Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 230

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d’altre cose, e più ponno farsi, e tutte hanno in terra i loro simili
alli quali influiscono, e, quando sono malefiche stelle, in loro
influiscono male, quando benefiche, bene. E ogni cosa di terra si
riduce a loro, e quanto è in terra, si trova in mare, così artificioso
come naturale: però in mare ci è pesce spada con la spada, calamaro
con l’inchiostro e penna, rasoio proprio come rasoio, ci è pesce
catena, pesce lorica, pesce stella e pesce vescovo che tutto al
vescovo è simile, e pesce uomo che non si può distinguere da noi.
E basta ch’io dica, tutto si trova per tutto.
Dunque, ci è nel secreto della natura il simbolo mirabile, e
Plinio che dice che tra noi e il cielo non ci è tanta società, poi
s’ammira del girasole che si volta col sole, delli lupini e olive che
seguono il moto della latitudine, ch’entrando il sole in Capricorno
e Cancro fiorisca il puleio e i cardi quella notte stessa, del
che si servono i maghi. Ma che direbbe della calamita che mira
al polo, e di tante pietre che nascono con imagini di stelle, dette
stellarie, e altrove hanno varie forme d’animali naturalmente, se
non che tutta la natura è a se stessa consimile, e in ogni cosa ci è
vestigio dell’altra, come nel corpo umano, e tutte poi sono nell’idee
divine che stanno nell’unica Idea, verbo di Dio vivo, vero
e santo?
Se l’imagini han virtù solo dal metallo, come a san Tomaso pare,
o pure dalle stelle per qualche somiglianza, sendo fatte a tempo
che regnano, io non posso discernere perché non sperimentai.
Il medesimo dico delli caratteri: ponno aver virtù insensibile
che ogni altra le vince se dall’affetto non son nutrite. Ma che
si debba eleggere il tempo di quel ch’è da fare, non solo non nuoce
alla libertà, come alcuni pensano, ma è atto di sagace libertà,

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