Tommaso Campanella, Politici e cortigiani, p. 165

Precedente Successiva

avanzati da questi poltroni astuti, talché si mettono publicamente nella via
perversa, facendosi banditi e fazionarii, come Marco Sciarra, Nino Martino,
Braccio Fortebraccio, Iacomo Caldora e altri che con fazione arrivano a
tirannizzare i dotti, come l’Aretino e il Franco, e facendo nove eresie come
Lutero e Calvino, e stando nelle corti segretamente ingrossano poco a poco la
conscienza, non s’avvedendo, van tutto il dì a caccia della volontà de padroni
per guadagnarsela, e così lor è bisogno contra conscienza adulare al suo signore,
né mai far altro di quel che vedono piacer al medemo nel vivere, vestire,
parlare e movimenti, etiam se fusse peccato e dicono tra sé: poi mi confesserò
quando arriverò all’intento.
Di più, non fan benefizio al prossimo quasi mai, perché stimano dar disgusto
al prencipe, non aiutan l’amico innocente, né parlan del virtuoso, né dimandano
grazia per qualche pover uomo, anzi lor pare che così riceveriano
la mercede de lor servizi in queste grazie, la qual mercede vorrebbono fusse in
persona propria più grassa in onori, dignità e prelature; al che rare volte arrivano
avanti la morte, quando si vedono già pieni di dispietà, d’azioni scaritative,
di disconscienze e di brutte adulazioni, se pur non si fan miscredenti
anche con gl’altri.
Quanti in corte vivono con questa guisa e moreno dolenti di così essere
vissuti e lasciar nome di ipocrito, di disleale, di crudele, dissimulatore, appresso
gl’uomini e appresso Dio, e d’aver annichilato se stessi affettando il non
essere e non gusto dell’essere e gusto lor naturale.
Ma se arrivano alle sperate e stentate dignità, fan come gl’altri de quali
seguiro l’esempio, vedendo che poco le virtù valsero a loro, ma il vizio; tal che
disconoscon quelli da chi furono essaltati, se non aspettano altro da loro, per
non rendere il cambio, e sapendo che viziosamente ciò han fatto, e perché la
superbia loro non comporta il proprio benefattore, parendoli che quello sia
stato miglior di lui, mentre ha potuto far tal benefizio che esso riceve come
pria inferiore, e poi lo mira come il plebeo l’esattor del debito, di più ingrossan
la vista con l’amici passati, pensando che da quelli non può più aspettare
bene, ma essi da lui, il che è lor molesto, e più odiano i boni come testimoni
della sua viziosità, sapendo che quelli notano ogni difetto, né potendo esso
astenersi da vizii, e perché non si ripugni a lor viziosi disegni, esiggono da

Precedente Successiva