Tommaso Campanella, Informatione sopra la lettura, p. 282

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ch’hanno di essere di razza di Giudei, che ancora persequeno Cristo
nelle membra sue, non si mossero per carità né per verità a rivelare,
né ammoniro li denunciati ut desisterent, ma essi stessi ordiro
tutta la favola per farla apparente con molta arte, come in una
comedia, perché stavano sequestrati al convento dell’Osservanza
di Catanzaro per debiti e, sentendo che fra Dionisio Ponzio parlava
di cose nove per uscire in campagna contra quelli che ammazzaro
il zio, che usciro per ammazzar lui ancora, li dimandaro di
questi pensieri e s’offeriro d’uscir ad ammazzar li nemici, desperando
per li debiti di poter vivere: e poi parlaro all’avvocato fiscale
don Luisi Sciarava, scomunicato dal vescovo di Melito e perseverante,
e fecero un processo falso, senza intervento del viceré
don Alonso de Roxas, lor poco amico, e rivelaro che si volea ribellar
il Regno dalli monaci e clerici e dalli vescovi, che aveano scomunicato
molti officiali e interdetto la città di Nicastro per cause
di giurdizioni; e deposero a quel modo che li dittava esso Xarava,
e dipoi aggiunsero altre deposizioni secondo la commodità s’offería
per la varietà del fatto contrario alla prima deposizione; e dicevano
e sdicevano, come Xarava volea, con promesse di farli conti
e marchesi; ed essi medesmi donaro una lista a fra Dionisio d’altri
che volean uscir in campagna; e li faceano parlar or con uno or
con altro singulariter per fare che quelli poi fossero testimoni: li
quali tutti, secondo la promessa di Xarava, pretendeano tituli ed
esaltazioni. E di piú, molti di loro poi in Napoli furo esaminati con
le cartelle date da Xarava a loro in Castelnovo, e uno di essi pagò
duecento tallaroni a Xarava perché lo mettesse nel numero di
rivelanti: questo fu Giovan Tomaso di Franza. Item, tutti li testimoni

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