Tommaso Campanella, La Città del Sole, p. 22

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poco valore si mandano alle ville, e, quando riescono, poi si
riducono alla città. Ma per lo più, sendo generati nella medesima
costellazione, li contemporanei son di virtù consimili e
di fattezze e di costumi. E questa è concordia stabile nella
republica, e s’amano grandemente e aiutano l’un l’altro.
Li nomi loro non si mettono a caso, ma dal Metafisico,
secondo la proprietà, come usavan li Romani: onde altri si
chiamano il Bello, altri il Nasuto, altri il Peduto, altri Bieco,
altri Crasso, ecc.; ma quando poi diventano valenti nell’arte
loro o fanno qualche prova in guerra, s’aggiunge il cognome
dall’arte, come Pittor Magno, Aureo, Eccellente, Gagliardo,
dicendo: Crasso Aureo, ecc.; o pur dall’atto dicendo: Crasso
Forte, Astuto, Vincitore, Magno, Massimo, ecc., e dal nemico
vinto, come Africano, Asiano, Tosco, ecc.; Manfredi, Tortelio
dall’aver superato Manfredi o Tortelio o simili altri. E questi
cognomi s’aggiungono dall’offiziali grandi, e si donano con
una corona conveniente all’atto o arte sua, con applauso e
musica. E si vanno a perdere per questi applausi, perché oro
e argento non si stima, se non come materia di vasi o di guarnimenti
communi a tutti.
Ospitalario. Non ci è gelosia tra loro o dolore a chi non sia
fatto generatore o quel che ambisce?
Genovese. Signor no, perché a nullo manca il necessario loro
quanto al gusto; e la generazione è osservata religiosamente
per ben publico, non privato, ed è bisogno stare al detto dell’offiziali.
Platone disse che si dovean gabbare li pretendenti a
belle donne immeritamente, con far uscir la sorte destramente
secondo il merito; il che qui non bisogna far con inganno di
ballotte per contentarsi delle brutte i brutti, perché tra loro
non ci è bruttezza; ché, esercitandosi esse donne, diventano
di color vivo e di membra forti e grandi, e nella gagliardia e

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