Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 314

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XXIX
Della Persia e del Cataio
Deve il Re ogn’arte usare che i Persiani non faccino armata, né
anco i Taprobani, né gli Arabi, perché li impedirebbero facilmente la
navigazione dell’Indie orientali, e infettarebbero di macomettismo
quei popoli che continuamente si fan cristiani. Onde gran fortezze si
devono ne i fini della foce del golfo fare in Arabia et Etiopia, e poi ne
i fini del Persico golfo, e nell’isole meridionali attorno all’Africa
e Asia.
Deve il Re fare confederazione col Persiano a danni del Turco,
non però fare che il Turco sia da quello disfatto, imperoché chiunque
di loro due disface l’altro, diviene tanto forte e potente, che può tutto
il Cristianesimo rovinare, e tutta la monarchia di Spagna abbassare. E
sì come giova che il Turco sia vinto da Cristiani, così nuoce che sia
vinto da altri in tutto. Ma perché esso fa gran danno a noi per Ongheria
e Africa e Dalmazia, è cosa prudente dar animo al Persiano e procurare
che pigli l’artiglierie e archibugi contra il Turco, perch’il mancamento
di queste armi l’ha fatto perdere ormai tutta l’Armenia, e il
Turco è sì forte in Oriente, che poco teme di lui. Onde, venendo ai
danni de Cristiani in Occidente, li par restar assicurato nell’Asia, e più
progressi fa contra noi.
Dunque è bene col re di Persia confederarsi, massime ch’ei sta nel
passo della navigazione che fanno i Portughesi in Oriente, e il medesimo
deve fare con quei del regno di Calecut, di Narsinga, Camboia,
ecc. Ma non dare a loro arteglieria, ma si bene le stampe delle lettere
e dottrine de Cristiani, per farsi ammirabile appresso a loro, e occuparli
nelle scienze, le quali son poi preda dell’armi, quando non si
essercitano tutte due

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