Tommaso Campanella, Del senso delle cose, p. 191

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in sé il nutrimento, avendo esalato e risudato fuori la sua molta
parte. Dunque pian piano con più sudazioni si libera dal morbo e
genera spiriti più buoni senza quella affezione.
Il medesimo accade nelle febri, che fervore dello spirito sono
contra 1’umor pravo tra vasi aggregato o a canto a loro, e quando
avrà lo spirito parte di quell’umor vinto con l’accendimento,
manca l’afflizione del secondo parosismo, o non si muove in
quello stesso tempo, ma più tardi; e se lo spirito fece poco effetto
con la guerra, quello cresce e richiama lo spirito a guerra più che
prima. Ma più vicina comparazione è quella del morbo libidinoso
che muta tutto il temperamento pure, onde con sudori bisogna
scacciarlo fuori, e buoni succhi dentro generare, e ammollire la carne
e ossa, e purgare, finché ogni pravità esali e si rinovi tutta la temperie.
Dal che si vede che l’uomo muta complessione e ingrassa meglio,
perché a puerizia è ridotto il corpo, e così si può trovar arte di
rinnovare la vita. E l’aquile e cervi, mangiando serpi venenosi et essendo
morsi da quelli, s’attuffano in acqua dopo lungo corso e sudori,
et esce nell’acqua il sudante veneno, e le carni loro si mollificano
e rendonsi atte al nutrimento della prima età, perché la possanza
del veneno è atta a mutare ogni durezza in spongia. La magia
imita questo nella teriaca e purgazioni secrete e unzioni esteriori.
Or dico che gli attarantolati, quando veggono un altro affetto
come loro, si sveglia in loro la stessa passione nello spirito, e li moti
sopiti, e tornano a saltare. Così quando patimo nausea in mare,
ricordandocene per veder acqua o vascello, ci torna l’istessa nausea,
perché la memoria è un moto sopito come cicatrice vecchia,
e lo spirito si muove di quello, quante fiate altro simile il rappresenta.
Però, se vedemo ridere altri, ridemo senza sapere perché,
se veggiamo piangere, piangemo, e ci ricordiamo della morte di
qualche amico veggendo altri morire. E ogni passione la memoria
induce, e il tempo e il luogo sono atti a movere la memoria; però
ogni anno in quello tempo patiscono; come noi quel dì che ebbimo
guai o gran festa, sempre che torna, ci desta passione dolorosa
o lieta. E la natura usa il medesimo, che ogn’anno, nell’istessa
stagione, fa li pomi, fichi, uve, frumenti, pioggie, venti e ardore.

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