Tommaso Campanella, Dichiarazione di Castelvetere, p. 107

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detto a Giovan Iacopo che serà mutazione; io resposi che cosí avea
predicato io per alcune raggioni veresimile; Maurizio me disse: -
Prega Dio che sia cosí! averemo amici assai -, e poi se partí da me,
avendole detto io che tutte le cose Dio l'ha dato agli uomini savi e
da bene, e se esso fosse tale averebbe bene, e se non, male. Dopo
venne altre volte Maurizio in Stilo alla casa de Giovan Paulo Carnelevari
e de Giovan Iacobo Sabinis, e me fece chiamare, e dissemi:
- De qual parte sete voi, o fra Tomase, se ci serà guerra? -; io
respose: - Di quella ch'aiuta Dio -, narrandoci che manda Dio le
guerre, o per mutare lo Stato, o per fare che quel che regna diventi
megliore, avendo visto il pericolo, e poi governi piú bene; però, o
che re Filippo sia re, o altro cristiano prencipe, sempre chi tiene
piú amici diventa grande; e le disse l'esempio in questo regno d'Italia
de Iacomo Caldora, de Nicolò Peccenino e de Braccio Fortebracciis
e de Francisco Sforza, che da bassi uomini, per la sequela,
a tempo delli re passati, diventaro signori; ma chi siegue la causa
giusta non si deve curare di patire, ch'alla fine serà esaltato, come
David, e l'ingiusto rovinato, come Marco Sciarra e altri simili.
Di piú, con quanti modi ho potuto l'animai al bene, per averlo
visto cosí pronto e audace; esso Maurizio poi mi richiese ch'io lo
tenesse in convento, e io non l'ho voluto fare; e fra questo tempo
me n'andai ad Arena, chiamato dal signor Marchese per una lettera
sua, dove stetti quindici giorni, e me venne a visitare fra Giovan
Battista Cortese de Piczoni con Claudio Crispo, e pregato
ch'io andasse a Piczoni, ché l'averiano avuto in favore grande, e
cosí ci andai, mosso da paura che certi nemici della casa mia, Colella
e Giovanello de Gioia, m'aspettavano per ammazzare mio
fratello, che era con me; e dopoi in Piczoni ragionai con loro, e

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