Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 47

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Sonetto trigemino sopra il Pater noster


Vilissima progenie, con che faccia
del Padre, che sta in ciel, vi fate figli,
se, schiavi a' vizi, a can sète, a conigli,
c'han scorza d'uom a guisa di lumaccia?1
Ché 'l pecoreccio per virtù si spaccia
dagli astuti sofistici consigli,
che di tal bestie son gli aurati artigli,
ciò al Sommo Padre insegnando che piaccia.2

Mira ben, ignorante, qual buon padre
soggetta i figli a peggior, né a simìle;
né pur al capro le caprigne squadre.3

Se angeli non avete, il vostro ovile
regga il senno comun:4 perché idoladre
dall'uom scorrete ad ogni cosa vile?5

Commento dell'Autore

1 Gli uomini schiavi de' vizi, e di gente viziosa adulatori, sono indegni d'invocar Dio Padre.

2 Di ciò essere causa le parole de' sofisti ed ipocriti, che ci predicano l'ignoranza per sapienza e l'umiltà pecorina per santità, ed hanno escluso l'umiltà magnanima apostolica.

3 Che, sì come il padre carnale non fa i figli suoi schiavi de' servi, né di peggior uomini ch'essi sono; né può un capro comandare alle capre, ma il capraro, ch'è di specie superiore: così gli uomini non devono servire a' vizi ed a sofisti, ipocriti ecc., che son peggior di noi, perché Dio Padre ciò non vuole, se non alle volte per gastigo nostro solamente.

4 Che gli angeli, di specie superiori a noi, debbono governarci, overo uomini angelici di senno e sacerdoti divini, secondo l'autore nella Monarchia ecc.; e, questi mancando, si deve vivere in repubblica, col senno comune reggendosi.

5 Dalla servitù degli uomini s'incorre alla servitù delle bestie e pietre; vedi l'Antimacchiavello dell'Autore.

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