Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 25

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madrigale 4


Spirto puro e beato solo arriva
a sì saggia ignoranza; né può farsi
puro chi non è nato
per colpa altrui o per fato.

Può di natura il don più raffinarsi
con gli oggetti e con l'arte educativa,
e farsi ampio e chiaro;
ma non leggier, di greve,
se di savi e di eroi
senno e forza ogn'alunno non riceve.
Né si trasfonde, se fiacco ed ignaro
figlio fanno; onde puoi
considerare altronde don sì caro.

Commento dell'Autore

Chi può arrivar a sapere che non si sa, è puro e beato di natural beatitudine. Però non si può questo sapere dalli altri, ma solo credere, perché non possono farsi lo spirto animale puro, che somministra all'anima infusa da Dio il sapere degli oggetti. Dice che l'arte e gli oggetti affinano il sapere e lo specificano, ma non lo generano, come pensò Aristotile; e questo è in Metafisica disputato. E come tutti hanno tanto senno, quanto basta ad ubbidir la legge, ch'è sapienza del comune, e però non sono scusati gli impuri. Poi mostra che la sapienza non s'impara né si trasfonde per generazione, poiché gli figli e discepoli delli sapienti ed eroi non sono tutti sapienti e valorosi. Dunque è dono divino travasato per loro.

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