Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 25

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Canzone terza

madrigale 1


Tanto senno have ogn'ente, quanto basta
serbarlo a sé, alla specie, al mondo; a cui
per tanto tempo è nato,
per quanto Dio ha ordinato
pel Fato, a cui serviamo più ch'a nui:
ond'altri in fior, altri in frutto, altri guasta
di noi nel materno alvo.

Come, per uso vario,
facciam pur noi dell'erbe,
cui pare ingiusto il nostro necessario;
così a noi, mentre s'offre or folto or calvo,
par che ragion non serbi
il fatal capo, che 'l mondo tien salvo.

Commento dell'Autore

Mostra ch'ogni ente ha tanto sapere, quanto basta a conservarsi per quanto tempo Dio conobbe esser utile alla spezie ed al mondo, a cui serve ogni parte; e non si può trapassare il Fato divino, a cui serviamo più che a noi. Onde, come noi mangiamo l'erbe in fiori o in frutti e quando ci piace, e questo pare ingiusto ad esse erbe, ché le uccidiamo e lor togliamo il seme e li figli; così il mondo per Fato uccide noi, o bambini o fatti uomini o vecchi, secondo il bene del tutto; e questo ci par contra ragione, che 'l Fato ci mostra la fronte calva o crinuta, secondo gli piace per util del mondo. «Fronte capillata est, post haec occasio calva»; a che allude questa rima.

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