Tommaso Campanella, Dichiarazione di Castelvetere, p. 111

Precedente Successiva

Tufo, e tutti quelli ch'esso s'imaginò essere amici miei e suoi; e io
giuro in verità che mai non ho parlato di queste cose e me pensai
che per mezzo nostro se avessero a muovere, ma il fra Dionigi se
ne venne per fare uscire a me e a fra Dominico in campagna
con lui e con Maurizio, e me pose fretta e paura, e io non ho voluto
fare questo, ma mi sono apartato in Stignano; e fra Dionisio se
partí, o per imbarcar, o per trovare compagni, e me dimandò lettera
a Claudio Crispo, e io non l'ho voluto fare, e me disse che serà
la mia ruina, ma io non poteva credere tante cose, perché mi pensava
che fra Dionisio cosí [dicesse] per fare paura a noi acciò uscessimo
in campagna; anzi, io voleva scrivere una lettera all'auditor
David, dicendoli che mi fu riferito ch'io fui nominato in una congiura,
ch'io non so questo, ma che per quanto so io come servo di
Sua Maestà venni in Catanzaro a dirlo; e fra Dionigio mi sconsigliò,
e fece tanto che mi apartai; e quando mio patre intese tal
nova, cominciò a piangere e reprenderme, stupendosi di questo.
Maurizio me scrisse due volte da Stilo ch'io andasse a Stilo, ch'esso
mi salvarà, e io, sendo scandalizzato del suo trattare, non ci andai;
e mentre stavo mangiando in Santa Maria de Titi mi venne a
trovare, e io non mi fermai, ed esso me sequitò dicendo: - Ferma,
ferma! -, e io non l'ho voluto fare, dicendo mio patre che meglio
mi vole morto, che uscire in campagna come ribello con ribelli.
Finalmente me posi in mano de Giovan Antonio de Mesuraco, il
quale promesse salvarmi in mare, e me nutricò tre giorni, e dopoi
mi diede in mano della Corte; e questo so io del negozio della
congiura, dove giuro che non mai ho pensato che le parole della
predica mia, nella quale [era] anco l'auditor David, dovesse muovere
tanta gente; ma perché gli uomini sono disposti, o per mal

Precedente Successiva