Tommaso Campanella, Monarchia di Spagna, p. 236

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XXII
Della Sicilia e Sardegna
Sicilia e Sardegna, sendo popoli isolani e più vicini all’Africa,
conviene loro leggi più strette che a Italia, e per guardarle basta presidiare
li porti e le torri delle marine. Ma elle sempre sono sicure,
quando ci sarà l’armata predetta che divisamente cammini a torno,
non tutta insieme, e li medesimi soldati teneranno in sicurtà l’Italia e le
isole, che per distribuire alli alloggiamenti non bastano al doppio, e
fanno più male che bene. Ma così usando, delle prede de Mori e Turchi
si nutriscono e arricchiscono il Re e lo assicurano e sovvengono li
regni d’Africa, e quando Tunisi o Algeri facessero qualche movimento
in favor dei Cristiani, subito si può soccorrere e mandar gente
al regno d’Oran, e si possono trafficare sete e grani e altre mercanzie,
e s’assecuri delli Veneziani per il mar, e di Turchi e Mori e corsali.
In queste isole si possono edificare bellissimi seminarii di soldati,
predando donne e fanciulli di Mori e Turchi, e instituire i dottori della
lingua arabica, e far il seminario delli religiosi, ut supra.
Questa osservanza ci deve essere, che le robe e mercanzie permutandosi
con Inglesi, Mori o Turchi, sempre abbia ad assistere qualche
religioso, per non contaminarsi alcuno con nuovi costumi di religione,
perché l’isole sono soggette, per li varii costumi di gente trafficante
con loro, ad ogni mutamento, onde sempre furo nido di tiranni per tal
paura, come Platone afferma. Li porti necessari e le navigazioni si
diranno a suo luogo.

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