Tommaso Campanella, Dichiarazione di Castelvetere, p. 109

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venisse l'armata del Turco, ché esso voleva pigliare e Catanzaro e
la provincia; io le disse ch'avea fatto assai male, perché questi sono
infedeli e nemici, e non si può fidare, e mi admirai che questo negozio
fosse andato tanto avante per man sua; esso respose ch'avea
capitulato con li Turchi, che non avessero essi a tener dominio in
Calabria, ma solum assistere nel mare per fare paura a chi lo contrastasse,
e che li Turchi voleano solo il traffico in questo Regno e
non altro; io mi stupí, perch'esso mi mostrò una scrittura d'Amurat
scritta in lingua e lettera turchesca, che non la seppi leggere, e
le disse: - Guàrdati, Maurizio, perché li Turchi non osservano fede,
e dicono che ci lasciano liberi per intromettersi loro qui prima,
e sempre giurano il falso, come fece Mustafà al Bragadino quando
prese Cipro -; e altri esempi gli addussi, e mi lamentai di questo
atto suo, senza raggione fatto e senza religione, e de quel ora mi
determinai lasciare la sua amicizia. E mentre stavamo cosí, Maurizio
avea mandato per certi gentiluomini di Catanzaro, quali fòro
Giovan Tomase di Franza e Paulo di Corduba e un altro non mi ricorda
il nome; e questi doi, il Franza e Corduba, mi dimandaro
segreti per aver donne; io mi burlai e le disse che queste son vanità
e che per via de Dio non se ponno fare e per via del Diavolo sono
ingannati, ché li portano un diavolo in forma de femina; e Maurizio
mi pregò che io dicessi s'era vero quel che esso avea predetto a
quelli gentiluomini, perché me aveano gran credito; io disse ut supra,
che Dio poteva mutar il mondo, e vedendomi corso io con altri
e con Maurizio a questo raggionamento, non ho potuto far de
non confirmarlo, ma però me sono partito per disgusto, si bene
tutti mi si offersero ch'io volesse essere capo e predicare, me averiano
sequitato; e Maurizio voleva ch'io restassi con lui, e non ho

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