Tommaso Campanella, Scelta d'alcune poesie filosofiche, n. 34

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Che la malizia in questa vita e nell'altra ancora
è danno, e che la bontà bea qua e là


Seco ogni colpa è doglia, e trae la pena
nella mente o nel corpo o nella fama:
se non repente, a farsi pian pian mena
la robba, il sangue o l'amicizia, grama.

Se contra voglia seco ella non pena,
vera colpa non fu: e se 'l tormento ama,
ch'è amaro a Cecca e dolce a Maddalena,
per far giustizia in sé, virtù si chiama.

La coscienza d'una bontà vera
basta a far l'uom beato; ed infelice
la finta ed ignorante, ancor ch'altera.

Ciò Simon Piero al mago Simon dice,
quando volessim dir che l'alma pèra,
ch'altre pur vite e sorti a sé predice.

Commento dell'Autore

Notabile sonetto per far conoscere, che il male punisce l'uomo da sé subito e che, quando non è vero male, non porta pena contra il volere E che la coscienza netta può bear l'uomo. E, quantunque l'alma fosse mortale, è più beato chi vive bene e puramente, che gli malfattori. Questa sentenza è di san Piero in san Clemente Romano, dove risponde a Simon mago, che dicea che con la speranza dell'altra vita perdiamo la presente. E nell'ultimo verso pruova che sia immortale, perché essa alma ha tali sillogismi efficaci a provarlo; e trovansi oltre le profezie e religione.

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