Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 31

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madrigale 6


L'alme, in sepolcri portatili ed adri
chiuse, dubbie di morte fa ignoranza
d'esser futuro e del passato obblio.

Così più galeotti, per sconfidanza
di miglior vita, e 'n prigion servi e ladri
contentarsi, che uscir odian, vidi io.

Or l'alma, che nel corpo opaco alberga,
se stessa ignora, e l'altre vite, e Dio;
onde per buchi stretti affaccia, e spia
che cosa essa alma sia,
come ivi e perché stia.

Regge ella il corpo e nutre, e con sua verga
guida; né sa in che modo il quieti e l'erga,
ch'e' non traspare; ed essa è breve luce.

Così chi opera al buio, sé non vede
né l'opra sua; onde al balcon l'adduce,(a)
e mira in altri, argomenta e rivede.

Commento dell'Autore

Rende ragion perché spiace il morire, sendo una morte la vita presente, e la trasmutazione facendosi spesso in meglio; e dice che l'alma sta nel corpo, suo sepolcro portatile ed oscuro, e non sa il passato essere, né il futuro, e si contenta del presente; come molti galeotti e carcerati hanno a male d'uscire di tal vita infelice, perché non conoscono, né sanno vivere in altra. Che l'alma dunque stia in sepolcro, lo pruova perché essa non vede se stessa; né quel che fa essa dentro il corpo sa, né come lo muove, ferma e nutrica; e però esce a due pertugi, che sono gli occhi, e spia in altri dell'opere sue o del suo proprio essere. Questo fu detto ancora nella Canzone del disprezzo della morte.

Note di GLP

(a) L'originale reca: Così chi opera al buio, se non vede / Nell'opra sua, onde al balcon l'adduce (Scelta 1622, 49).

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