Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 23

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madrigale 3


Autor dell'universo e di sue parti
fu il Senno, a cui Natura è quasi figlia,
l'arte nostra è nipote,
che fa quel che far puote,
l'idee mirando, che la madre piglia
dall'avo, che d'un'arte fe' tante arti.

Però sé sente ed ama
per essenza e per atto
ogn'ente, e l'altre cose,
in quanto sente sé mutato, e fatto
quelle per accidente. Indi odia e brama
chi a male o ben l'espose.

Talché il mutarsi in noi saper si chiama.

Commento dell'Autore

Dio, Primo Senno, mirando nelle sue idee, fece tutti gli enti. La Natura, ch'è arte divina inserta nelle cose, è figlia del Senno; e però, mirando all'idee di quello, essa fa le cose naturali. L'arte nostra, ch'è natura estrinseca, fa le cose artificiali, mirando all'idee espresse dalla Natura sua madre, insegnata dal Senno, suo avo, che fece tante arti, cioè naturali e postnaturali. Talché ogni ente naturale conosce se stesso ed ama se stesso di conoscimento ed amore interno e segreto, e poi ama le altre cose e le sente, in quanto sente se stesso mutato in quelle; perché il sentire è passione, secondo Aristotile e 'l Telesio. Ma Aristotile vuol che sia total informazione; Telesio poca immutazione: donde si giudica il tutto poi per sillogismo subitaneo. L'autore vuol che sia essere, e che 'l patire e l'immutarsi servano a far che la virtù conoscente sia esso oggetto, e così lo conosce e giudica. E, perché non si fa del tutto quello, però debolissima è la conoscenza nostra, corta e lontana.

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