nei pressi dell’odierna Cosenza. Pandosia infatti si chiama […] anche un’antica fortezza degli Enotrii presso Cosenza» (1967, p. 22).

c. 1520-1524

Il giovane cosentino è avviato agli studi di filosofia e teologia a Roma, mettendosi al servizio del cardinale Nicolò Ridolfi (1501-1550), nipote di Leone X. Attraverso il cardinale Ridolfi ebbe sicuramente occasione di frequentare gli ambienti della corte papale, facendo la conoscenza del futuro cardinale Niccolò Ardinghelli (1503-1547), allora protonotario apostolico. Sempre a Roma, potè incontrare i suoi conterranei, allora residenti a Roma: Antonio (1582-1534) e Bernardino Telesio (1509-1588), Coriolano (1503-1557/1558) e Bernardino Martirano (c. 1490-1548), Francesco Franchini (1500-1559).

1525

Al termine dei suoi studi filosofici, il Pantusa pubblica presso lo stampatore Antonio Blado (1490-1567) la sua prima opera, un saggio sopra la Metafisica di Aristotele (Quaestiones super XII libros Metaphisice Aristotelis, Romae, A. Bladum de Asola, Die iiii Mensis Octobris, 1525). Il volume, composto di 112 carte, edito con il sostegno di Ardinghelli, e dedicato al cardinale Ridolfi, è composto come un vero e proprio esercizio intorno alla filosofia prima di Aristotele, a partire dalla discussione delle due principali correnti della filosofia scolastica: il tomismo e la corrente scotista. L’opera è composta seguendo i criteri generali delle quaestiones a cui venivano addestrati i giovani studiosi avviati alla carriera ecclesiastica o agli studi teologici. Pantusa prende in esame gli argomenti pro e contra le principali tesi contenute nell’opera dello Stagirita, e sia pure mantenendo una certa equidistanza formale tra Tommaso e Scoto, tende a privilegiare le tesi di quest’ultimo. Si tratta di un tentativo giovanile di critica dell’aristotelismo scolastico nella versione tomista, un approccio che lo stesso Pantusa abbandonerà negli anni successivi, avvicinandosi alle dottrine dell’Aquinate e agli ambienti dell’Ordo Praedicatorum.

Senza dubbio, l’operetta giovanile non passò inosservata ai cosentini che a Roma ebbero modo di conoscerlo e frequentarlo. Per lo stesso Bernardino Telesio può aver costituito un utile strumento nella sua formazione filosofica, per impadronirsi dei rudimenti della filosofia aristotelica e del dibattito ancora vigente intorno ad una delle opere più importanti della filosofia antica.

1526

Al Pantusa viene affidata la diocesi di Forlì, sotto l’amministrazione apostolica del cardinale Ridolfi.

1532

Il Pantusa riceve l’incarico di dirigere la diocesi di Viterbo, sempre al seguito del Ridolfi, che in Viterbo riveste la carica di amministratore apostolico dal 16 novembre 1532 al 6 giugno 1633, e poi ancora dall’8 agosto 1538 al 25 maggio 1548. Non è escluso che l’incarico del Pantusa duri almeno fino al 1540-1541 (v. infra).

giugno 1534

Presso lo stampatore romano Antonio Blado, Pantusa pubblica il De Coena Domini, che dedica al principe di Bisignano, Pietro Antonio Sanseverino (1508-1559). Nella dedica al Sanseverino, Pantusa ricorda con rammarico la prematura scomparsa di Antonio Telesio (1582-1534).

7 novembre 1535

Nel corso del trionfale ingresso di Carlo V in Cosenza, a seguito della vittoria riportata a Tunisi, il padre del Pantusa presiede alla cerimonia di festeggiamento insieme agli altri rappresentanti del sedile cosentino, con la carica di sindaco (all’epoca la città era governata da due sindaci, l’uno dei cittadini onorati, l’altro dei nobili. Il padre di Pantusa rivestiva la carica di sindaco degli onorati, mentre Ferrante Bernardo era sindaco dei nobili). Non è certo che all’epoca il figlio di Giovanni Pantusa si trovasse a Cosenza, anche se sappiamo che al 1533 risale la pubblicazione del De Coena Domini, opera dedicata al principe di Bisignano, Pietro Antonio Sanseverino. Il Sanseverino contava certamente il Pantusa tra i suoi favoriti, e non si può escludere che il giovane cosentino abbia frequentato per qualche tempo la corte del principe.

1536

Niccolò Ardinghelli e Marcello Cervini si trovano a Roma, e frequentano il gruppo dei segretari del cardinale Alessandro Farnese. Quattro anni più tardi l’Ardinghelli prenderà il posto del Cervini come segretario del Pontefice. Il 19 dicembre 1544 ricevette la porpora cardinalizia nel concistoro che seguì la bolla Laetare Jerusalem (30 novembre) di convocazione del Concilio di Trento. Quando nel maggio del 1545 gli viene assegnata la prefettura della Segnatura di Grazia, l’Ardinghelli è ormai figura di rilievo della vita curiale sotto il pontificato di Farnese. È possibile che i rapporti fra il Pantusa e l’Ardinghelli abbiano preso inizio dopo il trasferimento del Pantusa, nel 1541, da Viterbo a Roma. Significative sono al riguardo le due lettere scritte da Bernardino Telesio all’Ardinghelli, l’una risalente al 25 ottobre 1542, l’altra datata 14 gennaio 1543 (Archivio di Stato di Parma, Epistolario Scelto, B. Telesio). A Roma infatti il Telesio continua ad esercitare il ruolo di procuratore del Pantusa, e non c’è dubbio che le frequentazioni tra i tre personaggi non siano stati di natura occasionale.

13 maggio 1536

Paolo Telesio (c. 1511-1561), fratello di Bernardino, è procuratore del Pantusa, nominato tesoriere della chiesa di Cosenza. Un secondo atto della stessa procura è emesso il 21 dicembre dello stesso anno (F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, vol. iii, pp. 473 e 483, docc. 17670 e 17764).

21 ottobre 1540

Da un atto conservato presso l’Archivio Vaticano si attesta che Bernardino Telesio, in Viterbo procuratore di Giovanni Paolo Granso, chiede l’annullamento della pensione sui frutti del canonicato e della prebenda di S. Croce in Aprigliano, a favore di Paolo Telesio (F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, vol. iv, p. 54, doc. 18322). La presenza di Bernardino in Viterbo, in un periodo in cui il Pantusa non risulta ancora trasferito a Roma, conferma una certa continuità nei rapporti tra i due cosentini.

2 luglio 1541

Bernardino Telesio è nominato a Roma procuratore canonico del Pantusa. (F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, vol. iv, p. 61, doc. 18396).

1 aprile 1542

Bernardino Telesio è ancora procuratore del Pantusa, che rinunzia al beneficio di S. Nicola di Corte in favore di Paolo Telesio, mentre Bernardino Telesio rinuncia al beneficio di S. Giovanni di Cerisano in favore del Pantusa (F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, vol. iv, p. 75, doc. 18526).

Tra le figure di spicco frequentate dal Pantusa durante i suoi soggiorni a Roma occorre ricordare il domenicano Bartolomeo Spina, che lo rese «nella via di S. Tommaso esercitatissimo» (Vitiello, 1967, p. 26). Non è chiaro, come riferisce ancora Vitiello (ivi, p. 27) se Pantusa fu chierico diocesano o se entrò a far parte dell’ordine domenicano. Negli Acta del Concilium Tridentinum (Friburgi, 1905, vol. v, nota 3, indices), S. Ehses annota a fianco del nome del Pantusa l’espressione «O. Praed.». Ma da una lettera di Girolamo Seripando al cardinale Borromeo del 29 ottobre 1562 risulta altresì che questi invitò Pantusa al Concilio di Trento, e scrive quanto segue: «Acciocchè in questo Concilio si trovasse un Vescovo italiano che fosse secolare». E, com’è noto, con l’aggettivo «secolare» gli uomini di chiesa ricevevano semplicemente l’appellativo di «clericus». Ricordano il Pantusa come semplice «clericus consentinus» anche gli Acta Camararii (Arch. Segr. Vat. A.C.8., fol. 1, 38; sempre al riguardo, il Vitiello cita come fonte il volume di J. Susta, Die romanische Curie und das Conzil von Trent unter Pius IV, Wien, Holder, 1911, vol. iii, p. 41). Sempre a Roma, Pantusa ha modo di conoscere e frequentare l’agostiniano Giacomo Barba. Attraverso il Barba, che partecipò attivamente ai lavori del Concilio di Trento, è possibile che il Pantusa sia entrato in contatto con Girolamo Seripando, all’epoca generale dell’ordine agostiniano.

Oltre al cosentino Francesco Franchini (che dedicherà al Pantusa un epigramma per il suo De Coena Domini, 1534; l’epigramma sarà poi ripubblicato dal Franchini nell’edizione dei  Poemata, Romae, typis Ioannis Honorii, 1554), un altro personaggio molto legato al Pantusa fu Gaspare Ricciullo del Fosso, nativo di Rogliano, procuratore generale dell’ordine dei Minimi, e parte significativa di quel ‘ceto accademico’ che animò la Roma papale durante i primi decenni del Concilio. Il del Fosso restò a Roma almeno fino al 1546, anno in cui fu eletto arcivescovo di Reggio Calabria.

1545

Presso lo stampatore vaticano Antonio Blado, sono pubblicate le seguenti opere: De vera Christi carne et vero eius sanguine; De libero arbitrio; De praedestinatione et gratia. Quest’ultima è dedicata a Marcello Cervini.

1546

Il Pantusa compone altri due scritti conciliari, il De duplici iustitia e il De certitudine gratiae, che furono portati a Trento dal cardinale Seripando il 25 ottobre dello stesso anno. Questi due scritti furono successivamente pubblicati negli Opuscula omnia (1596).

14 febbraio 1547

Il Pantusa è eletto vescovo di Lettere, un antico feudo del ducato di Amalfi. Il cosentino si insedia nella sede vescovile succedendo al domenicano Bartolomeo Capobianco. Dai documenti rinvenuti dagli studiosi sappiamo che il Pantusa dovette la sua nomina a vescovo di Lettere grazie all’operato del cardinale Ardinghelli (che morì nello stesso anno).

6 settembre 1560

Girolamo Seripando riceve da Pio IV l’incarico di primo consigliere della Presidenza del Concilio. Il Seripando, a cui era nota l’attività e gli studi del Pantusa, gli scriverà, invitandolo a partecipare ai lavori del Concilio.

10 febbraio 1561

Il 10 febbraio 1561 Pantusa scrive una lettera di risposta al Seripando, nella quale gli comunica di non poter recarsi momentaneamente a Trento, a causa delle sue condizioni di salute. Promette di raggiungerlo «se io questa estate stessi bene et fossi agiutato d’alcuno» (lettera conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, cod. xiii AA 63, f. 193r-v; parzialmente cit. in Vitiello, 1967, p. 45).

21 maggio 1561

Il Seripando scrive una nuova lettera al Pantusa, in risposta ad un’epistola di quest’ultimo, oggi perduta, risalente al 26 marzo dello stesso anno. Nella lettera del Seripando si legge: «Molto rev.do Monsignore come fratello carissimo. Subito che fui giunto qui a Trento risposi a V.S. quel che lei mi scriveva non poter venire al Concilio. Ora essendomi sopraggiunta la sua del 26 marzo sopra questo medesimo fatto, io non so che dirgli altro se non che mi riferisco a quella mia lettera, la quale credo a quest’ora gli sarà venuta nelle mani. Non voglio però lasciar di dirgli che mi ha rinnovato il dispiacere intendendo la sua infermità, dalla quale prego Dio benedetto che si degni liberarla, acciocché almeno giovi al pubblico con i suoi scritti, non potendo farlo con la presenza et con questa me li offero come buon amico e fratello che sin qui li sono stato» (Biblioteca Nazionale di Napoli, cod. xiii AA 63, f. 193v).

21 novembre 1561

Il cardinale Carlo Borromeo (1538-1584) sollecita il nunzio di Napoli per avere il Pantusa a Trento (Vitiello, 1967, p. 46, n. 94).

fine febbraio-inizi marzo 1562

Accompagnato dal suo discepolo, Vincenzo Bombini, da Tommaso Antonio De Marini, ecclesiastico originario di Lettere, e dai suoi domestici (che fecero poi da esecutori testamentari alla morte del Pantusa), il Pantusa si conduce a Trento, ove giunge il 7 marzo. Viene alloggiato nel convento degli Agostiniani, insieme al Seripando.

maggio 1562

Le condizioni di salute del Pantusa si aggravano. Ciò gli impedirà di partecipare attivamente ai lavori del Concilio. Nel frattempo il Pantusa redige il suo testamento. Per quanto concerne i beni posseduti in Cosenza, elegge come esecutori testamentari Vincenzo Bombini e Bernardino Telesio (Bibl. Vat. Ms 5590, f. 202).

30 giugno 1562

Il Pantusa esprime il proprio parere nel corso della ventesima sessione del Concilio che si tiene nella chiesa di S. Maria Maggiore. La congregazione accoglie la precisazione del Pantusa sulla questione della Comunione sotto le due specie è che, non potendosi considerare ‘ut in signo’, le due specie rendano la comunione una grazia maggiore rispetto alla comunione con una sola specie.

20 luglio 1562

Si procede all’elezione dei membri della delegazione teologica. Tra i nove prelati viene eletto anche il Pantusa.

13 agosto 1562

I resoconti del Concilio riportano l’insistenza, da parte del Pantusa, nel considerare il corpo e il sangue di Cristo non solo come sacramento ma anche come sacrificio e sacerdozio. Pertanto la comunione secondo le due specie dovrebbe essere intesa, in quanto parte essenziale della celebrazione eucaristica, come un momento da condividere insieme ai laici (Concilium Tridentinum, vol. viii, pp. 763 e 820). Il Pantusa partecipò ai lavori del Concilio fino alle prime settimane di settembre dello stesso anno.

27 ottobre 1562

Il Pantusa muore a Trento, verosimilmente tra la notte del 26 ottobre e la mattina del giorno seguente. La sua salma fu tumulata nella chiesa di S. Marco, annessa al monastero nel quale egli alloggiava. Il suo discepolo, Vincenzo Bombini, si occupò dell’iscrizione sulla lapide, che recita: «Joanni Antonio Pantusae Cosentino / Episcopo Literensi insigni humana divinaque / philosophia ac pietate viro / vixit annos LXII / Dies obiit IV Kal. Novembris MDLXII / Vincentius Bombinus Cosentinus Praeceptori / Optimo moerens».

1596

Escono a Venezia, per le cure di cesare Pantusa, nipote di Giovanni Antonio, la raccolta di scritti dal titolo Opuscula omnia. L’edizione è dedicata al cardinale Marcantonio Colonna (1523-1597), protettore di Cesare Pantusa.

Bibliografia

Opere

Quaestiones super duodecim libros Metaphisice Aristotelis, Romae, apud Antonium Bladum, 1525.

Liber de Coena Domini, Romae, apud Antonium Bladum, 1533.

De vera Christi carne et vero eius sanguine, Romae, apud Antonium Bladum, 1545.

De libero arbitrio et operibus, Romae, apud Antonium Bladum, 1545.

De praedestinatione et gratia, Romae, apud Antonium Bladum, 1545.

Opuscula omnia, Venetiis, apud Damianum Zenarium, 1596.

Commentaria in Epistolam ad Romanos, Venetiis, apud Damianum Zenarium, 1596.

 

Fonti e studi

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M. Catarzi, Il pensiero sacrificale di Monsignor Pantusa coestensore del decreto dogmatico sulla Messa nella xxii Sessione del Concilio Tridentino, Roma, 1955.

M. Catarzi, Il Cosentino G.A. Pantusa canonista del XVI secolo, «Calabria Nobilissima», xii, 1958, 35, pp. 41-58.

L. De Franco, Introduzione a Bernardino Telesio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1995.

V.M. Egidi, M. Borretti, I Telesio. Regesto dei documenti del sec. XVI, a cura di R. Borretti, pref. di L. De Franco, Cosenza, MIT, 1988.

S. Ehses, Concilium Tridentinum, Actorum, vol. viii, Concilii Tridentini actorum pars quinta […] sessiones anni 1562 a prima (17.) ad sextam (22.), Friburgi Brisgoviae, Herder, 1919.

J. Plat, Monumentorum ad Historiam Concilii Tridentini, Amplissima Collectio, 7 voll., Lovanii, ex typographia academica, 1781-1787.

M. Rosa, Ardinghelli, Niccolò, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 4, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1962.

F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, 5 voll., Roma, Gesualdi, 1974-1979.

V. Schweitzer, H. Jedin, Concilium Tridentinum, Tractatuum, vol. xii, Friburgi Brisgoviae, Herder, 1930.

J. Susta, Die romanische Curie und das Conzil von Trent unter Pius IV, Wien, Holder, 1911.

F. Ughelli, Italia Sacra, sive De Episcopis Italiae et insularum adjacentium, rebusque abiis praeclare gestis, 10 voll., Venetiis, apud Sebastianum Coleti, 1717-1721.

A. Vitiello, Giovanni Antonio Pantusa, Vescovo di Lettere, e la sua dottrina della giustificazione, Napoli, Libreria Editrice Redenzione, 1967.

D. Zangari, L’entrata solenne di Carlo V a Cosenza, Napoli, Gaspare Casella, 1940.

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