Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 30

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madrigale 3


Se, di vivere in scambio, alcun s'uccide,
se stesso o i figli o l'opre sue famose,
lo fa per migliorar di vita, essendo
il viver nostro e delle nostre cose
morir continovo, che mai non side(a)
senza mutarsi, o mancando o crescendo;
ed ogni mutamento è qualche morte,
uno stato acquistando, altro perdendo
d'atto, o di quale, o di quanto, o di essenza.

E se con vïolenza
si fa, reca doglienza;
e gioia, fatto con natural sorte.

Quel che fu o sarà a ciascun par forte
e l'esser sol presente è certo e piace;
e se repente a forza il muta, duolsi,
sì che il morir comun manco gli spiace
che 'l proprio; ch'è 'l mutar, com'io raccolsi.

Commento dell'Autore

Risponde all'obbiezione, che si può fare contra la vita posta per sommo bene, poiché molti uccidono sé o i figli, come Catone e Bruto, o l'opere famose in chi s'immortalano, come Virgilio comandò che la sua Eneida fosse bruciata. Rispondendo, dice che la vita nostra sempre si muta. E ch'ogni mutamento è qualche morte o d'essenza, o di qualità, o d'atto; e, se si fa con violenza, reca dolore; se con modo, allegria. E che par male il passato o il futuro essere, donde o a che ci abbiamo a mutare; ma il presente piace, perché è certo. E però par morte una mutanza grave; e si fugge più che la morte, ch'è la mutanza a tutti comune. E nel seguente madrigale dichiara questo per esempi.

Note di GLP

(a) L'originale reca: vide (Scelta 1622, 41).

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