Antonella de Vinci, Geografia campanelliana calabrese (2010), scheda introduttiva
SuccessivaIntroduzione
È nota l’espressione che la geografia scrive la storia: una delle prime trasmissioni del radio giornale calabrese
diffuse la calda voce di Corrado Alvaro che sottolineava come forse la radio poteva contribuire a diminuire
l’isolamento della Calabria dovuto a una viabilità inesistente che ne aveva anche sempre condizionato la poverissima
economia. Ai tempi di Campanella, per mare e per terra, arrivare in Calabria era particolarmente difficile. I libri vi
giungevano, ma erano davvero in pochi a sapere cosa farsene e il quadro sociale era desolante: vi furono contadini che sotto
la rapace dominazione degli Spagnoli regredirono al nomadismo pur di sfuggire alle vessazioni dei dominatori e delle classi
padronali. La miseria era diffusa. In quegli anni anche in città come Padova e Bologna al mattino si raccoglievano per le
strade decine di cadaveri di morti per fame e ovunque nella Penisola italiana le classi meno abbienti – che
costituivano la maggioranza della popolazione – si nutrivano di grani e farine addizionate da droghe dei poveri e erbe
allucinogene, secondo un costume radicato nella bassissima qualità della vita. Lo stesso Campanella accennò
all’antropofagia come fenomeno da non condannare severamente poiché sovente avveniva per l’estrema fame e
l’orribile miseria. I luoghi calabresi legati alle vicende biografiche di Campanella hanno un valore speciale in
quanto è in Calabria che la formazione del giovane domenicano si caratterizza, in Calabria egli compie scelte fondamentali.
Ed è per quella terra che Campanella sogna un possibile diverso avvenire, si convince di mutazioni prossime per la
favorevole congiuntura di segni che coglieva per la sua gente oppressa dalla miseria, prevaricata al limite
dell’immaginabile1, addormentata dall’ignoranza estrema. Ed è là che accade
veramente la «mutazione», con il suo arresto, evento che cambierà totalmente la sua esistenza. Per partecipare
alla geografia campanelliana calabrese, occorrerebbe provare a rivivere l’intensità dell’esperienza che legò il
filosofo a ogni luogo: quesuanto costituisce la sua mappa intima. Dal suo arresto, Campanella non fece mai più ritorno, se
non con il cuore, in Calabria: «là nacquero i suoi pensieri e là acquistò quel sentimento delle cose che rimane, nella
sua opera, una delle più alte intuizioni del suo tempo. Cose e aspetti a lui familiari pesano più di tutto quello che vide
dopo; quest’uomo era già conchiuso fin dalla sua infanzia e adolescenza»2. Anche la
mappa biografica è come se iniziasse e finisse in Calabria perché, se materialmente Campanella si spegne in Francia –
dopo aver conosciuto molte città d’Italia alla ricerca di una realizzazione esistenziale e dopo il trentennio da
carcerato a Napoli e infine a Roma – con gli occhi del pensiero e con la parola della poesia, egli compirà un ultimo
viaggio in prospettiva ‘a volo d’uccello’ sulle sue terre, evocando i maestosi alberi della Sila negli
ultimi versi composti per la nascita dell’erede al trono di Francia, nato lo stesso giorno del suo settantesimo
genetliaco.
Questa mappa ha sì confini brevi – brevi possono apparire, alla misura contemporanea, le distanze fra un luogo e
l’altro – ma a quei tempi gli spostamenti, i trasferimenti, i viaggi, soprattutto interni alla regione,
comportavano giorni e mesi di autentiche sfide attraverso una sequela sfinente di monti, fiumare, valloni e foreste, quando
fortunati a dorso di un asino, ma per lo più a piedi. Sfida all’orografia impervia d’una regione tutta contratta
sulla dorsale appenninica e dalle coste per la maggioranza impraticabili alla navigazione. E a queste scomode peregrinazioni
si aggiungeva spesso l’assalto dei banditi.
La bibliografia campanelliana è ricchissima – Luigi Firpo stimò trentamila pagine per le opere di Campanella – e
altrettanto doviziosa è la messe di studi e ricerche, scoperte e approfondimenti intorno al filosofo, in continuo
accrescimento, vivi e fervidi anche nella contemporaneità. In questa sede si omettono – semplificando al massimo
– i riferimenti bibliografici sottesi al presente contributo, indicando di seguito soltanto i nomi dei più importanti
studiosi di Campanella, vale a dire Luigi Amabile3, Luigi Firpo4,
Germana Ernst5, Eugenio Canone, Leen Spruit, Paolo Ponzio e molti altri – alla cui opera
feconda e appassionata si rimanda il lettore per eventuali approfondimenti.
I luoghi della Calabria campanelliana che qui vengono richiamati, in sequenza diacronica, sono i luoghi legati alle sue
vicende biografiche, con l’indicazione delle distanze fra un paese e l’altro percorse a piedi, per restituire
una quantificazione approssimativa della fatica che compivano gli uomini del XVI secolo attraversando sentieri di terra
battuta, tratturi assolati, selvatiche scorciatoie, scoscesi valloni umidi. La Calabria fu comunque sempre presente allo
Stilese tanto da tenerla spesso accanto nel ricordo mentre scrive. Si pensi alle continue localizzazioni, nelle sue
disquisizioni affabulanti, di persone6, confratelli7, cose (come i
funghi di Bisignano8), e animali come il cane di Taverna «che, quando sonava la campana
strillava» e la razza di cavalli «regii» di Calabria che in giorni determinati si muovono da una provincia
all’altra poi ritornando «da sé soli»9, ordinatamente. Si ricordi ancora
l’episodio di chirurgia plastica effettuato a Tropea e quello di un calabrese che volò per mezzo miglio e poi cadde su
un noce riportando numerose fratture e abbandonando l’arte10. Si considerino inoltre quei
toponimi che vengono messi in luce giusto il tempo d’un bagliore, nei discorsi campanelliani, senza qui poter essere
esaminati uno per uno, come Grutteria, S. Caterina, Davoli, Catanzaro, Briatico, Filogaso, Soriano, Pizzoni e altri.
Per avere contezza, tuttavia, di una esaustiva 'mappa ideale' dei luoghi campanelliani calabresi – ricognizione che si
prospetta ben più vasta della presente, come mappa che capti le relazioni esistenti, e a più livelli intersecati, fra tutti
i suoi scritti, il suo pensiero, la sua biografia e, ben si può dire, ora, la sua geografia – si rimanda ad ulteriori
studi.
1 «Cosa incredibile! La gente inoltre non paga soltanto per i beni, cioè i campi, le mandrie e le greggi che possiede, ma anche per quelli che non possiede e che si chiamano beni aerei e bestiami aerei, cioè immaginari». Cfr. L. Firpo, Tommaso Campanella e la sua Calabria, in Luigi Firpo e Campanella: cinquant'anni di ricerche e di pubblicazioni, a cura di E. A. Baldini, Pisa-Roma 2000, p. 58.
2 C. Alvaro, Scritti dispersi. 1921-1956, Milano 1995, pp. 291-294.
3 L. Amabile, Fra T. Campanella: la sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia, Napoli 1882, 3 voll.; Fra T. Campanella ne' castelli di Napoli, in Roma e in Parigi, Napoli 1887, 2 voll.
4 Luigi Firpo e Campanella: cinquant'anni di ricerche e di pubblicazioni, cit.
5 Dei numerosi contributi di Germana Ernst agli studi campanelliani si segnala in questa sede solo una selezione di edizioni critiche e saggi: T. Campanella, Articuli prophetales, ed. critica, a cura di G. Ernst, Firenze 1977; G. Ernst, Religione, ragione e natura: ricerche su Tommaso Campanella e il tardo Rinascimento, Milano 1991;T. Campanella, La Città del Sole, a cura di L. Firpo, postfazione di N. Bobbio, nuova ed. a cura di G. Ernst e L. Salvetti Firpo, Roma-Bari 1997; T. Campanella, Compendio di filosofia della natura, ed. del testo latino di G. Ernst, introd., trad. e note di P. Ponzio, Santarcangelo di Romagna 1999; Tommaso Campanella, a cura di G. Ernst, introd. di N. Badaloni, Roma 1999; T. Campanella, Lettere 1595-1638 (non comprese nell'edizione di V. Spampanato), a cura di G. Ernst, Pisa-Roma 2000; Tommaso Campanella: l'iconografia, le opere e la fortuna della Città del sole, a cura di E. Canone e G. Ernst, Milano 2001; G. Ernst, Il carcere il politico il profeta: saggi su Tommaso Campanella, Pisa 2002; T. Campanella, Opuscoli astrologici, introd., trad. e note di G. Ernst, Milano 2003; T. Campanella, L'ateismo trionfato, overo Riconoscimento filosofico della religione universale contra l'antichristianesmo macchiavellesco, a cura di G. Ernst, Pisa 2004, 2 voll.; T. Campanella, Del senso delle cose e della magia, a cura di G. Ernst, Roma-Bari 2007; T. Campanella, Sintagma dei miei libri e sul corretto metodo di apprendere, a cura di G. Ernst, nota iconografica di E. Canone, Pisa 2007; Laboratorio Campanella: biografia contesti iniziative in corso, atti del convegno della Fondazione Camillo Caetani, Roma, 19-20 ottobre 2006, a cura di G. Ernst e C. Fiorani, Roma 2007.
6 Giovanni Francesco Branca di Castrovillari, Plinio Rogliano della città di (Roggiano) Gravina, Aloysio Brescio da Badolato, ricordati in T. Campanella, Philosophia sensibus demonstrata, a cura di L. De Franco, Napoli 1992, pp. 7-8.
7 Cfr. per es. T. Campanella, Del senso delle cose e della magia, cit., p. 22: «E il padre fra' Gregorio di Nicastro non può sentire strilli di cani e di figlioli, né sospiri»; si tratta di Gregorio Costa di Nicastro, citato diverse volte nella stessa opera.
8 Funghi odorosi di muschio che rifuggono la puzza degli escrementi, spostandosi e ricrescendo in altro luogo, cfr. Del senso delle cose, cit., p. 160.
9 Ivi, pp. 22 e 138.
10 Campanella riferisce d'un tale a cui era stato tagliato il naso e che i chirurghi della scuola di Tropea fecero ricrescere nel braccio di un servo poi espiantandolo e trapiantandolo. Cfr. Del senso delle cose, cit., p. 195. Per l'episodio del calabrese che volò: cfr. ivi, p. 225.