Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 30

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madrigale 7


Il ben ch'all'altrui vivere s'applica,
in sé o ne' discendenti, utile è detto
dall'uso; e dall'onore in fama, onesto.

D'essi appresi esce l'allegria, il diletto,
il ricco danno, e dolce la fatica.
S'alcun atto è nocivo e disonesto
e par giocondo, avvien ch'ivi fu misto
più ben con male; e quel nasconde questo.

Dunque ogn'onesto ed utile è gioioso
in che serba, e doglioso
in che strugge; e dir oso
che senz'essi piacer mai non fu visto.

Se piace l'acqua all'egro, onde è più tristo,
giova al spirto, o alla lingua ove ha angoscia;
ma, perché enno assai parti, se a più nòce,
s'ammalan tutte per consenso poscia;
ond'essa perde d'utile la voce.

Commento dell'Autore

Distingue il ben esterno in utile ed onesto, e mostra che 'l giocondo esce da loro posseduti in re od in spe. E che non si distinguono, come pensò Aristotile; e che non si truova giocondità senza utile in qualche maniera. E lo pruova per esempio dell'infermo. E che il male ch'è nel ben giocondo, è per accidente, non per sé; ma la voluttà è buona per sé, in quanto è sapor dell'essere, che per sé è l'ottimo.

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