Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 31

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madrigale 3


L'uom fu bambino, embrione, seme e sangue,
pane, erba ed altre cose, in cui godeva
d'esser quel ch'era, e gli spiacea mutarsi
in quel ch'è mo: e quel ch'ora gli aggreva,
di farsi in fuoco, in terra, in topo, in angue,
poi piaceralli; e crederà bearsi
in quel che fia, ché in tutti enti riluce
la Idea divina, e pel dimenticarsi.

Dunque nullo ama quel che amar gli pare:
altro patire o fare,
che 'l suo esser(a) sa dare.

Ch'un sia due, osta il tutto; e chi esser duce
vuole, è, in quanto è simile, o produce
imago, onde tal si ama; e non è, in quanto
guastarsi in quel ch'è duca abborre, ed anco
v'è quell'altro, talch'egli è un altro tanto;
e 'l savio è tutti, ancor di morte franco.

Commento dell'Autore

Leggi, per intender questo, il secondo libro della seconda parte della Metafisica. Per esempio, dell'uomo, in quanto animale, mostra che, quando una cosa è, gode del suo essere e gli spiace mutarsi. E però è da stimarsi che, quando era un altro ente, come a dir pane, non gli piacea diventar carne di uomo; ed or ch'è, gli piace. Così dopo morte non gli spiacerà esser altro ente, ed ora gli spiace diventar quello: e poi vorrà esser verme che nasce del nostro corpo. E questo piacere avviene, ché in tutti luce la Idea divina, e per la dimenticanza dell'esser passato migliore ed ignoranza del futuro. Dunque non è vero ch'alcun ente ama non esser quel ch'è. E pur chi desidera esser re o duca, non in vero lo desidera, perché desidererebbe mutarsi in altro; e non può esser due. Talché s'adempie il desio in quanto è per similitudine intesa ed amata, e non in quanto non è, né vuol esser, mutato. Però il savio, che tutte cose sa, è tutte cose, senza mutarsi.

Note di GLP

(a) L'originale reca: essere (Scelta 1622, 46).

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