VOLUME I VOLUME II

INDICE DEL VOL. I

PREFAZIONE p. V-LI
Cap. I. - Il Campanella abbandonato ne' Castelli di Napoli (dal luglio 1604 al maggio 1626) p. 2
I. Due fatti aggravanti le condizioni del Campanella, avvenuti mentre pendevano tuttora i processi contro di lui, l'evasione dal Castel nuovo di fra Dionisio e di fra Giuseppe Bitonto, e poi la scoperta del disegno di evasione del Campanella medesimo, determinano il Vicerè a farlo tradurre nel Castel Sant'Elmo, col proponimento di tenerlo in perpetua prigionia. Nuovi particolari de' detti avvenimenti (2). La spedizione della causa di congiura, ritardata per più circostanze, è menata a termine per tutti gli altri frati ma non per lui, essendovisi negato il Vicerè ed accomodato il Nunzio. Sua orribile posizione nella fossa di Sant'Elmo; poesie che quivi compone, ed opere che vi scrive allo scopo di servirsene per la liberazione (6). Suo tentativo inutilmente fatto nel gennaio 1605 presso il Vicerè, domandando di essere udito per fare proposte di cose mirabili a vantaggio del Re e del Regno, le quali proposte erano sicuramente quelle che scrisse poi nella Consultazione per l'aumento dell'entrate. Altro tentativo nel luglio 1605 presso il Nunzio e il Vescovo di Caserta Inquisitore, dicendo di volersi accusare; visita avuta più tardi da' due Prelati, esposizione loro fatta di nuovi studii compiuti circa la religione, di visioni avute anche del diavolo, di capacità acquistata di fare cose grandi e perfino miracoli, consegna di un elenco di queste cose che farebbe ad utile del Cristianesimo; egli si riferiva certamente a quanto avea scritto nel Pronostico e ne' Sintomi della fine del mondo, e a quanto stava scrivendo nella Ricognizione della Religione, o Ateismo debellato; ma i Prelati non gli prestano fede (14). Nuovo tentativo nell'agosto 1606 scrivendo lunghe lettere al Papa ed anche a' Cardinali d'Ascoli, Farnese e San Giorgio, nelle quali confessa la simulazione di pazzia, espone le sue tristissime condizioni, spiega e difende ad ogni costo il suo passato, narra le mosse fatte presso il Vicerè e i Prelati, ripete l'elenco delle promesse mirabili e dà pure l'elenco delle sue opere; in conclusione, a modo di appello protesta che la sua causa deve farsi in Roma, e vuole che sia domandata la persona sua agli spagnoli, coll'obbligo di restituirla qualora mentisse. Aggiunge al Papa, in proposito della lotta sorta tra Roma e Venezia, diverse rivelazioni avute anche dal diavolo circa Venezia e l'avvenire del Papato, offrendosi a dar termine egualmente a questo negozio e suggerendo rimedii; ma non trova ascolto da nessun lato, ed intanto scrive tre libri Antiveneti, si occupa del compimento dell'Ateismo e dell'accrescimento de' Profetali, rifà anche i Discorsi a' Principi d'Italia (19).
II. Ne' primi mesi del 1607 il Campanella acquista la conoscenza e il favore di Gaspare Scioppio, che era ben veduto dal Papa e destinato ad una missione in Germania con la veste di Consigliere di Ferdinando d'Austria. Antecedenti e qualità dello Scioppo, e notizie di Giovanni Fabri suo amico. Cristoforo Pflug di Meissen, già carcerato nel 1603 per un po' di tempo nel Castel nuovo col Conte Maurizio di Nassau, e divenuto amico del Campanella, aveva invogliato lo Scioppio ad interessarsi del filosofo dandogli a leggere la Filosofia epilogistica e forse anche la Monarchia di Spagna che aveva avuta nel carcere; ma dovè contribuirvi pure il Persio con altri amici che molto lo pregiavano (32). Verso il febbraio 1607 lo Scioppio si offre al Campanella, dicendo di voler seco combattere il protestantismo ed impegnarsi per la sua liberazione; ne ha copie delle lettere già mandate al Papa ed a' Cardinali, con un'altra "di novo appello", che poi viene sostituita da una lettera in latino verosimilmente a consiglio dello stesso Scioppio. Nell'aprile viene in Napoli e vi si trattiene un mese, scrive subito al Fabri che spera di vedere il Campanella e portar via da lui ciò che voglia, tra le altre cose gli Antiveneti; difatti lo impegna a dargli tutti i suoi libri, con promessa di presentarne alcuni a Ferdinando, altri all'Imperatore, altri al Re di Spagna, ed anche di farli stampare, ricevendone in pari tempo lettere a questi Principi, con le solite promesse mirabili e con suppliche di farlo venire almeno temporaneamente e in catene alla loro presenza, per discolparsi e compiere le promesse (40). In fondo lo Scioppio vuole la liberazione del Campanella, per averne, oltre a' libri, anche l'insegnamento celere di alcune scienze in un anno solo; intanto non gli riesce di vederlo, tratta con lui per lettere e mediante gli amici di lui fra Serafino di Nocera e un Berillario, servendo quali messi un Campo e un Vono, vede per altro il sergente del Castello e il carceriero; lettere del filosofo allo Scioppio riferibili a questo tempo, donde emerge pure che lo Scioppio consigliava di sopprimere nelle lettere da presentarsi la promessa de' miracoli (46). I libri sono inviati il 1° giugno, eccetto la Metafisica e i Profetali co' Sintomi del mondo perituro, e il Campanella, tra le altre cose, raccomanda allo Scioppio che badi a non servirsene; altri opuscoli epistolari su temi dati dallo Scioppo sono inviati ulteriormente, e già varii Prelati divengono fervidi amici del Campanella, come il Malagrida e il Querengo, che s'impegnano a mandare o procurare commendatizie per lui presso il figlio del Vicerè; son tratte poi copie di taluno de' libri inviati, volute da altri amici, quali il Paolini e il Mandero (54). Lo Scioppio non parla al Papa pel Campanella né glie ne presenta le lettere, e nel settembre parte finalmente per la Germania; in Bologna fa leggere al Magino il Pronostico astrologico del Campanella e vi commette la stampa della Monarchia del Messia e de' Discorsi a' Principi d'Italia, in Venezia commette al Ciotti la stampa della Filosofia epilogistica, Ateismo e Senso delle cose, ciò che poi non riesce a nulla; ben presto il Consiglio de' X lo fa carcerare e perquisire, credendo poter trovare nelle sue casse carte d'importanza, lo rimprovera perché porta scritti come gli Antiveneti, e togliendoli lo rilascia (64). In Trento incontra Giorgio Fugger e i suoi due giovanetti nipoti cugini, Giovanni Ernesto ed Ottone [si dà un quadro de' Fugger per distinguerli bene]; commette a Roma una nuova copia di parte degli Antiveneti, nella speranza che il Cardinal Madruzzi ne consentirebbe la stampa in dispetto di Venezia, speranza riuscita poi vana, ed impegna in favore del Campanella il Fugger, che vi si accende molto. In Insbruck, spinto da lui, il Fugger ottiene che Massimiliano di Baviera mandi una lettera al Vicerè in favore del Campanella, ma si fa promettere dallo Scioppio che non si tratti della liberazione del Campanella con altri finchè egli stesso abbia speranza di liberarlo, che inoltre il Campanella liberato stia seco per un anno intero, volendo, come mostrò in sèguito, apprendere da lui specialmente l'astrologia; del resto la lettera di Massimiliano non si vide mai e risultò una mistificazione (69). In Augusta il Fugger si decide a mandare a Napoli Daniele Stefano con facoltà di spendere anche 3 o 4 mila scudi; con questi lo Scioppo intende che siano guadagnati i Segretarii del Governo, acciò assolvano o mandino in esilio il Campanella; anche Marco Velseri e i Villerii, in Augusta, s'interessano del filosofo, ma i Villerii lo pregiano perché avversario di Aristotile, e il Velseri ne diffida, prestandosi tuttavia da intermediario per le corrispondenze; lo Scioppio si fa mandare da Roma il Dialogo contro i luterani che il Fugger avrebbe fatto tradurre e pubblicare, ciò che poi nemmeno si verifica, e dietro offerta del Campanella si fa fare da lui la natività. In Ratisbona poi l'Ambasciatore Cesareo gli dice che l'Imperatore ha ricevuta la lettera del Campanella inviatagli, ma che le informazioni assunte sul conto di lui son riuscite cattive; così già lo Scioppio vede che si può fidare soltanto nel danaro del Fugger (75). Al cominciare del 1608 lo Scioppio viene a sapere dallo Stefano che la liberazione è tutt'altro che facile, e procura dall'Arciduca Ferdinando una lettera al Vicerè perché conceda un mutamento di carcere e comodità di poter compiere alcuni libri non ancora finiti; il Campanella comincia a dolersi che qualcuno de' suoi libri non sia stato presentato all'Imperatore, e lo Scioppo se ne scusa, manifesta il disegno di fare scrivere per lui da Ferdinando al Fuentes governatore di Milano ma aggiunge occorrergli prima il consenso del Fugger, e conclude che si rivolga a Dio mentre i tentativi son quasi tutti esauriti; poco dopo scrive al Fabri che faccia venire tutti i libri da Napoli a Roma, ed ancora che non consenta a far trattare il negozio del Campanella coll'Inquisizione (82). Nel marzo il Fabri si decide a portare egli stesso a Napoli la lettera di Ferdinando al Vicerè; così il Campanella è trasferito al Castello dell'uovo, senza avervi per altro la comodità di scrivere, ma dopo 3 anni ed 8 mesi esce dalla fossa di Sant'Elmo, e questo e i sussidii procurati dal Fugger costituiscono il vero beneficio recatogli dallo Scioppio (92). Nel giugno, mercè un Padre Gaspare Pegna ben visto in Corte, il Campanella riesce ad aver licenza di scrivere al Vicerè, e gl'invia la Consultazione per aumentare l'entrate del Regno, che è esaminata dal Torres, ma non reca il favore sperato; Daniele Stefano se ne torna in Augusta, e vi torna pure lo Scioppio, avendo avuto termine le sue funzioni in Ratisbona, e fa premure per riavere dal Ciotti i libri lasciati in Venezia e non stampati; il Fugger gli dice che andrà in Italia, che prenderà seco il Fabri in Roma, e si spingerà fino a Napoli volendo spendere fin 10mila scudi per la liberazione, ciò che poi non ha sèguito; intanto lo Scioppio partecipa la cosa a fra Serafino e gli fa grandi minacce se ora non manda i libri rimasti indietro, cioè la Metafisica e i Profetali; lettere del Campanella in questo tempo (97). Il Fugger si decide a chiedere a Ferdinando una lettera al Vicerè in favore del Campanella, e Ferdinando dapprima la nega, dicendo che il Campanella si è occupato non solo di Magia ma anche di cose sconvenienti, poi, dopo 8 giorni, la concede, e il Fugger, verosimilmente preso da scrupoli, si ostina a non mandarla. Lo Scioppio, invaso dal desiderio di apprendere scienze in modo celere, si decide a profittare del Terrenzio, il quale gli fa promesse più che mirabili; cerca da Roma un'altra copia della Monarchia del Messia a fine di servirsene, scrive anche a Ferdinando per giustificare il patrocinio del Campanella da lui assunto, e si offre a servirlo ancora se vuole, e così è richiamato poi presso Ferdinando nell'anno seguente (103). Nel 1609, oltre al Terrenzio, lo Scioppio pensa d'impegnare il Ghetaldi, per apprenderne, insieme col Fugger, l'astrologia; alle dolenti insistenze degli amici di Roma risponde che tra breve sarà rimandato Daniele Stefano, che ha scritto al Vescovo di Costanza perché raccomandi il Campanella al Conte di Fuentes, ma poi non se ne vede realmente nulla; già non ha più alcuna fede nel Fugger, che dall'ottobre 1608 in poi si è raffreddato. Il Campanella ripete le sue lagnanze per non essere stati i suoi libri né stampati né, presentati, e lo Scioppio si discolpa dicendo che li avea dati tutti al Ciotti ed appena allora li avea ricuperati (ma non tutti erano stati dati al Ciotti, e già quello Del senso delle cose era stato da lui destinato al Terrenzio ); fa sapere che l'Inquisizione li sequestrava, e che gli amici medesimi del Campanella nelle stesse Corti divulgavano essere stato da lui affermato che avea nella sua natività un numero di pianeti favorevoli maggiore di quelli avuti da Cristo; conclude che gli è piaciuta moltissimo la Consultazione e vuole la Metafisica e i Profetali. Poi, invece di rivolgersi al Fugger, scrive allo Stefano, il quale decide il Fugger a rilasciare la lettera di Ferdinando al Vicerè dopo 5 mesi di trattenimento, durante i quali tuttavia non avea cessato di dirigere quesiti al Campanella e di trarne segreti, che lo Scioppio commette al Fabri di partecipargli (110). Nell'andarsene a Gratz, lo Scioppio prescrive al Campanella di dirigere a lui una lettera che egli poi presenterà a Ferdinando, chiedendo di stare presso l'Arciduca anche per soli tre mesi a fine di compiere molte e mirabili cose a vantaggio di lui e di Casa d'Austria; vuole inoltre che gli spieghi la quistione del Peripateticismo e del tempo da dover passare tra la morte dell'Anticristo e il giudizio (scopo vero della lettera) esortandolo anche a palesare qualcuno de' segreti utili al patrono. Il Campanella, che già aveva inutilmente fatto dimandare dal Nunzio la sua estradizione a Roma, scrive la lettera e dà le spiegazioni volute ma oscuramente, non palesa segreti e chiede qualche sussidio. Lo Scioppio medesimo partecipa agli amici che in Gratz il Clario, già compagno di prigione del Campanella, gli ha nociuto molto con le sue rivelazioni; si ricordano i precedenti del Clario. Scrive inoltre al Fabri di spedire al Campanella 20 scudi del suo, ma con sollecitazioni che mandi la Metafisica, non sperando nulla dal Fugger. Determina poi Ferdinando a scrivere nuovamente al Vicerè, ma solo perché faccia compiere dal Campanella i libri di Matematica (astrologia), Profetali e Metafisica, e glie li mandi, inoltre perché gli faccia palesare i segreti in vantaggio del Re e di Casa d'Austria (117). Tornato a Roma, dovendo rispondere a un libro del Re d'Inghilterra che lo berteggiava per le cose da lui asserite circa l'Anticristo, lo Scioppio scrive a fra Serafino che faccia svolgere dal Campanella i quesiti sul detto tema. Il Campanella gli svolge il tema a lungo ma pur sempre in modo nebuloso, e gli chiede che lo faccia andare a Roma al Santo Officio; poi imprende a scrivere una nuova Metafisica, della quale più tardi si vede mandata allo Scioppio una parte. Del rimanente lo Scioppo tornato in Germania ben presto si trova d'accordo col Velseri che il Campanella "bene sta dove sta", e si può dire che quanto alla liberazione egli avea fatto molto, ma quanto a' libri per lo meno avrebbe dovuto restituirli, ed invece se ne servì e cercò sempre di espilarne altri ad ogni costo, perfino dopo di avere smesso ogni pensiero di liberazione. Il Fabri finisce per cancellare nelle lettere dello Scioppio anche le notizie più cospicue degli sforzi fatti per essa: e nella fine del 1609 il Campanella ha soltanto occasione di ricordarsi di Giorgio Fugger, che l'aveva abbandonato prima di tutti, ricevendo nel carcere una visita de'giovanetti nipoti cugini di lui Giovanni Ernesto ed Ottone Enrico (121).
III. Nel corso del 1610, in maggio, il Vicerè ordina che il Campanella, posto sempre ne' criminali, per alleviamento di prigionia possa esser visitato da persone religiose e spirituali; ma dopo pochi giorni, ad istanza del Nunzio Monsignor Gentile che continuava a funzionare anche da Inquisitore, l'ordine è revocato, e sono ammessi ministri della Corte del Nunzio ad esaminarlo; così gli è sequestrata la nuova Metafisica che stava componendo. Venuto in luglio il nuovo Vicerè Lemos iuniore, le cose non mutano affatto pel prigioniero; ma egli ha già trovato nuovamente modo di scrivere, e manda nel 1611 una lettera al Galilei, congratulandosi delle felicissime scoperte da lui fatte, comunicategli forse dal Marchese Manso (131). Il Nunzio-Inquisitore ordina una nuova perquisizione, e così gli son tolti i libri Astronomici; inoltre fa istanza che si solleciti la spedizione della causa di congiura, ma probabilmente il Consiglio Collaterale delibera in contrario, giudicando l'uomo troppo pericoloso: così egli è stretto in un carcere ancora più duro, e manda un Memoriale di lagnanza al Papa, con l'elenco delle solite promesse e l'elenco delle opere; poesie che egli compone in tal tempo (142). Nel 1612 al Priore di Santo Spirito, già assegnato per confessore del Campanella, è sostituito Don Paolo Palombo teatino, ma il Vescovo di Nocera, successo al Gentile nell'ufficio d'Inquisitore, vuole avere colloquii col prigioniero, e, a quanto pare, comincia così per lui un trattamento meno rigido. Nel 1613 il Padre Mendozza gesuita, figlio di Donna Anna che avea compatito il Campanella nel Castel nuovo, parla per lui al Vicerè, e forse gli viene così accresciuto a 3 carlini per giorno il pagamento del vitto; sta tuttavia sempre ne' criminali, ma è visitato specialmente da qualche ecclesiastico, e sotto colore di ricever visite inizia l'insegnamento, continuando a comporre opere; elenco de' libri da lui scritti in tal tempo; suoi primi discepoli più noti Gregorio Costa e Marco Aurelio Severino, Pietro Giacomo Failla e Vincenzo de Via (145). Nello stesso anno 1613, verso il febbraio, ha la visita del nobile giovanetto Rodolfo de Binau di Meissen e del governatore di lui Tobia Adami di Werdau, reduci da un viaggio in Oriente. Forse avvertiti dallo Pflug egualmente di Meissen, avendo anche potuto avere in Padova una copia del Compendio di Filosofia scritto nel 1595, essi si fermano in Napoli 8 mesi ed assistono, come possono, alle lezioni del filosofo: l'Adami scambia anche assiduamente con lui lettere filosofiche, col suo beneplacito si procura da' compagni di studio copie delle opere di filosofia promettendo che le avrebbe fatte stampare, ne ha inoltre la Scelta d'alcune Poesie filosofiche col commento scritto in tale circostanza, e si forma un concetto equamente splendido dell'uomo che ha visto e trattato, riconoscendone anche i difetti ma tenendo conto delle sue miserevoli condizioni. Attestati che ne fornisce, degni di esser noti. Menzione speciale dell'Epistola antilutherana che il Campanella gli scrive, e considerazioni sulla Scelta delle Poesie e sul commento, assai importanti per la storia del Campanella (152). Mediante l'Adami il Campanella manda al Velseri due memoriali con l'elenco delle sue opere per. Ferdinando d'Austria e Massimiliano di Baviera, e il Velseri semplicemente li trasmette a' Cancellieri de' due Principi, ma nota che nell'istoria del Costo, allora pubblicata, i fatti del Campanella sono narrati in modo svantaggioso per lui; e veramente anche Cesario Brancadoro pochi anni innanzi li aveva accennati in modo simile. L'Adami e il Binau nell'ottobre vanno a Roma, poi a Firenze, dove il Galilei, udite le condizioni del Campanella, offre commendatizie al Gran Duca e qualche sussidio in danaro, inoltre converte alla dottrina Copernicana l'Adami che ne avvisa il Campanella, il quale intanto scrive altre opere e tra esse l'Astrologia (164). In gennaio 1614 l'Adami e il Binau sono in Madrid ed hanno una visita dello Scioppio, il quale era andato in Ispagna per procurarsi una pensione; il Binau gli si moatra ostile a motivo del Campanella, e così egli ne parla al Quevedo che doveva andare a Napoli coll'Ossuna, la qual cosa per altro non succede; inoltre il Binau viene pure a sapere dall'Eckio che lo Scioppio non aveva missioni politiche, ma sollecitava una pensione, la quale poi riesce ad ottenere. Il Campanella scrive ancora al Galilei mercè Giovanni Bartolini che ha cura di lui come già il Persio; l'eccita a continuare ad occuparsi de'pianeti invece de' galleggianti, lo rimprovera perché non ha voluto mandare gli elementi chiesti per farne la natività, lo ringrazia per l'offerta delle commendatizie e per l'offerta del danaro che rifiuta. Verso la fine dell'anno il Viceré ordina che vegga un libro di Metafisica e vi risponda, facendogli dare venti e più fogli di carta; ma poco dopo lo fa tradurre a Sant'Elmo, perché nell'Uovo vede molta gente allorché ode la Messa e dà voci ne' criminali; inoltre fa ripigliare il libro e la carta datagli (168). Un Padre Antonio de Roxas ha licenza di visitarlo in Sant'Elmo al pari di altri sacerdoti italiani, e così nel 1615 egli ha agevolezze, oltreché rivede la famiglia di Michele Alonso trasferita in quel Castello; fa rivolgere ancora una preghiera allo Scioppio tornato in Italia con la pensione, che si ricordi di lui, ma lo Scioppio risponde che non è bene impacciarsene. Il Nunzio Gentile, in poco buon accordo col Viceré per varii fatti, reclama circa la forma libera di trattare che il Campanella usa, e il Viceré, che già vi avea provveduto, dà ordini di maggior rigore; il Nunzio medesimo deve poi intervenire perché non manchino al Campanella il vitto e le consolazioni spirituali (176). Per commissione del Cardinal Caetani il Campanella scrive la Quistione o Apologia pel Galilei preso di mira dal Santo Officio; poi dovendo il Lemos lasciare il governo, e dicendosi che verrebbe a Napoli l'Ossuna, afferma che l'Ossuna non verrebbe; è quindi tradotto al Castel nuovo, ha perfino speranza di esser liberato pagando qualche somma di danaro e la fa chiedere allo Scioppio, ma costui si nega. Muore il Nunzio Gentile, e lo sostituisce il Filonardi prevenuto contro il Campanella. Giunge in luglio l'Ossuna al governo, e secondo gli Avvisi di Roma stando ancora in Posilipo fa venire il Campanella al suo cospetto; lo Scioppio, leggendolo, ne ride. Intanto il Campanella consegue l'abilitazione a tenere tutto il Castello nuovo loco carceris, spera anche la liberazione e fa giungere le sue lagnanze allo Scioppio, il quale, udendo tali cose, scrive nuovamente al Quevedo; notizie su questo personaggio. Scrive poi il Campanella al Galilei, che non aveva risposto all'invio fattogli dell'Apologia, e raccomandandogli un suo amico gli partecipa che sta quasi in libertà (182). Si spinge anche a fare all'Ossuna la domanda della liberazione, e ricevutolo alla presenza del Cardinal Zapata di passaggio per Napoli, l'Ossuna gli dice che procuri l'ordine da Sua Santità essendo frate, che se fosse laico egli l'avrebbe fatto ardere per le sue cattive qualità; ma tutto induce a far ritenere che sia stata questa una mistificazione, per mascherare le agevolezze concesse e forse anche per movere il Nunzio a fare qualche passo. Il Nunzio, avvertito dallo Zapata, parla all'Ossuna circa le cattive qualità del Campanella, e dice che starebbe meglio in potere del Papa; e l'Ossuna l'offre, ma il Nunzio recede, e in somma Roma dà prova di volere il Campanella in Napoli macerato ne' criminali (192). Qualità dell'Ossuna e suo governo. Il Campanella nel 1617 si lagna nuovamente che lo Scioppio non si cura più né della liberazione né della stampa de' libri, e lo Scioppio fa sapere esser molto pericoloso ingerirsi ne' negozii del Campanella "che il Papa e l'Inquisizione non amano", avergli 1'Inquisizione proibito di occuparsene, I'Inquisizione stessa e i gesuiti non permetterne la stampa de' libri; aggiunge voler essere lasciato in pace. Intanto l'Adami, dopo di aver visitata insieme col Binau anche la Francia e l'Inghilterra, tornando in patria chiede per lettere al Galilei notizie del Campanella; ma non ha risposta, e tuttavia, senza sapere ancora se egli sia, vivo o morto, imprende la stampa del Prodromus. Il Campanella, avendo conosciuta l'opposizione che gli facevano anche i gesuiti, potè decidersi a scrivere contro di loro la "Instruttione a' Prencipi" che gli si attribuisce, ma non è certo; più certo è che abbia in quest'anno compiuta la Philosophia rationalis e composto il Reminiscentur; di poi, essendo scemata la solitudine, la sua attività si rallenta (194). Nel 1618, venendo carcerato dall'Ossuna l'olandese Filiberto Vernat col fratello, egli ne scrive la natività; notizie su questo incidente. Poi si rivolge al Nunzio chiedendo un abboccamento con lui, ma il Nunzio si rifiuta, e Roma approva, raccomandando che insista perché sia tenuto in istretta custodia. Più tardi scrive l'opuscolo Della Concezione della Vergine, a proposito dello scompiglio nato per avere l'Ossuna voluto proclamare e rendere obbligatorio il dogma dell'Immacolata Concezione. Nel 1619 ha nuovamente speranza di liberazione; il Duca di Mantova lo vorrebbe presso di sé, ed anche lo Scioppio procura di farglielo sapere; intanto sta in relazione con tutti i più cospicui abitanti del Castello, conversa in astrologia anche co' fratelli Ridolfi che hanno un altro fratello Marchese ivi alloggiato, riceve visite di stranieri illustri tra' quali è noto il Blumio sassone, cui forse si deve il ristabilimento delle interrotte relazioni con l'Adami, facendo anche conoscere i progressi della stampa delle opere da lui intrapresa, e le lezioni a' Binau da lui fatte sul testo della Filosofia epilogistica; inoltre continua nell'insegnamento in più larga scala, avendo tra' suoi discepoli meglio noti Giovanni Carlo Coppola (200). Durante il 1620 succede all'Ossuna il Cardinal Borgia, e il Campanella dimanda che sia spedita la sua causa della congiura, e scrive 1'Informazione e la Narrazione su' processi e su' fatti di Calabria; il Borgia aderisce, ma il processo non si trova più, essendo stato disperso o bruciato. Nel 1621 succede il Cardinal Zapata, che governa scempiatamente fino a tutto il 1622; il Campanella non si move punto presso di lui per la liberazione, ma continuando sempre grandissimi ritardi nel pagamento del vitto soffre assaissimo la miseria; essendo per altro successo a Paolo V Gregorio XV Ludovisi, e a Filippo III Filippo IV giovanetto guidato dal Conte Olivares, si riaccendono le speranze di liberazione. Il Failla va a stabilirsi a Roma, e il Campanella lo raccomanda a quante persone ragguardevoli conosce, affidandogli le trattative per la stampa de' libri, che ritiene attissima ad aiutarlo: già gli erano divenuti amici in Roma il Del Pozzo, il Vestri, il Cesarini, il Ciampoli, il Filomarino, il Massimi allora Vescovo di Bertinoro; intanto i libri portati a Roma sono da' Superiori dell'Ordine mandati al Santo Officio, e il Cardinal Bellarmino vi fa subito censure, alle quali il Campanella risponde vittoriosamente. Si rivolge inoltre a Madrid con un memoriale, dimandando grazia, ma si risponde che accudisca presso il Vicerè. Continua intanto in Germania la stampa delle sue opere filosofiche a cura dell'Adami, che pubblica anche la Scelta delle Poesie e l'Apologia pro Galilaeo (210). Dal 1623 in poi governa il Duca d'Alba successo allo Zapata; il Campanella gli manda dapprima suppliche pel vitto ma non per altro. In Roma giungono i primi esemplari dell'Apologia pro Galilaeo e sono sequestrati e proibiti; egualmente sono sequestrati e proibiti i libri portati dal Failla, per semplice decreto del Maestro del Sacro Palazzo che è il Ridolfi, e il Campanella crede che il Failla li tenga tuttora e non li presenti per debolezza di spirito. Ma in Madrid il Massimi, che vi sta qual Nunzio, s'interessa di lui presso i membri del Consiglio d'Italia; intanto, nell'agosto 1623, a Gregorio XV succede Urbano VIII Barberini, e tre mesi dopo al Massimi si dà per successore il Sacchetti; tuttavia il Massimi rimane parecchio altro tempo in Ispagna attendendo la buona stagione pel ritorno, è anche promosso dal Re all'Arcivescovado di Catania, continua ad interessarsi del Campanella, sempre per premura sua personale, mettendo innanzi il libro tanto meritorio della Monarchia di Spagna, e i Consiglieri suggeriscono che si faccia inviare da' Superiori dell'Ordine un memoriale al Re chiedendo la persona del Campanella (222). Così dal giugno 1624 in poi, mentre il Massimi è ancora in Ispagna, il Campanella prega istantemente il Del Pozzo ed altri che procurino il detto memoriale ed anche una licenza di venire a Roma per Fra Dionisio di Castelvetere destinato a trattare in luogo del Failla: ma il Padre Generale si nega; lo Scoppio, che si trova in Roma a fine di procurarsi commendatizie, essendogli stata tolta la pensione di Spagna per averne traditi gl'interessi, viene spinto a parlare al Cardinal Barberini Segrario di Stato, e costui dice che il Campanella sta meglio dove sta; il Campanella scrive ad Urbano, e costui non se ne cura, scrive anche direttamente al Cardinal Barberini, e nulla ottiene. Va a Roma il Coppola, e il Campanella lo raccomanda anche per fargli avere un'udienza da Urbano e dal Cardinal Barberini (229). In questo mentre il Campanella si rivolge pure al Vicerè, ma solo per aver licenza di stampare la Monarchia di Spagna e i Discorsi a' Principi d'Italia, e ne è commessa la revisione, ma non se ne fa nulla. Scrive al Cardinal Trexo che si mostra suo ammiratore; notizie circa gli altri ammiratori suoi in Roma. Riceve visite numerose, tra le altre quella del Soubron e quella di Cristoforo Foerstner; notizie del modo di procedersi nelle visite. Insegna sempre; suoi discepoli di questo tempo sono Giovanni Battista Contestabile, Fra Tommaso Pignatelli, fra Paolo Piromallo. Scrive pochi opuscoli di occasione, tra' quali quello De' titoli indirizzato al Cesarini, e compie la Teologia in 30 libri. Ma soffre sempre perché non si paga pel suo vitto. Ed ha occasione di scrivere alla Sorbona una lettera, volendo da essa la revisione delle sue opere (234). Durante il 1625 il Cardinal Barberini va Legato in Francia, e Monsignor Massimi, tornato in Italia, soffre gravi disgusti in Roma volendosi che paghi un eccesso di spese fatte nella sua Nunziatura, onde alla fine dell'anno si ritira in Napoli. Intanto il Campanella, non avendo potuto avere da' Superiori dell'Ordine il memoriale desiderato, lo procura dal Provinciale e da' frati domenicani di Calabria, nel senso di "far cessare la prigionia in cui si trova"; il Provinciale Padre Ambrogio di Cordova, napoletano e lettore di Filosofia nello Studio pubblico, lo favorisce, e sul detto memoriale il Consiglio d'Italia delibera che esso si mandi "al Viceré perché faccia ciò che gli parrà esser giustizia". La Lettera del Re così concepita giunge in Napoli nel marzo 1626; in tal tempo il Cardinal Barberini era già partito di nuovo qual Legato in Ispagna, ed entrò in Madrid nel maggio senza avervi punto sodisfazioni; d'altro lato il Massimi, andato in gennaio a Roma per licenziarsi da Urbano e recarsi alla sua Chiesa, tornò in Napoli nel marzo e non ne partì prima del giugno, onorato dal Vicerè, che stava pure in disgusto con un Internunzio rimasto in Napoli (246). Verso la fine del marzo 1626 il Campanella domanda al Vicerè che voglia nominare un giudice, il quale spedisca la sua causa per giustizia in esecuzione della Lettera del Re; il negozio è rimesso a' Reggenti del Collaterale, e l'avvocato Parisi e Giovan Battista Contestabile assumono l'incarico d'informarli. Il 15 maggio si decide che il Campanella sia consegnato a un monastero a scelta del Vicerè, con cauzione che sia presentato in Castel nuovo a ogni ordine di Sua Eccelenza; la cauzione di ducati 2,000 è prestata da Giovan Battista Contestabile, Antonio Carnevale e Domenico Campanella; il 23 maggio egli va nel convento di San Domenico. Il Vicerè partecipa all'Internunzio che il Campanella va a stare in San Domenico fino ad altro ordine suo; e lo partecipa anche al Priore del convento, raccomandando di far buona accoglienza al nuovo ospite (253). Conosciuta in Roma la liberazione del Campanella, si scrive subito al nuovo Nunzio Diaz che lo faccia cautamente carcerare per interesse del Santo Officio e lo mandi a Roma. Il Nunzio s'informa del negozio presso Monsignor Massimi, e sa da lui che per lettere del Re, dell'Olivares e de' Cardinali Trexo e Ludovisi, il Campanella fu liberato; attende che il Massimi sia partito, ed allora fa carcerare il Campanella e lo anima a chiedere lui medesimo di esser tradotto a Roma; il Vicerè chiede al Nunzio se abbia ordine di mandarlo a Roma, raccomandando di farne spedire la causa in Napoli; ma il 5 luglio il Campanella travestito da prete, e col nome di Giovanni Pizzuto, è tradotto in una feluca a Roma, ed in Napoli non ne rimane del tutto celata la notizia (260).

Cap. II. - Il Campanella trasportato a Roma (da luglio 1626 a ottobre 1634) p. 266
I. Travestito, con nome finto ed in catene, il Campanella giunge a Roma ed è consegnato al Santo Officio. Gli Avvisi di Roma lo dicono uscito dalle mani degli spagnuoli a cura del Ludovisi, e lo Scioppio avutane notizia, lo deride. Il trattamento, che riceve, è peggiore di quello degli ultimi anni passati in Napoli; e dovrebbe soffrirlo per anni 8, ma con la sua industria dopo 3 anni non compiuti se ne libera. Documenti che attestano il suo scontento nel primo tempo, e poi la via apertasi dopo 2 anni presso Urbano, il quale vuole consultarlo, e ne segue le pratiche astrologiche per evitare il fato siderale, facendogli assegnare il palazzo del Santo Officio in luogo di carcere (266). Qualità di Urbano VIII, suoi grandi pregi e non meno grandi difetti; si ricordano principalmente le sue tendenze e passioni per l'esaltamento delle proprie poesie, per le ricerche e pratiche astrologiche, per l'abbassamento degli spagnuoli, per l'acquisto di uno Stato a Don Taddeo suo nipote massime nel Regno di Napoli (274). Qualità de' Nipoti, specialmente de' Cardinali Francesco ed Antonio Barberini. Qualità de' Superiori ed alti ufficiali dell'Ordine domenicano, segnatamente del Padre Niccolò Ridolfi, che diviene in questo tempo Generale, e del Padre Niccolò Riccardi, detto il Mostro, che diviene Maestro del Sacro Palazzo (287). Opere composte dal Campanella durante la sua prigionia nel Santo Officio e nel periodo successivo scorso in Roma; se ne fa l'enumerazione, determinando la data almeno approssimativa della composizione di ciascuna, ed eliminando la confusione con cui se ne parla nel Syntagma de libris propriis (297). Scrive dapprima le Osservazioni sul libello del Parlamento e l'opuscolo De fato siderali vitando, ed acquista la benevolenza del Commissario del Santo Officio Padre Acquanegra. Costui segretamente gli fa vedere le censure due volte fatte dal Mostro allora Reggente nella Minerva, nello stesso anno 1626, sul De sensu rerum e sull'Atheismus; inoltre gli fa scrivere una lettera sulla quistione De' titoli; consente che gli sia fatta qualche visita; l'interpella in quistioni teologiche, e così il Campanella può fare le difese del Vecchietti suo compagno di carcere. Scrive ancora i Discorsi della libertà nello Stato ecclesiastico, principia a scrivere inoltre i Commenti alle poesie di Urbano, e così passa il 1626-27 (306). Continuando a scrivere i Commenti, nel 1628, scrive anche sul Come i pochi possano combattere e vincere i più, e verso la fine del 1° semestre 1628 i Commenti sono presentati ad Urbano, mediante o il Contestabile Don Filippo Colonna, o il Conte di Castelvillano; notizie circa questi personaggi (315). Leggendo il Commento all'Ode scritta pel Galilei, Urbano nota che il Campanella osa mostrare capace di difesa la dottrina Copernicana, e il Campanella gli scrive una lunghissima lettera di scusa, sfoggiando vaste nozioni di astronomia ed astrologia. Forse è presentato ad Urbano anche l'opuscolo manoscritto De fato siderali vitando, ed egli, che trovasi sotto il peso di cattivi pronostici astrologici circa la sua vita, nel luglio 1628 fa fare alcune consulte ed assegnare al Campanella per carcere il palazzo del Santo Officio; quindi lo fa venire di sera al Palazzo Apostolico, si fa fare da lui la sua natività e compie con lui le pratiche e i rimedii contro il fato siderale (321). Stando fuori le carceri, Giovanni Ernesto Fugger gli fa giungere dalla Germania le sue congratulazioni; molti lo visitano, ma egli si rifiuta di parlare con parecchi, forse per non intavolare discorsi astrologici che Urbano gli ha proibiti. Visita del Gaffarel, che può accedere non senza difficoltà e in compagnia di alcuni Abati; probabilmente il Campanella gli dà il manoscritto dell'Astrologia che poi è stampata in Lione. Visita del Ridolfi, non ancora Generale, che gli mostra la propria natività e l'interroga circa la morte di Urbano pronosticata pel settembre; il Campanella fa uno scritto in contrario (327). Manda un memoriale ad Urbano perché possa difendersi dalle censure fattegli, ed ha licenza di difendersi in iscritto; il Cardinale Scaglia lo visita e lo prega di non occuparsi delle censure per evitare le inimicizie, ma egli non può fare a meno di difendersi. Scrive la Defensio libri sui de sensu rerum ed anche l'opera De Praedestinatione con altri opuscoli di occasione, tra'quali la Consultazione al Re Cristianissimo ed al Cattolico e l'Orazione per la presa della Roccella. Manda alla revisione la Philosophia rationalis, che è approvata, così pure la Monarchia Mexiae, e il Mostro incaricato della revisione l'approva splendidamente. Mandando ad Urbano il Commento all'Ode del Penitente, v'introduce la preghiera di far rivedere molte proposizioni circa la Predestinazione; l'ottiene, e tre distinti revisori le approvano. Nel 1629 deve dichiarare spurie, non sue, le opere stampate in Germania, e il 6 aprile viene definitivamente liberato, e fa liberare e cassare dall'Indice le opere manoscritte già sequestrate e condannate per decreto del Ridolfi, cioè l'Atheismus, il Reminiscentur e le Quaestiones, avendo anche il Mostro rinunziato alle censure fatte (332).
II. Prende stanza nel convento della Minerva; presenta alla revisione un volume de' Commenti, che poi in luglio 1629 è approvato, venendo più tardi del pari approvato anche per la stampa. Non può intanto conciliarsi la benevolenza del Cardinal Barberini, e non riesce ad averne udienze ma gli è assegnata da Urbano una pensione mensile di 15 scudi d'oro. Chiede altre grazie ad Urbano, la facoltà di stampare i Commenti alle Poesie, la facoltà d'istituire un Collegio con Chiesa annessa per formare Missionarii calabresi, e innanzi tutto la nomina a Consultore del Santo Officio: inclinando Urbano a concedere detta nomina, il Mostro, divenuto Maestro del Sacro Palazzo, ed il Ridolfi, divenuto Generale, 1'attraversano col fare stampare clandestinamente in Roma 1'opuscolo De fato siderali e poi presentarlo ad Urbano unitamente con l'Astrologia stampata in Lione, tacciando l'autore di disobbedienza, e superstizione (338). Gravi cure di Urbano nel 1629. Da un lato l'occupano le vicende politiche, essendosi, dopo la presa della Roccella, apertamente avvicinato a Francia contro Spagna, d'altro lato l'irritano le incessanti predizioni degli astrologi che abbia a morire, onde si agitano pure taluni Cardinali impazienti di succedergli; varie notizie su questo tema, tra le altre quella del Rettore di San Carlo al Corso, che ne interroga una pinzochera e finisce male (344). Continuando il Campanella a visitare Urbano, è sospettato dagli spagnuoli suo consigliere contro di loro. Nel settembre si ammala gravemente dopo una forte sgridata di Urbano, il quale poi si placa e manda a consolarlo; motivo della sgridata è forse la stampa dell'opuscolo De fato siderali e dell'Astrologia, la quale riesce a fargli perdere la nomina a Consultore, ma non ancora la benevolenza Papale. Discussione avuta pure col Ridolfi e con fra Raffaele Visconti socio del Mostro circa le opinioni unanimi degli astrologi, che predicono la morte di Urbano pel febbraio 1630; il Campanella la sostiene invece pel 1643-44 (350). Investigazioni sulla faccenda della suddetta stampa clandestina eseguita dal Brogiotti per perdere il Campanella; indizii che farebbero ammetterla. Conosciuta l'accusa mossagli di disobbedienza e superstizione, il Campanella scrive l'Apologeticus ad libellum de fato siderali, che è approvato da due censori; conosciuti inoltre gli autori della stampa, dimanda ed ottiene che si faccia un'inchiesta, la quale rimane poi interrotta per volontà del Cardinal Barberini. Gli è pure concessa in massima da Urbano una Chiesa con locale pel Collegio da istituirsi, ed egli scrive il libro De Gentilismo non retinendo; ma in sèguito il Cardinal Barberini fa cadere la concessione (356). Nel 1630, per opera dello stesso Cardinale, il Campanella trova difficilmente accesso alle udienze di Urbano, essendosi divulgata la voce, anche dal Ridolfi e dal Mostro, che egli tratti con Urbano di astrologie e di cose di Stato, massimamente circa il Regno di Napoli. Scrive con vigore al Cardinal Barberini, dimandando che gli lasci fare il Collegio, e gli si lasci stampare le sue opere anche senza il suo nome. Più tardi scrive pure ad Urbano, non potendo averne udienze, e si lagna del Mostro, che gli ha tolte le approvazioni date all'Atheismus, e del Ridolfi, che non spedisce a' revisori le altre opere già rilasciate dal Santo Officio e cascate dall'Indice, inoltre si raccomanda perché faccia dar sèguito all'inchiesta sulla stampa dell'opuscolo De fato siderali, e faccia dar fuori il Breve circa la Chiesa e il Collegio. Queste due ultime domande rimangono inascoltate; ma la prima è accolta, e così sono menate innanzi le revisioni, e quindi ottenute anche le licenze, per l'Atheismus, la Monarchia Mexiae, la Philosophia rationalis, ma si produce ritardo pel Reminiscentur (363). Nel maggio del detto anno il Campanella probabilmente s'incontra in Roma col Galilei, venutovi per provvedere alla stampa del suo "Dialogo": mosse del Galilei a tale scopo; il Campanella gli avea già da parecchi anni consigliato di scrivere l'opera in Dialogo, ma non può dirsi che in quest'anno l'abbia animato a pubblicarla. Forse anche il Galilei è costretto a dare pronostici sulla vita di Urbano, che gli astrologi sostenevano avesse a finire verso l'agosto; se ne divulga la voce, e si fa correre stampato un analogo "Discorso" del Campanella, probabilmente estratto dall'Astrologia; ma il Campanella riteneva sempre che Urbano avrebbe avuto molti altri anni di vita, e poco dopo scrive in tal senso e consegna lo scritto al Ceva Maestro di Camera di Urbano (374). Le visite del Campanella ad Urbano si fanno sempre più difficili: vi contribuiscono di certo le gravi contingenze politiche col vivo risentimento degli spagnuoli, e la larga diffusione de' pronostici sfavorevoli degli astrologi; ricordi di tutte queste circostanze. Notizia dell'invio de' Cardinali spagnuoli a Roma per un Conclave creduto prossimo, e sdegni per tale fatto. Urbano ordina un processo contro Don Orazio Morandi ed altri astrologi e copisti di Avvisi (381). Esposizione e critica del detto processo; cenno de' principali imputati e de' loro costituti. La biblioteca, nella quale si conservavano le scritture astrologiche, viene frugata dagli amici, che distruggono quelle compromettenti: il giudice trova ancora moltissime scritture, ma una sola concernente la vita di Urbano, rappresentata da un Discorso di fra Raffaele Visconti favorevolissimo alla lunga vita del Papa, con una frecciata anche al Campanella, che nell'Astrologia avea sostenuta una dottrina diversa; circostanze che menano a far credere tale Discorso fittizio e di seconda mano, come dopo varii anni il Campanella ebbe a scrivere. Fine del processo, essendo morto in carcere il Morandi: esilio al Visconti; galera a' copisti. Urbano ordina che i Cardinali Vescovi vadano alle loro Chiese, e proibisce di ricever visite a un frate che era consultato su cose future da molti, tra' quali il Cardinal Borgia: avendo il Borgia cercato di difendere il frate, Urbano gli rinfaccia che andava a prenderne gli oracoli, ed egli risponde che gli oracoli del frate sono molto migliori de' consigli e pensieri del Campanella; questo contribuisce ad un allontanamento definitivo del Campanella da Urbano (388).
III. Nel 1631 il Campanella vede più che di rado Urbano; il quale è dominato anche dalla paura, per la notizia che i Cardinali spagnuoli sarebbero venuti a Roma e per talune altre circostanze; ma si conforta più tardi co' gravissimi avvenimenti di Germania, e con la presa di possesso di Urbino, che gli dà l'occasione desiderata di far Prefetto di Roma il nipote Don Taddeo, quantunque ne sorgano gravi quistioni di etichetta e perfino una rottura con Venezia. Il Campanella è costretto anche a dissimulare il fatto dell'allontanamento suo dal Palazzo, ma nell'aprile, scrivendo al Galilei, gli dice che starebbe volentieri in Firenze, se il Granduca si degnasse sovvenirlo (401). Oltre agli ostacoli per le licenze di stampa, incontra un ostacolo assoluto per l'insegnamento, dicendosi che non è Tomista, ciò che lo mena in controversie teologiche nel convento, per provare che il Mostro veramente non conosce San Tommaso; scrive intanto l'opuscolo Dell'assistenza de' Cardinali nella Curia, e compie quasi del tutto i Commenti alle Poesie di Urbano formandone un 2° volume; compie anche la stampa dell'Atheismus e lo pubblica, ma dopo 6 mesi dalla pubblicazione Urbano lo legge ed ordina che vi si sopprima la natività di Cristo; il Mostro poi vi trova ancora altre cose astrologiche e lo sequestra definitivamente; ragioni che il Campanella adduce in suo favore ma senza profitto (408). Esasperato, giunge ad ottenere un'udienza e presenta ad Urbano le Censure sul libro delle Litanie del Mostro, che avea cominciato a scrivere fin dall'anno innanzi, ma Urbano lo scaccia dalla sua presenza. Nel settembre manda una lettera ad Urbano, annunziandogli che ha scritto il resto de' Commenti e si potrebbero stampare, pregandolo che faccia vedere le Censure presentate ed ordini la liberazione dell'Atheismus dopo la correzione da lui voluta, insistendo infine per l'assegnazione della Chiesa col locale pel Collegio da istituirsi, mentre il Marchese Manso vuol fornire le sue sostanze per esso; ma solo pe' Commenti ottiene che siano dati a' revisori, pel resto nulla; scrive allora in sua difesa la Disputatio in Bullas con tra iudiciarios e la consegna all'Oreggio teologo Papale; notizie intorno a costui (416). Relazioni assidue del Campanella con distinte persone francesi e con gli Ambasciatori di Francia, e sue visite di tempo in tempo, per prudenza, agli Ambasciatori e persone distinte di Spagna; dall'Ambasciator Brassac fa scrivere al Richelieu che guardi la propria persona dalle insidie degli spagnuoli, e cerca così di procurarsi un altro appoggio vedendo mancare quello di Urbano; frequenta la casa Marescot, dove si stringe in amicizia specialmente col Naudeo, che gli dà poi occasione di acquistar relazioni con altri dotti francesi. Notizie sul Naudeo; richiesto da lui il Campanella gli detta il Syntagma de libris propriis con qualche altro opuscolo, ed egli imprende a scrivere il "Panegyricus Urbano VIII ob beneficia in Campanellam" (422). Il 1632 scorre non meno angustioso pel Campanella. Urbano, lieto pe' successi di Gustavo Adolfo contro gli austro-ispani, va in grandissimo sdegno per la protesta che il Borgia gli legge in Concistoro da parte del Re di Spagna; diviene malinconico dopo la legazione del Cardinale Pàzmàny, si ammala dopo la notizia del recupero di Praga, e il Cardinal Barberini ne profitta per trattare accomodamenti con gli spagnuoli. Ristabilitosi in salute dà sfogo a' suoi umori con atti di severità contro varii Cardinali e poi anche contro il Galilei; verso la fine dell'anno, sente con gran dispiacere la morte di Gustavo Adolfo che fa inorgoglire Spagna e dà motivo al Cardinal Barberini di farle carezze. Il Campanella è tenuto tanto più lontano dal Palazzo Apostolico; vede approvati i Commenti, ma dichiarate insussistenti le Censure al libro del Mostro anche per opera dell'Acquanegra, circostanza che lo fa tacere; e il Mostro pone all'Indice tutte le opere del Campanella non stampate o non approvate in Roma, dandone per motivo che l'autore non le ha riconosciute per sue, fatto che apparisce rimasto ignoto al Campanella (428). Sèguito delle relazioni col Naudeo ed altri francesi illustri. Il Naudeo lo trova più dotto ed universale di quanto se l'era immaginato, se ne mostra entusiasmato e stringe con lui intimità tale da farsi perfino confidare che era stata una baia l'aver veduto il diavolo ed avergli parlato; si fa poi dare tutte le minute di ciò che egli scrive, gli dà anche temi per lettere a varii personaggi, da non doversi mandare ma conservare, conservandole egli stesso, e in somma ne espila quanto può e come può; il Campanella gli porta altrettanto affetto e lo raccomanda anche al Brassac. Partecipando la sua intimità col Campanella agli amici lasciati in Francia, costoro, e primo fra tutti il Gassendi, scrivono e talvolta mandano quesiti al Campanella; notizie delle lettere scambiate col Gassendi, al quale il Campanella non tace che gli rincresce vederlo ammiratore della filosofia di Epicuro; notizie degli altri corrispondenti, cioè Mersenne, La Mothe le Vayer, Diodati, Moreau, i fratelli Puteani, Guido Patin; notizie di altri venuti successivamente in relazione col Campanella, cioè il Peirescio, Hay du Chatelet, Giovanni Bourdelot, ed ancora Baudier, Saint Amant, Pietro Michon Bourdelot, capitati in sèguito a Roma (437). Incidenti degli opuscoli scritti dal Campanella pel Naudeo e dal Naudeo pel Campanella. Un opuscolo De conflagratione Vesuvii è scritto dal filosofo, mentre il Naudeo ne scriveva un altro dello stesso tema che fu poi pubblicato in Francia, e non trovasi registrato nel Syntayma de libris propriis; questo Syntagma, con l'aggiunta De recta ratione studendi è dettato ad istanza del Naudeo mentre egli doveva scrivere un analogo "Syntagma de studio liberali", e non ostante le esplicite assicurazioni del Naudeo non potè mai più essere riveduto e tanto meno vedersi pubblicato durante la vita dell'autore, onde risulta infarcito d'inesattezze; inoltre una Vita Campanellae è dettata pure ad istanza del Naudeo, e nemmeno fu pubblicata mai non ostante le vive premure dell'autore, né trovasi registrata nel Syntagma e deve dirsi perduta, ma senza grave danno perché composta co' soliti equivoci e garbugli. D'altro lato il "Panegyricus" è scritto dal Naudeo in disparte dal Campanella, il quale conosciutolo ne desidera grandemente almeno la presentazione ad Urbano ma senza riuscirvi mai, venendo poi pubblicato a tempo della morte di Urbano e risultando così un inutile e miserabile tessuto di menzogne e false lodi. Il Naudeo afferma al Campanella che ha mandato a stampare in Francia i due Sintagmi, e manda soltanto il proprio; così l'amicizia si raffredda. Il Campanella scrive 1'Esposizione sull'epistola di San Paolo per l'Ambasciatore Brassac, ed ancora un Dialogo politico in favore di Francia, dove si trovano accennate le sue vere condizioni in Roma (445). Nobile condotta del Campanella in quest'anno verso il Galilei, ad occasione del processo che Urbano gl'infligge. Circostanze della stampa dell'opera del Galilei approvata anche dal Mostro. Il Campanella aveva da un pezzo suggerito al Galilei di scriverla in Dialogo per preservarsi meglio, aveva anche desiderato molto di vederla stampata, e gli scrive dolendosi che prima non ha fatto vedere a lui il manoscritto e poi non gli ha mandato un esemplare del libro; ma infine lo riceve e loda assai, notando tuttavia che lo Scheiner se ne lagnerebbe e qualche perturbazione potrebbe nascere. Avuta poi notizia di una Congregazione avversa al libro nominata da Urbano, scrive subito all'amico, avvertendolo che il Mostro si agita contro di lui e divulga esserne il Papa sdegnato, prevedendo possibili gravi conseguenze, suggerendogli una via di difesa, ed offrendosi difensore egli medesimo insieme col Castelli (455). Origini del processo. Urbano, sobillato da alcuni gesuiti, si offende interpetrando male 1'impresa del tipografo e 1'interlocutore Simplicio, che crede rappresentare la sua persona. Doppiezza del Mostro presso il Magalotti ed anche presso 1'Ambasciatore Nicolini, che ne rimane ingannato: discorsi del Nicolini con Urbano e col Mostro, il quale lo addormenta dicendogli anche con giuramento che col mostrarsi calmi tutto finirebbe bene. Il solo Campanella si mostra oculato e da buoni consigli (459). Critica della Raccolta degli Atti del processo. Non vi si trova neanche una copia, ma appena un'annotazione, del precetto fatto al Galilei nel 1616; non vi si trova neanche la notizia di una Congregazione qualificatrice del libro nel 1632; non apparisce mai in azione il Fiscale; non si veggono assegnate le difese insieme con 1'avvocato e con la copia degli Atti. Una relazione ad Urbano, che vi si legge preliminarmente agli Atti del 1632, non è opera della Congregazione come si è creduto, ma del Padre Commissario, il quale fa un sunto di più scritture compresa quella della Congregazione. Il Mostro era componente di detta Congregazione e faceva da giudice e parte, la qual cosa non è stata finoggi riconosciuta; da ciò la sua brutta azione, e il Campanella non fantasticava svelandola. Nella relazione preliminare si comprendono : 1° le notizie sulla stampa certamente date dal Mostro, che avrebbe dovuto darle per deposizioni giurate, 2° quanto si pretendeva contro il Galilei, ciò che avrebbe dovuto manifestare il Fiscale, 3° quanto risultò dall'esame del libro fatto dalla Congregazione, della quale si volle ingarbugliare il ricordo (467). Deferito il libro e 1'autore di esso alla Congregazione Cardinalizia coll'intervento della Congregazione qualificatrice, il Campanella informa un Cardinale, e costui, egli solo, difende le ragioni del Galilei in una lunga discussione; fa inoltre pregare il Mostro che voglia presentare la sua Apologia, con la speranza che lo chiamerebbero così in seno alla Congregazione; ma il Cardinale, che verosimilmente fu il Zacchia, non riesce ad ottenere qualche risultamento, e il Campanella è minacciato, probabilmente dal Mostro. E subito lo partecipa al Galilei, né manca di scrivergli nuovamente, confermando che la causa si vincerebbe coll'adottare i consigli dati, cercando scusa di non aver continuato ad insistere nella difesa, ed aggiungendo copertamente che bisognava porre in rilievo l'essersi avuto licenza di stampare il libro. Nessun altro prese tanto interesse effettivo e mostrò di aver compreso a dovere le circostanze; il Castelli medesimo si mostrò inferiore al Campanella. Cenni della fine del processo e della dispettosa guerra fatta perfino alla memoria del Galilei; gravi danni veri che ne risultarono. Al contrario di quanto è stato affermato da alcuni, il Mostro non soffrì nulla per la causa del Galilei, e così pure il Campanella (477).
IV. I fatti politici svoltisi nel 1633-34 influiscono grandemente sull'animo di Urbano e sulle condizioni del Campanella. Ricordo di questi fatti e delle trattative di accomodamento con Spagna intraprese dal Cardinal Barberini; scene dei conflitti tra' due Cardinali Nipoti di opposte tendenze politiche; quistioni giurisdizionali con Napoli; proposte del Créqui e venuta del Noailles; vittorie austro-ispane, e depressione di Urbano che vive tra accessi di sdegno e di timore, rendendo assai tristi le condizioni degl'incolpati nella congiura di fra Tommaso Pignatelli scoperta in Napoli (485).Continuano sempre in Urbano le alternative di violenza e di debolezza col predominio della debolezza; circostanze grandi e piccine che v'influiscono; arriva di due Inviati spagnuoli, e notizia delle malie e sortilegii di Giacinto Centini a danno di Urbano; morte del Wallenstein, che pone sempre più in alto la Spagna; ripresa delle trattative del Cardinal Barberini con gli spagnuoli e fasi e conseguenze di esse; grande vittoria di Nordlingen ed abbattimento di Urbano (494). Non c'è indizio che il Campanella abbia avute mai più udienze Papali; tra gli scritti e le poesie anonime nel senso francese e nel senso spagnuolo comparisce un Distico, oltraggiante il Re di Francia, e il Campanella vi risponde con un altro Distico, che gli procura riprensioni dal Ridolfi; ma egli si procura così tanto maggiormente la protezione di Francia mancandogli quella di Urbano. Sta già in relazione col Padre Giuseppe cappuccino coadiutore del Richelieu, ed entra in relazione col Padre Giacinto, altro personaggio molto inteso; continua nelle relazioni co' dotti di Francia, ed il Gaffarel gli stampa in Venezia l'Index operum, avendone forse anche il De Gentilismo e i Medicinalium, i quali ultimi vanno a stamparsi in Lione, verosimilmente portati in Francia da Simone Croiset; notizie intorno a costui. Altre lettere del Gassendi al Campanella circa il Galilei; una prima lettera del Peirescio, che chiede al Campanella un parere sul libro "De veritate" del Barone Herbert, cui il Gassendi doveva una risposta; notizie favorevolissime date al Peirescio dal Kirker, dal Baudier, dal Suarez, dal Saint Amant intorno al Campanella; relazioni buonissime del filosofo col Créqui. Intanto il Ridolfi e il Mostro continuano ad avversarlo; 1'Atheismus rimane sempre sequestrato, i manoscritti del Reminiscentur e de' Commenti non sono restituiti, ed avendo il Campanella trovato modo di fare stampare la Monarchia Mexiae in Jesi, il Mostro glie la fa sequestrare, emanando anche un ordine, che gli autori dimoranti in Roma non possano stampare i loro libri altrove, ciò che, secondo il Naudeo, impedisce anche a lui lo stampare il Syntagma in Venezia (500). D'altro lato ricomincia la persecuzione degli spagnuoli, che vogliono ritenere anche il Campanella complice nella congiura del Pignatelli. Ricordi de' fatti di questa congiura; il Monterey fin da principio avea ritenuto che il Campanella vi partecipasse coll'intesa anche de' Barberini e de' francesi, ed avea fatto domandare a Roma che il Campanella fosse allontanato dalla città; iniqua risposta fatta dare dal Cardinal Barberini, aggravante il Campanella, in tale circostanza. Carcerazione di parenti ed amici del Campanella, fuga di suo fratello Giovanni Pietro che se ne viene a Roma; il Campanella ritiene che il Ridolfi lo danneggi presso il Monterey mediante il fratello Ludovico che sta in Napoli, vede anche chiesta ed ottenuta l'estradizione da Roma di Antonio Maria Pepe clerico complice del Pignatelli, e tanto maggiormente si stringe a' Rappresentanti di Francia. Non fa alcun altro tentativo per la stampa; lascia soltanto che il Failla consegni la Metafisica al Brugiotti, il quale promette di mandarla a stampare in Lione ma la ritiene presso di se; non può avere udienza mai neanche dal Cardinal Antonio divenuto protettore dell'Ordine, e gli scrive dolendosi dignitosamente e mandandogli una copia dell'opuscolo De Gentilismo (511). Continua lentamente il processo del Pignatelli in Napoli con una serie di condiscendenza inaudite da parte del Cardinal Barberini, e così il Pignatelli, ritenuto da Urbano non sentenziabile a morte, è abbandonato alla condanna di morte dal giudice ecclesiastico, e tormentato perché riveli i complici dichiara complice anche il Campanella, ma poi senza che la sua dichiarazione sia ratificata si ritratta ed è strozzato. Così il Monterey fa sentire che vuole avere la persona del Campanella, e il Cardinal Barberini non si cura di vedere se vi sia in ciò legalità ed equità, e dispone le cose in modo da farne seguire la fuga del Campanella in Francia equivalente ad un esilio perpetuo. Documenti tratti dagli Archivii di Spagna, di Roma e di Francia, ed ancora da quelli di Toscana e di Venezia, non che dagli Avvisi del tempo, intorno alla fuga del Campanella da Roma (517). Il Monterey non giunge a fare la domanda di estradizione, ma il Campanella giunge a sapere che aveva 1'intenzione di farla ed è atterrito, probabilmente da parte di Urbano e del Cardinal Barberini; si rifugia nel palazzo del Noailles, il quale va a vedere Urbano e gli domanda che protegga il Campanella; Urbano glie lo promette, ma nello stesso giorno gl'invia uno staffiere a ridomandare la sua parola e dire che lo faccia salvare lui se può, onde il Noailles è costretto a farlo fuggire in Francia. Il Campanella va prima presso 1'Ambasciatore veneto, volendo rifugiarsi piuttosto in Venezia, ma n'è distolto da lui, che non vuole creare imbarazzi al Senato: riceve passaporti dal Noailles e dal Cardinal Barberini, e perfino una lettera commendatizia dal Ridolfi, probabilmente a nome del protettore dell'Ordine Cardinale Antonio; ma appena giunto in Francia avrebbe dovuto restituire il passaporto del Cardinal Barberini, il quale finge anche di essere stato ignaro della fuga (523). Il Campanella si traveste da frate minimo e si fa chiamare fra Lucio Berardi; lascia la cura della sua valigia al giovane Bourdelot, che gli dà una lettera pel Peirescio; prende seco un compagno, che probabilmente è Filippo Borelli giovane fratello del celebre Giovanni Alfonso, e che rimase poi con lui in Francia e forse divenne in sèguito domenicano e filosofo col nome di fra Tommaso. Parte nella carrozza del Noailles la notte del 21 ottobre 1634, prende la via di Toscana e s'imbarca non senza pericoli in Livorno: la sua partenza non è conosciuta così presto; generalmente si ritiene che abbia voluto sottrarsi a' pericoli che correva per parte degli spagnuoli, ma taluno crede pure che sia stato atterrito da Urbano e Nipoti per basse vedute; il Naudeo mostra di credere che 1'abbia fatto per leggerezza, e teme che, se è andato in Francia, abbia presto a pentirsene (528).

INDICE DEL VOL. II.

Cap. III . - Il Campanella fuggito a Parigi (da ottobre 1634 a maggio 1639) pag. 1.
I. Arrivo del Campanella a Marsiglia, tra il 28 e 29 ottobre 1634, travestito da frate minimo e col nome di fra Lucio Berardi; sua lettera al Peirescio in Aix, risposta del Peirescio e lettera di felicitazione del Gassendi; sua andata ad Aix (1). Qualità del Peirescio; conversazioni fra' tre amici ed osservazione astronomica della congiunzione di Mercurio con Giove; atteggiamento del Campanella; lettera di risposta del Peirescio al Bourdelot in Roma e lettera commendatizia del Noailles al Peirescio in Aix (3). Il Campanella da Aix scrive ad Urbano, esponendo il dispiacere di aver dovuto fuggire per le ingiuste accuse fomentate da' suoi perpetui persecutori, e il desiderio di stampare i Commenti alle sue poesie, veder continuata la pensione, rese libere le sue opere sequestrate e ritenute cioè 1'Atheismus, la Monarchia, il Reminiscentur, permessa la stampa di quelle tuttora inedite con la revisione della Sorbona; provveduto generosamente di moneta dal Peirescio parte per Lione, accompagnato anche da Pietro Ruffi persona di fiducia del Peirescio (6). Giunto a Lione trova già stampati in gran parte i Medicinalium, non mandata a stampare la Metafisica dal Brugiotti di Roma che diceva di averla mandata; prende dal Banco De Rossi e Galilei altre 20 doppie dietro offerte fattegli per conto del Peirescio; parte andando in carrozza coll'Arcivescovo di Aix fino a Roanne, di là in barca per la Loira fino ad Orleans, quindi in carrozza e lettiga a Parigi; sue impressioni di viaggio (9). Arriva a Parigi il 1° dicembre, va in casa del Vescovo di Saint Flour fratello del Noailles; riceve visite di letterati e Signori che l'aspettavano; ma già il Cardinal Barberini ha inviate istruzioni al Nunzio ordinario Bolognetti e al Nunzio straordinario Mazarini di mettergli a' fianchi una spia, screditarlo, impedirgli che stampi, farlo mandare in un convento di Provenza o in Avignone, perchè potrebbe avere seguito e riuscire un eresiarca; anche il Cardinale Antonio ha già commesso al Mazarini di screditare il Campanella e accreditare il Ridolfi; azione de' due Nunzii nel detto senso e probabile pensiero riposto del Cardinal Barberini in tale faccenda; il Mazarini agisce presso i letterati e il Padre Giuseppe, il Bolognetti comincia dal cattivarsi Pietro Ruffi, col pretesto di fargli fare alcune distillazioni nelle quali valeva (11). Il Campanella scrive ossequiosamente al Cardinal Barberini ripetendo le doglianze e le istanze fatte già ad Urbano, scrive al Peirescio, e non appena fornito dell'abito domenicano va a Ruel a fare omaggio al Richelieu; gli si fa un donativo di 60 doppie e gli si assegna il convento de' domenicani riformati di Saint Jacobo nel borgo Sant'Onorato; i Nunzii, continuando a screditarlo, riconoscono che egli parla di Roma e del Cardinal Barberini con riverenza e con ogni riguardo; il Bolognetti, in sèguito di ripetuti ordini del Cardinal Barberini, gl'impone di non stampar nulla senza farglielo prima sapere (17). Il Mazarini partecipa al Cardinal Antonio che il Campanella parla bene anche di lui, chiede se debba continuare a screditarlo, dice che il Richelieu già lo stima un chiacchierone; suo interesse personale nello screditare il Campanella e accreditare il Ridolfi, per giovare al fratello Padre Michele Mazarini; suo atteggiamento in questa Legazione; il Cardinal Barberini, ripetendo sempre che il Campanella non deve stampare senza ordine di Sua Santità, dice al Mazarini che Sua Santità gli dava un sussidio caritativo di 15 scudi mensili, e che senza impegnarsi in nulla, per maggiore decenza, potrebbe pagargli di tempo in tempo un 50 .scudi calcolati al detto ragguaglio; il Cardinal Richelieu, con gaudio de' Nunzii, non stima opportuno che egli stampi il Dialogo politico (24). Il Campanella scrive anche al Cardinal Antonio, rinfacciando gli che non gli ha mai concesso udienze sebbene come protettore dell'Ordine ne avesse pure avuto l'obbligo, e lo prega di fargli rilasciare dal Mostro i libri sequestrati, anche col sottoporli a nuovo giudizio da parte della Sorbona, di fargli inoltre continuare la, pensione e stampare i Commenti alle poesie di Sua Santità; il 9 febbraio 1635 fa omaggio al Re, che lo riceve con molto onore, lo assicura della sua protezione, gli assegna una pensione mensile; il Mazarini anche comincia a dargli una 1° rata di 50 scudi; partecipando queste buone nuove in primo luogo ad Urbano, il Campanella lo ringrazia dell'avere ordinato la continuazione del sussidio, lo prega nuovamente di permettere che stampi i Commenti alle sue poesie e che ne faccia rivedere le opere alla Sorbona, lo scongiura di fargli restituire i libri sequestrati dal Mostro; al Peirescio poi, oltre all'udienza avuta, fa sapere che non è ancora in grado di restituire la somma presa in Lione, avendo dovuto mandare danaro a' suoi parenti perseguitati e carcerati in Napoli (29). Il Bolognetti, saputa la pubblicazione de' Medicinalium avvenuta in Lione, ricorre al Guardasigilli, ne fa sospendere il privilegio e con esso la vendita, rimprovera al Campanella di aver mancato alla parola data; il Campanella scrive al Del Pozzo perchè mostri al Cardinal Barberini che la stampa del detto libro fu intrapresa innanzi che egli partisse da Roma a premura del Gaffarel; riceve infine il brevetto della pensione Regia che è di 150 lire al mese, corrispondente a 720 scudi romani l'anno; lo scrive al Peirescio mostrando il suo contento e chiedendogli per quale via debba restituire la somma presa in Lione, ma il Peirescio avea gia saldato lui questo debito; viene a conoscere la guerra sotterranea che gli si fa mediante i Nunzii, apprende che il ms. della Metafisica è stato recuperato sborsando 30 scudi al Brugiotti, riceve dal Mazarini altri 50 scudi con l'obbligo anche di tener segreta questa carità di Urbano (36). Vive pertanto amato, carezzato, difeso; è onorato con poesie latine scritte in suo onore, delle quali ci è rimasto un saggio; in Ispagna si spera ancora di averlo nelle mani, e perfino di ottenerlo dal Cardinal Richelieu; il Peirescio e gli altri amici godono del suo felice stato; arriva da Roma ad Aix la sua valigia con gli scritti e con poche medaglie, venendo più tardi un pecorello antico di bronzo offerto in dono al Peirescio (41). Dolente ed indignato nel veder sospesa la pubblicazione dei Medicinalium, lasciate senza risposta le dimande circa le opere sequestrate in Roma e quelle da stamparsi in Francia, denigrata la sua riputazione da per tutto a premura del Ridolfi, scrive ad Urbano denunziando tutte le scelleraggini che il Ridolfi avea commesse e commetteva; compone gli Aforismi politici per le presenti necessità di Francia, e li presenta in segreto al Cardinal Richelieu e li manda anche ad Urbano; si decide infine a stampare le sue opere in Francia, e però chiede al Guardasigilli di poter dimandare licenza e privilegio per tutti i libri suoi, e l'ottiene malgrado che i Nunzii avessero assicurato il Cardinal Barberini che non gli sarebbe stato concesso; manda il libro De Praedestinatione e poi si presenta egli medesimo, il 2 maggio 1635, alla Sorbona, e n'è ben ricevuto ed ottiene che scelga i revisori a suo piacere (45). Effetti delle malignazioni ordinate da Roma; visita ritardata del Guy Patin al Campanella e suo giudizio poco favorevole intorno a lui; poca sodisfazione di alcuni amici perchè egli mostrava di non stimare la filosofia di Epicuro sostenuta dal Gassendi, e non risparmiava il Naudeo, dal quale veramente non aveva potuto ottenere nè che stampasse il Panegirico ad Urbano, nè che mandasse i mss. del trattato De libris propriis e della Vita Campanellae desiderata dal Padre Giacinto, ma aveva solamente potuto ricuperare l'opuscolo De' Titoli e si era acquietato; il Peirescio ne scrive al Diodati lagnandosi assai specialmente in riguardo ai giudizii circa la filosofia del Gassendi, il Campanella si discolpa spiegandosi intorno alla filosofia di Epicuro, e il Peirescio partecipa la cosa al Gassendi giudicando una scappatoia la distinzione fatta tra il Gassendi ed Epicuro (50). Il Diodati scrive al Gassendi ed anche al Peirescio per calmarlo; il Campanella scrive al Del Pozzo di procurargli un esemplare della Monarchia Mexiae pel Peirescio, e ripete le istanze per ottenere i libri sequestrati ed anche il permesso di porre a stampa i libri da pubblicarsi con la revisione di chi il Richelieu stimerebbe, scrivendone in pari tempo una cartolina al Mostro, oltrechè al Padre Marini e al Noailles; giuntagli poi la valigia scrive al Peirescio che poteva presumere calmato, e il Peirescio sì mostra finalmente calmato, accennando del resto aver saputo pure lo sparlare che egli faceva del Naudeo, e dandogli molti avvertimenti circa i modi da doversi usare in generale e co' dotti di Francia in particolare (54). Il Campanella ringrazia il Peirescio e si giustifica, accennando pure, in quanto al Naudeo, l'avergli dovuto far riprensione perchè si avea ritenuti i manoscritti che egli avrebbe potuto stampare in Jesi; il Peirescio si dichiara contento e dimanda qualche chiarimento circa i dispareri col Naudeo, dicendo che voleva aggiustarli e che glie ne scriverebbe due righe, intanto fa tenere al Campanella il pecorello di bronzo con le medaglie venute da Roma che il Campanella gli aveva offerto in dono; il Diodati rende una splendida testimonianza delle buone qualità del Campanella e si coopera a fare accettare dal Peirescio il pecorello e le medaglie; il Campanella, secondo la richiesta del Peirescio, indica le mancanze del Naudeo verso di lui, 1'aver presi tutti gli originali de' suoi opuscoli dicendo di volerli stampare, il non aver voluto presentare ad Urbano il Panegirico, il non aver voluto dare il ms. della Vita desiderato dal Padre Giacinto, il non aver voluto pubblicare il trattato De libris propriis e l'essersene servito come si era servito del Discorso De conflagratione Vesuvii, il non aver voluto restituire i detti opuscoli benchè sollecitatone dal Failla (59). Gode pertanto il Campanella in questo tempo la stima anche del Duca d'Orleans e della massima parte de' dotti di Parigi, nè rimane inoperoso; disputa con Calvinisti, risponde a quistioni scientifiche, e tra le altre a quella della grandezza nel punto e a quella delle cause dell'inondazione del Nilo, scrive una Comparsa Regia e poi un Discorso politico che mostra e spiega il passaggio dalle dottrine sul primato di Spagna a quelle sul primato di Francia, con molti avvertimenti e consigli alla Francia contro Spagna. Inoltre si dispone alla stampa dalle sue opere già presentate per la revisione; ma il Bolognetti gli fa sapere che non deve stampare neanche le opere approvate in Roma, e va presso il Guardasigilli a reclamare che non consenta che stampi e non dia privilegii, onde il Campanella se ne risente con fierezza presso il Cardinal Barberini; lo stesso fa il Mazarini, ed insieme col Bolognetti entrambi affermano a Roma avere il Guardasigilli ed anche il Riehelieu data loro intenzione d'impedire al Campanella lo stampare, la qual cosa poi non si verifica (63). Approvazioni successive della Sorbona date alle diverse opere; in agosto 1635 s'inizia la stampa del libro De Praedestinatione e si ottiene il privilegio per la Philosophia rationalis, poi si ottiene anche la licenza per l'Atheismus e per le Disputationum con favore e deferenza notevoli; il Bolognetti indirettamente e il Mazarini direttamente cercano d'impedire che stampi; il Richelieu e il Guardasigilli dicono essere stata data la licenza dopo di essere stata mostrata l'approvazione già concessa in Roma, e il Richelieu commette anche di pregare il Cardinal Barberini perchè la cosa non rechi pregiudizio al Campanella. Manda poi il Campanella alla Congregazione di Propaganda una lunga relazione di due Ministri Calvinisti convertiti, che espongono la necessità di alcuni provvedimenti per facilitare le conversioni, e torna ad insistere per avere il Reminiscentur, facendo sapere al Mostro che si difenderebbe con poco gusto di lui (69). Il Peirescio in segreto partecipa al Naudeo l'incidente occorso col Campanella ed anche la risposta avuta dal Campanella con la nota delle sue lagnanze circa il Naudeo, che il filosofo era stato richiesto di esibire; il Naudeo si discolpa con una lunghissima lettera, ma non mostra punto di voler restituire specialmente il trattato De libris propriis e la Vita che il Campanella avrebbe potuto utilmente stampare in Parigi, e si riserva di stampare a miglior tempo questi libri come anche il Panegirico. Il Peirescio comunica la lettera del Naudeo al Gassendi, che dichiara esservi più ragione da parte del Naudeo che da parte del Campanella, e così il Peirescio dichiara al Naudeo di rimanere appagato delle sue ragioni, senza occuparsi di far cessare i dispareri e lasciando un fomite di risentimento che scoppiò con molta gravezza più tardi. Intanto il Campanella, procedendo con molta cautela da tutti i lati, continua nella stampa intrapresa e gode sempre la benevolenza di molti dotti, non ostante il discredito per ordine di Roma, che i due Nunzii dicevano di essere giunti a procurargli (76).
II. Ne' primi mesi del 1636 il Campanella può dar fuori l'Atheismus co' libri De Praedestinatione e De Gentilismo, dedicando il volume al Re, ottiene inoltre l'importante conversione del Marchese d'Asserach, ma perde la pensione di Roma, da febbraio in poi non è più pagato ed invano reclama presso Urbano, essendosi anche il Mazarini ritirato in Avignone. Il Bolognetti partecipa al Cardinal Barberini che sebbene si sia riuscito a screditare il Campanella, non si è riuscito ad impedire che stampasse; la Congregazione di Propaganda delibera di fare scrivere al Richelieu che il Campanella per troppo zelo nel convertire i Magnati francesi potrebbe far nascere disordini, e però lo facesse astenere dall'occuparsene; si fa anche correre la voce in Roma che l'abiura del D'Asserach sia falsa, e il Campanella se ne duole col Cardinal Barberini, raccomandandosi pure per la pensione, tanto più necessaria perchè la pensione Regia a motivo delle guerre cominciava a pagarsi con stento. La Sorbona, essendone mutato il Sindaco, probabilmente con l'intelligenza di Roma, annulla la deliberazione anteriore circa il Campanella, riprova le approvazioni date alle opere di lui, vieta che i revisori siano presi tra' frati appartenenti allo stesso Ordine dell'autore (84). Il Campanella continua ad attendere alla stampa, e mena innanzi contemporaneamente la Philosophia rationalis, 1'opera De sensu rerum e le Disputationum; il Naudeo intanto si risente di nuovo per notizie recategli da un frate minimo venuto da Parigi ed inviategli anche dal La Mothe, si lagna presso il Bourdelot e il Failla in Roma, scrive al Peirescio minacciando di pubblicare le lettere del Campanella partecipategli dal Peirescio confidentemente, e tra mille contumelie contro il filosofo vuole che egli sappia che se non ne avrà tra sei settimane una ritrattazione, pubblicherà tante "indignazioni latine" contro di lui da farlo pentire, ma non pensa a restituire i mss. degli opuscoli appartenenti al filosofo, nè il Peirescio ve lo spinge, preferendo di rimanere impassibile in questa tempesta da lui suscitata. In seguito il Naudeo si rivolge al Diodati e al Gaffarel per aver la detta ritrattazione, e con nuove e piu grosse contumelie contro il filosofo, ed anche con basse insinuazioni, prega il Peirescio di scrivere lui pure appoggiandone le richieste; da ultimo fa sapere di avere avuto la sodisfazione desiderata, e pur sempre ritiene i mss. appartenenti al Campanella, il quale, per la deferenza agli amici e lo spirito di sacrificio, fa la figura migliore in mezzo a tutti costoro (90). Fra tante angustie il Campanella pubblica ancora opuscoli polemici contro quelli del La Milletière, e ne dà notizia ad Urbano supplicandolo sempre pel pagamento della pensione, ma sempre invano; per commissione del Richelieu fa in Conflans una conferenza circa l' autorità del Papa; rinnova le istanze per la pensione Papale esponendo la sua miseria, ma non trova ascolto; viene anche a sapere che in Roma sono state presentate censure contro il suo libro De Praedestinatione e supplica di nuovo per avere queste censure, ma egualmente invano; .si ammala gravemente ed è soccorso con munificenza dal Richelieu; scrive poco dopo alla Regina d'Inghilterra perchè solleciti dal Re la libertà del culto pei suoi sudditi, e spera di essere da lei chiamato a Londra; continua a rivolgersi ad Urbano ed anche al Cardinale Antonio, chiedendo le censure e la solita elemosina, e mandando di nuovo le censure già altra volta da lui fatte al libro del Mostro, che ritiene insieme col Ridolfi ispiratore delle censure al libro De Praedestinatione (98). Malgrado che non abbia mai risposte, scrive di nuovo ad Urbano per diverse vie, ed anche al Cardinal Francesco, rinnovando le istanze pei libri, per la pensione, per le censure, e facendo conoscere la miseria che l'opprime; viene a sapere essere stato detto da Urbano che la pensione si pagava, e che il suo libro De Praedestinatione era contrario a San Tommaso, contrario all'Ordine domenicano, tendente al Pelagianismo, e scrive nuovamente per dire che Sua Santità è ingannata, ed a sua difesa manda 11 proposizioni appartenenti all'Alvarez, che dichiara eretiche. Il Cardinal Barberini, temendo che egli vada in Inghilterra, scrive a Giorgio Coneo Agente Pontificio in Londra, che trovi modo di non farlo ricevere dalla Regina; raccomanda inoltre al Bolognetti che lo esorti a non scrivere sul tema De Auxiliis (104). Intanto il Campanella si mantiene sempre in eccellenti relazioni col Richelieu, che si serve di lui per pareri in cose di Stato, come è ricordato anche dal Foerstner testimone oculare; tuttavia la pensione Regia non gli è pagata; trova per altro un insigne benefattore in Claudio Bullion, che l'aiuta per l'edizione de' libri e pel sostentamento. Ma nel convento gli manca la pace e l'assistenza, pel cambiamento di priore avvenuto con l'influenza del Ridolfi; è costretto a provvedere da sè anche al suo trattamento ed è accusato in Roma di prodigalità, onde per un'ultima volta scrive ad Urbano che ne era sdegnato, dichiarando di non aver ricevuto nulla della pensione Papale da 15 mesi e nulla della pensione Regia da un anno, di vivere a spese degli amici ormai infastiditi, di essere tuttavia perseguitato dal Ridolfi in tutti i sensi, nè lascia di reclamare specialmente per la restituzione de' libri e pel pagamento della pensione, ma sempre invano (110). Compie intanto la stampa e pubblicazione del libro De sensu rerum e delle Disputationum con la Filosofia reale, dedicando il primo al Richelieu, le seconde a Pietro Seguier, introducendovi anche una menzione onorevole pel Peirescio, il quale per altro muore il 24 giugno 1637, prima che l'opera vegga la luce; inoltre continua la stampa della Philosophia rationalis ed imprende quella della Metafisica. Nè lascia di occuparsi delle conversioni, e riduce alla Chiesa Pietro De Bellis di Napoli già domenicano ed apostata, pel quale dimanda a Roma un Breve, ma la sua dimanda è respinta; ha nuovo motivo di lagnarsi del Mostro, o piuttosto del Cardinal Barberini, che avversa l'inserzione del nome suo nell'orazione funebre letta dal Bouchard in Roma in commemorazione del Peirescio (114). Rimane sempre in Parigi ad attendere alla stampa e alle conversioni, e non va in Olanda come è stato sbadatamente affermato; si lagna col Segretario di Propaganda per le ingiuste deliberazioni prese circa il De Bellis; compie poi la stampa della Philosophia rationalis dedicata a' fratelli Noailles, e così pure quella della Metafisica che dedica al Bullion, e non può stampare altro, non essendo stata approvata in particolare la Teologia da' revisori, senza dubbio scelti non tra' soliti Padri domenicani amici, in forza della 2ª deliberazione avversa presa dalla Sorbona su tale proposito; scrive al Del Pozzo, raccomandandosi anche a lui per avere le censure fattegli, e si palesa deliberato di far rivedere dalla Sorbona le scempiaggini stampate dal Mostro sulle Litanie (120). Conosciuta questa intenzione del Campanella, probabilmente per comunicazione della lettera di lui fatta dal Del Pozzo, il Mostro scrive con la solita ipocrisia una lunga lettera all'indirizzo del Campanella, scolpandosi ed anche facendo pompa de' suoi meriti e della sua autorità; ma tutto mena a far ritenere che questa lettera esistente tra le scritture lasciate dal Mostro non sia stata mai inviata, e nuovi documenti rivelano che il Campanella desistè dal pubblicare le censure fatte al Mostro, dopochè il giovane Bourdelot, già tornato in Francia, lo pregò in nome del Del Pozzo, e l'assicurò che il Mostro non avrebbe fatto nulla contro di lui, la qual cosa del resto non riuscì vera (126). Avendo la Regina dato alla luce un figliuolo dopo 22 anni di sterilità secondo le predizioni del Campanella, per desiderio di lei e per ordine del Richelieu il Campanella fa la Natività o genitura astrologica del Delfino; comunque non autentico, il testo della Natività riesce credibile; molto liberamente il Campanella predice la lussuria, la superbia, la durezza, con la lunghezza e felicità di regno del futuro Luigi XIV e la fine non corrispondente al principio, con la confusione nella religione e nell'impero. Inoltre compone un Carme per la stessa occasione, col titolo di Ecloga, e lo pubblica nel gennaio 1639; due censure gli son fatte sul detto Carme, 1'una filologica alla quale risponde, l'altra astronomica; da esso, e dalle note che lo corredano, emerge la fede dell'autore sempre viva nel doversi l'umanità riunire in una sola famiglia e edificare la Città del Sole (132). Il Campanella invia un esemplare del detto Carme al Cardinal Antonio; lo prega nuovamente per avere il Breve a favore del De Bellis e le censure fattegli da' Minervisti; gli dà alcuni consigli, e si appella al giudizio del secolo futuro e infine a quello di Dio. Si occupa ancora di conversioni ed ottiene quella di un Signor Lalù; scrive per l'ultima volta anche al Cardinal Barberini, insistendo sull'affare del De Bellis e sulle censure alle quali vuole rispondere, lagnandosi inoltre del Mostro che travagliava i librai e lui stesso come eretico. Il suo carteggio con Roma dovè poi languire, anche perchè il Castelvillano, ordinato prete, trovavasi deluso nelle speranze del Cardinalato fattegli concepire da' Barberini, e il Contestabile Colonna trovavasi oppresso da una lenta malattia che nell'aprile lo trasse alla tomba (144). Il Campanella medesimo sentivasi già minacciato nella vita dall'eclissi solare che doveva compiersi il 1° giugno 1639; tra le meraviglie de' frati esegue tutte le pratiche da lui insegnate nel libro De fato siderali vitando, ma oppresso da dolore colico e da febbre, munito di tutti i conforti della religione muore il 21 maggio 1639; solenni funerali gli son fatti, con gran concorso di popolo, di eruditi e di Signori; un documento inoppugnabile attesta il dispiacere provato dal Re, dal Richelieu e da' Signori della Corte; con la distruzione poi del convento, divenuto sede dei Giacobini a tempo della grande rivoluzione, il suo corpo andò disperso, al pari de' pochi ma importanti manoscritti da lui lasciati (148). Il Mostro non tardò egli pure a morire di apoplessia il 30 maggio; il Ridolfi visse ancora fino al 1650 ma venne a soffrire un'atroce persecuzione da parte di Urbano e de' Cardinali Nipoti secondati dal Padre Michele Mazarini, per avere, giusta le predizioni del Campanella, avversato gl'interessi di casa Barberini, contribuendo con gran segretezza al matrimonio della ricchissima nipote del Cardinale Aldobrandini con Paolo Borghese, mentre i Barberini la volevano per la casa loro (153). Dopo la morte del Campanella, il Naudeo più di tutti si occupò di lui: ne parlò nelle sue "Considérations politiques sur les coups d'estat"; compose un epigramma ampiamente lodativo pel ritratto che volle avere di lui il Del Pozzo; pubblicò il trattato De libris propriis, ed infine con un pretesto, verso il tempo della morte di Urbano, pubblicò il "Panegirico", dedicandolo per giunta a' due Cardinali Nipoti, che non poteva ignorare essere stati persecutori iniqui del filosofo. Da parte de' napoletani che si occuparono del Campanella possono citarsi appena il Rocco e il Crasso; fu poi fatta dal Lavagna una raccolta di particolarità recondite intorno al filosofo, ma essa andò perduta. Il Cyprianus e poco dopo 1'Echard ne fecero in seguito le prime biografie memorabili (155). Condizioni fisiche del Campanella e suo ritratto; facoltà morali, sempre sotto 1' impero della credenza ad una missione altissima cui si stimava nato, oltre la combattività, grande circospezione ed astuzia, grande stima di sè congiunta con la vanità, grande fermezza confortata dalla speranza, ampia benevolenza; facoltà intellettuali percettive e riflessive ricchissime, grande ingegno e prodigiosa memoria (160). Concetti veri del Campanella quale novatore e riformatore in politica e in religione: è assodato che ebbe concetti riposti, e da' ricordi degli accidenti della sua vita, in riscontro con le opere da lui successivamente pubblicate, emerge che convinto di avere nella sua natività pianeti ascendenti favorevoli più che non ne avesse avuti Gesù, e però di essere destinato a riunire tutta l'umanità in una sola famiglia e sotto una medesima legge divenendo Monarca del mondo, fin da' primi suoi passi dovè meditare sul modo migliore di assetto dell'umanità, ma cominciò dall'occuparsi della via atta a riunirla, e professando il principio di una teocrazia assoluta, e non potendo ancora porre innanzi l'azione propria, pose innanzi il Papato sorretto dal braccio più potente di quel tempo, il braccio di Spagna, scrivendo la Monarchia de' Cristiani, il Reggimento della Chiesa, i Discorsi a' Principi d'Italia (166). Poi essendovi diffuse aspettative di novità al sorgere del nuovo secolo, ed avendo fatto studii speciali sulle profezie e sull'andamento degli astri, scrisse ancora i Segnali della morte del mondo e la Monarchia di Spagna, col disegno di servirsene pure per mezzo di difesa nel caso d'insuccesso, ed osò tentare in Calabria il movimento politico-religioso accennando que' principii che più tardi venne ad esporre nella Città del Sole; travolto in orribili miserie, carcerato e tormentato, quando si credè salvo per avere ben sostenuto un atroce tormento scrisse appunto la sua immaginaria Città del Sole, mostrando i vantaggi dello Stato diretto da' puri lumi naturali, con un preside Re e Sacerdote ad un tempo, munito di autorità assoluta, con ordinamenti spinti fino alla comunanza de' beni e delle donne, ma sempre co' massimi riguardi alla società più che all'individuo e col predominio assoluto dell'ingegno e della dottrina, non riconoscendo la natura divina in Gesù Cristo, ed ammirando la religione de' Cristiani ma aspettando anche in essi la vita del tempo degli Apostoli (169). Cessata di poi ogni speranza, scrisse l'Ateismo debellato, la Monarchia del Messia etc., tornando alla via che fu di ripiego in principio e divenne di necessità in sèguito; eppure specialmente nell'Ateismo non potè sempre nascondere del tutto alcuni de' concetti espressi nella Città del Sole, e del resto così nelle Poesie scritte durante e dopo, il periodo in cui scrisse l'Ateismo, come nelle Quistioni sull'ottima repubblica, mostrò di avere sempre fissa nel cuore la Città del Sole; poi alla Spagna svigorita sostituì la Francia vigorosa nell'ufficio di braccio del Papato, spingendosi fino a scrivere il Discorso politico su' rumori passati di Francia, senza lasciare di far sapere che attendeva sempre l' edificazione della Città del Sole (172). La Città del Sole deve quindi ritenersi la somma de' veri concetti politico-religiosi del Campanella, non sua utopia ma suo vivo desiderio e fede costante; nella dedica del libro De sensu rerum ne assegnò l'edificazione al Richelieu, nell'Ecloga, ultimo suo lavoro, ne indicò il Delfino di Francia quale eroe a ciò destinato; e non era il Papato romano quello che avrebbe rappresentata la nuova Monarchia teocratica, dovendo questa perfino aversi non in Roma, bensì nella Città Eliaca di nuova fondazione, come nell'Ecloga è detto (174). Così il Campanella non potè mai parlare chiaramente, in particolare circa lo Stato e la Chiesa, ma le buone notizie biografiche danno il più grande aiuto ad intenderlo meglio; e tanto per gli scritti suoi, quanto per gli strazii sofferti, risulta degno della più profonda venerazione (178).

DOCUMENTI

I. DOCUMENTI RELATIVI ALLA DIMORA NE' CASTELLI DI NAPOLI
A. - Biglietti ed ordini Vicereali
nn. 1.-92. [Dal 16 ottobre 1602 al 30 maggio 1626; tra' più antichi son compresi anche parecchi concernenti i socii del Campanella e i loro fatti]pag. 1
B. - Memoriali mandati a Madrid per la liberazione
nn. 93.-94. [Del 15 settembre 1622 e 12 settembre 1625; dal Campanella e da' domenicani di Calabria]pag. 21
C. - Carteggio de' Nunzii in Napoli con la Corte di Roma
nn.95.-106. [Dal 19 luglio 1616 al 7 luglio 1626; de Nunzii Filonardi e Diaz]pag. 21
D. - Carteggio di Giovanni Fabri; lettere dello Scioppio ed altri
nn.107.-183. [Dal 26 aprile 1607 al 31 marzo 1621; di Scioppo, Velseri, Zvecchio, Arciduca Ferdinando, Terrenzio, Fabri, Campanella; parecchie già pubblicate dal Berti, rivedute e corrette; oltre 40 inedite e molte edite in parte; in appendice le Cifre adoperate dallo Scioppio pel Campanella, con la deciferazione investigata]pag. 25
E. - Lettera del Campanella allo Scioppio, proemiale all'Atheismus triumphatus
n.184. [Del 1° giugno 1607; già pubblicate dallo Struvio riveduta e corretta]pag. 56
F. - Lettere del Campanella al Galilei
nn.185.-186. [Dell'8 marzo 1614 e 3 novembre 1616; già pubblicate dall'Alberi, rivedute e corrette ]pag. 65
nn.187.-190. Appendice; Lettere de' corrispondenti del Galilei intorno al Campanella [dal 6 settembre 1616 al 10 novembre 1617; di Failla, Colonna, Adami; una inedita]pag. 67
G. - Lettera del Campanella al Cardinale Gabriele Trexo y Paniaque
n.191. [Del 14 dicembre 1624; con un brano della risposta]pag. 69
H. - Lettere del Campanella al cavalier Cassiano del Pozzo in Roma.
nn.192.-196. [Dal 25 giugno al 18 novembre 1624; già pubblicate dal Baldacchini, rivedute e corrette]pag. 71
I. - Opuscoli del Campanella
n. 197. 1. Discorsi universali del Governo ecclesiastico per far una gregge et un pastorepag. 75
n. 198. 2. a. -Discorso sopra la fragilità di Venetiapag. 98
b. - Parere d'uno che fu richiesto di dirlo intorno allo stato dell'interdetto seguìto contro Venetianipag. 101
n. 199. 3. Consultazione, o Arbitrii, sopra l'aumento dell'entrate del Regno di Napolipag. 108
n. 200. 4. Memoria scritta per la liberazione da' Castelli di Napolipag. 123
n. 201. 5. De' Titolipag. 138
II. DOCUMENTI RELATIVI ALLA DIMORA IN ROMA
A. - Fogli di Avvisi; Avvisi di Roma
nn. 202.-204. [Del 22. luglio 1626 al 4 novembre 1634; dalla collezione Urbinate e dalla collezione Estense]pag. 148
B. - Carteggio di Giovanni Fabri; lettere dello Scioppio e del Fugger
nn. 205.-209. [Dal 7 agosto 1626 al 9 gennaio 1629; continuazione]pag. 152
C. - Carteggio dell'Ambasciatore toscano in Roma
nn. 210.-212. [Dal 20 luglio 1628 al 24 ottobre 1634]pag. 153
D. - Carteggio del Residente di Modena in Roma
nn.213.-215. [Dal 29 settembre 1629 al 21 dicembre 1630pag. 154
E. - Carteggio dell'Ambasciatore veneto in Roma
nn. 216.-217. [Lettera del 19 agosto 1628 e 21 ottobre 1634]pag. 154
F. Carteggio del Residente veneto in Napoli
n. 218. [Lettera del 17 ottobre 1634]pag. 155
G. - Carteggio del Nunzio Pontificio in Napoli
nn. 219.-223. [ Dal 20 agosto 1633 al 9 dicembre 1634 ]pag. 156
H. - Atti. esistenti negli Archivii di Napoli
nn. 224.-226. [Dal 13 marzo al 6 ottobre 1634]pag. 157
I. - Carteggio dell'Ambasciatore francese in Roma
nn. 227-231. [Dal 19 aprile 1631 al 22 novembre 1634]pag. 158
K. - Lettere del Campanella al Comissario del Santo Officio e ad Urbano VIII
nn. 232.-234 [ Dal 1627 a 29 settembre 1631 ]pag. 160
L. - Lettere del Campanella al Galilei
nn. 235-240. [Dal 26 aprile 1631 al 22 ottobre 1632; continuazione]pag. 163
M. - Opuscoli del Campanella
n. 241 1. Avvertimento al Re di Francia, al Re di Spagna, et al Sommo Pontefice, circa alli passati e presenti mali d'Italiapag. 168
n. 242 2. Apologetieus ad libellum de siderali fato vitandopag. 172
n. 234 3. Proemio e tavola delle Censure sopra il libro del P. M. (Padre Mostro)pag. 179
n. 244 4. Discorso politico del Padre fra Tommaso Campanella tra un Veneziano, Spagnolo e Francese, circa li rumori passati di Franciapag. 185
III. DOCUMENTI RELATIVI ALLA DIMORA IN PARIGI
A. - Fogli di Avvisi; Avvisi di Roma
nn. 245.-246. [dal 17 gennaio 1635 al 25 giugno 1639; tratti dalla collezione Estense e dalla collezione Corsiniana]pag. 215
B. - Carteggio Galileiano; lettere di Roberto Galilei
nn. 247.-248. [Del 27 novembre e 24 dicembre 1634, da Lione ]pag. 215
C. - Carteggio dell'Ambasciatore francese in Roma
nn. 249.-253. [Dal 14 dicembre 1634 agli 11 ottobre 1635; continuazione]pag. 216
D. - Carteggio dell'Ambasciatore spagnuolo in Roma
n. 254. [Lettera del 2 aprile 1635 ]pag. 217
E. - Carteggio in cifra di Monsignor Bolognetti Nunzio ordinario in Francia
nn. 255.-274. [Dal 23 ottobre 1634 al 27 maggio 1639]pag. 218
F. - Carteggio in cifra di Monsignor Mazarini Nunzio straordinario in Francia
nn. 775.-298. [Dal 22 novembre 1634 al 15 marzo 1636; pubblicato in parte dal Bazzoni, riveduto; 12 documenti inediti ]pag. 223
G. - Carteggio in cifra di Monsignor Coneo Residente Pontificio in Inghilterra presso la Regina
n. 299. [Lettera del 6 novembre 1636; già pubblicata dal Pieralisi, riveduta]pag. 232
H. - Carteggio dell'Ambasciatore toscano in Francia
n. 300. [Lettera del 27 maggio 1639]pag. 233
I. - Carteggio dell'Ambasciatore veneto in Roma
n. 301. [Lettera del 30 maggio 1639]pag. 233
K. - Lettere del Campanella al Pereiscio
nn. 302.-312. [Dal 29 ottobre 1634 al 22 agosto 1635; pubblicate in buona parte dal Baldacchini e rivedute; 4 inedite]pag. 233
nn. 313.-324. Appendice; 1a lettera del Pereiscio al Campanella [dal 4 ottobre 1633 al 31 marzo 1636]pag. 248
nn. 325.-331. 2o Carteggio del Pereiscio co' suoi Corrispondenti intorno al Campanella [dal 19 luglio 1633 al 2 dicembre 1636; Gaffarel,
Gassendi, Nauseo, Bourdelot, Mersenne, Diodati]pag. 260
L. - Lettere del Campanella al cavalier Del Pozzo
nn. 332.-335. [Dal 14 marzo 1635 al 27 luglio 1638, pubblicate dal Baldacchini, rivedute; continuazione]pag. 275
nn. 336.-337. Appendice; Lettere de' Corrispondenti del cavalier Del Pozzo intorno al Campanella [Dal 25 novembre 1634 al 18 luglio 1639; Nauseo, Bourdelot]pag. 281
M. - Lettere del Campanella a Monsignor Ingoli
nn. 338.-343. [Dal 25 agosto 1635 al 14 marzo 1638]pag. 283
N. - Opuscoli del Campanella
n. 344. 1. Aforismi politici per le presenti necessità di Francia nel 1635pag. 291
n. 345. 2. Risposta del Campanella a un quesito circa la grandezza nel puntopag. 297
n. 346. 3. Ultimo discorso politico del Campanella; 1635pag. 299
n. 347. 4. Ecloga per la nascita del Delfino; 1638-1639pag. 347
ILLUSTRAZIONI
I. L'opuscolo manoscritto del Campanella sulla Natività del Signor Filiberto Vernatpag. 357
II. Nota intorno a Filippo Borelli, che accompagnò il Campanella da Roma a Parigi e quivi lo servì, intitolandosi anche suo nipote ed amanuense, probabile fratello di Giovanni Alfonso Borellipag. 361
III. Catalogo delle opere del Campanella pel tempo contemplato nella narrazione, con le date e fasi rispettive; continuazione dell'altro precedentepag. 370
APPENDICE
I. Due altre lettere del Naudeo al Pereisciopag. 372
II. Documenti da aggiungersi a quelli relativi alla congiura ed a' processi [1-63; dal 18 agosto 1599 a 31 luglio 1602]pag. 381
ERRATA CORRIGE
Doc. 258. persona confidente, che avvisi li pensieri et attioni - persona confidente, che mi avvisi mi li pensieri et attioni di essopag. 219
Doc. 334. faccia questo giontamente col Conte di Castelvillano - faccia questo officio giontamente col Conte di Castelvillanopag. 279