Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 31

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31
madrigale 9


Canzon, riconosciamo contra gli empi
l'Autor dell'universo, confessando
belle, buone e felici l'opre sue
tutte, in quanto a lui sono ed al tutto(a)
parti, rispetti e frutto
sì giusto, ch'un sol atomo mutando,
girìa in scompiglio. E sempre fia chi fue;
dal che farsi contento,
più che non sa volere, ogn'ente io sento:
come tutti direm con stupor, quando
di Lete aperto fia il gran sacramento.

Commento dell'Autore

In questo stupendo commiato conchiude che non ci sia male, né bruttezza, se non rispettiva tra l'una parte e l'altra, ma non al tutto, a cui ecc. Dice pure che tanto bene è aggiustato l'universo, ch'un solo atomo mutandosi, tutto si scompiglierebbe, come un orologio. Questo vedi nella Metafisica. Poi dice: «sempre fia quel che fue», con Salomone: «Quid est quod futurum est, nisi quod factum est?». E che però ogni ente è immortale in qualche guisa, ché solo si muta, non s'annicchila. E che però gli enti sono più contenti che non sanno volere, poiché in tante vite vivono per successione, nel tutto una. E che, quando sarà aperto il sacramento del fiume dell'obblio, detto Lete da' poeti, tutti confesseremo questa verità: ma, fra tanto che questo segreto è ascoso, ci par morire, perché nullo ente si ricorda quel che fue; e tutti, morendo, passano per Lete, cioè per obblio.

Note di GLP

(a) Si ripristina l'originale (Scelta 1622, 50), rimuovendo l'aggiunta operata da alcuni editori, i quali rendono il verso nel seguente modo: tutte, in quanto [ed] a lui sono ed al tutto (Scritti letterari, 95 e 1275).

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