Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 66

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66
A Dio


Come vuoi ch'a buon porto io mi conduca,
se de' compagni dati io veggio a prova
altri infedeli, e chi fede ha, si trova
che senno in lui pochissimo riluca?1
e 'l fido e saggio, come lepre(a) in buca,
timor nasconde, o fugge, e non mi giova;
e, se l'audacia(b) in tal virtù si cova,
cattività ed inopia le manuca?
L'onor tuo, l'util mio, la ragion sprezza
vaneggiante l'aiuto, che m'invii,
per cui m'annunzi libertà e grandezza.2

Credo e farò, se gli empi vuoi(c) far pii:
ma vorrei, per alzarmi(d) a tanta altezza,
ch'io m'intuassi, come tu t'immii.3

Commento dell'Autore

1 Gli amici o sono infedeli o di poco senno; e se hanno l'uno e l'altro, sono timidi; e se sono fedeli, savi e coraggiosi, sono incarcerati e poveri. Così furono tutti gli amici dell'Autore, che guastarono ogni suo pensier grande.

2 Questo aiuto è uno, che predisse a lui le cose come messo da Dio, se bene ingannato dal Demonio.

3 Questo verso è dantesco, e molto a proposito per la scambievole penetrazione di Dio con esso noi.

Note di GLP

(a) Correzione autografa di: lepore (Scelta 1622, 71).

(b) Correzione autografa di: auacia (Scelta 1622, 71).

(c) Correzione autografa di: puoi (Scelta 1622, 71).

(d) Correzione autografa di: alzar mi (Scelta 1622, 71).

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