Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 29

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madrigale 5


L'arte divina negli enti rinchiusa,
che Natura appelliam, gli esempi prende
da Dio per farli; e la nostra da lei.

Però il soggetto brutti o bei non rende
nostri artificii; lo imitar gli accusa.
Così degli aurei li marmorei dèi
più bei puon dirsi, arte maggior mostrando,
e più Tersite in scena che gli Atrei.

E di Dante l'Inferno più bel pare,
ch'e' più 'l seppe imitare,
che 'l Paradiso. E care
voci e sensi traslati enno, ampliando
l'ingegno e 'l ben incognito illustrando;
se no, fien vane, o bei(a) drappi in Gabrina,
che segnalano il mal del bene in loco,
e fan bruttezza doppia tanto fina,
quanto il papato a chi deve esser cuoco.

Commento dell'Autore

Mostra qua la bellezza artificiale non consistere nello soggetto materiale, ma nell'imitazione; la quale è arte figlia della Natura, donde piglia le idee, come la Natura da Dio: ed eccellente in arte è chi meglio imita. Però più bella è una statua di marmo scolpita da saggio scultore che una d'oro da goffo scultore, perché è segnale di più arte. E l'arte è il ben che ci conserva; è Tersite buffone, in scena bene imitato, più bello d'Agamennone re, mal imitato; e l'Inferno di Dante è più bel del suo Paradiso. Poi dichiara perché le voci e gli sensi traslatati, che sono le metafore e le favole de' poeti, paion begli; e dice che sono begli, perché amplificano il sapere dire una cosa in più modi, e perché manifestano con la similitudine la cosa ignota; la quale, in quanto saputa, è ben dell'intelletto, benché in sé ria. E quando non amplificano né dichiarano, sono brutti gli traslatati, come gli drappi di Gabrina vecchia dell'Ariosto, vestita di vesti belle; ed è come il papato in chi deve essere cuoco, dove fa bruttezza doppia: ché mostra mal governo e mal'elezione, e di due bande ignoranza, rovina, ecc.

Note di GLP

(a) Correzione autografa di: fien vane, o be (Scelta 1622, 35).

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