Luigi Firpo, La congiura di Calabria, p. 290

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Narrazione della istoria sopra cui fu
appoggiata la favola della ribellione (Napoli, estate 1620)


1. Nell'anno 1598 fra Tomaso Campanella tornò in Calabria,
donde era stato assente dieci anni, parte in Padova, parte in Roma,
parte in Napoli, e nel fin di luglio sbarcò in Nicastro, dove era
priore del suo convento fra Dionisio Ponzio e la città si trovava interdetta
per cause di giurdizione dal vescovo, perciò fuggito in
Roma; ed esso fra Tomaso a' preghi di cittadini e per lettera di
Marc'Antonio del Tufo, vescovo di Milito, suo antico protettore,
s'adoprò a metter pace tra il vescovo e la città. Il che non succedendo
per la malvagità di alcuni scomunicati, esso pigliò le parti
del vicario del Vescovo e fece eligger fra Dionisio Ponzio per ambasciator
al Vescovo e al santo papa Clemente VIII, che si trovavano
in Ferrara. Il che dispiacque assai a don Luisi Xarava, avvocato
fiscale, scomunicato tre anni avanti dal vescovo di Milito, e perseverante,
e mantenitor delle brighe, desioso che tutti fossero interdetti
e scomunicati come lui per sua discolpa appresso il Re; e pur
ci era scomunicato il principe dello Sciglio e 'l governator del Pizzo
e altri baroni e officiali.

2. Alli 15 d'agosto poi esso Campanella andò a Stilo sua patria,
dove il vescovo di Milito era venuto a processar un arciprete di Stignano,
e Campanella andò con lui fin a Ieraci, e dispiacque assai
all'officiali scomunicati che avesse dato consulta di canoni e ragioni
al vicario di Nicastro e al vescovo di Milito per aiuto delle giurdizioni.

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