Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 33

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33
Della plebe


Il popolo è una bestia varia e grossa,
ch'ignora le sue forze; e però stassi
a pesi e botte di legni e di sassi,
guidato da un fanciul che non ha possa,
ch'egli potria disfar con una scossa:
ma lo teme e lo serve a tutti spassi.

Né sa quanto è temuto, ché i bombassi
fanno un incanto, che i sensi gli ingrossa.

Cosa stupenda! e' s'appicca e imprigiona
con le man proprie, e si dà morte e guerra
per un carlin di quanti egli al re dona.

Tutto è suo quanto sta fra cielo e terra,
ma nol conosce; e, se qualche persona
di ciò l'avvisa, e' l'uccide ed atterra.

Commento dell'Autore

Della bestialità del popolaccio nissuno ha scritto con tanta verità e con tanto artificio. E come, a chi gli dice suo bene e mostra il suo podere, e' se gli volge contra; è proprio «bestia varia e grossa». «Cosa stupenda»: questo è fatto per chi vuol trattar con la moltitudine cose utili a quella. E tutta l'istoria di Moise mostra quanto quel popolaccio ebreo fu bestia in attraversarsi sempre contra i suoi liberatori.

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