Tommaso Campanella, Informatione sopra la lettura, p. 284

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perché scrisse al Campanella ch’avea fatto un libro De adventu
portentoso locustarum in Italiam, pensandosi che locustae volesse
in latino dir fuste di Turchi, oltre le altre ignoranze che di lui si
hanno. Di piú, era scomunicato dal vescovo di Mileto Marc’Antonio
del Tufo tre anni avanti, e perseverava nella scomunica, e mantenea
in Calabria contenzioni e gare di giurdizioni col detto Vescovo,
con quello anche di Nicastro, ch’avea interdetto la città per
simil cause, e con quel di Nicotera, e cercava vendicarsi contra il
clero, attaccandoli qualche falsità, per mostrar che lui giustamente
persistea nella scomunica e rumori chi facea.
Di piú, fece questo processo in secreto, senza intervento del governator
della provincia don Alonso de Roxas né d’altri auditori; e
ammaestrò li prefati testimoni, sequestrati in monasterio per debito,
di quel ch’aveano a dire, e li facea mutare ogni poco l’esamina a
suo gusto; e volle Dio che era tanto ignorante, che non li sapea aggiustar
al suo modo; e si prova che lui dava le cartelle a tutti in Catanzaro
e in Napoli, e fece rivelare contra tutti li nemici suoi, contra
del viceré Roxas e di clerici e vescovi e cardinali e contra li
amici delli nemici; e poi, per colorire il fatto, esso stesso mise in
fuga il fra Dionisio, dalla cui bocca rivelavano i suoi aderenti, e
lo disse al Vescovo di Catanzaro che lo facesse fuggire, e li revelanti
pregaro fra Dionisio che fuggisse e facesse fuggir il Campanella,
e li donaro commodità e cavallo, dovendolo ritenere come
capo di ribelli, s’era vero il fatto.
2. Il processante secondo fu fra Cornelio de Nizza, compagno
del visitator della provincia fra Marco Marcianese, uomo buono
ingannato da loro, chi stava tamquam pastor et idolum; e fra Cornelio
sovvertia li testimoni con giuramenti falsi e con indulti, secondo

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