Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 102

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Giul. Vi siete scordato perchè la nostra chiesa
tien per fermo esser predestinati quelli che ab
eterno da Dio per suo beneplacito furo alla salute
ordinati, senza riguardo a’ loro meriti, che avessero
da sortire nel corso della vita, ma solo per grazia
e favore della divina volontà cagionato a questi
in nessun modo potersi dannare, eziandio che facessero
ogni male, perchè tanto efficacemente opra
in loro la Divina grazia, che necessariamente
al bene si convertono, e alla salute pervengono,
e quelli tien presciti, i quali essendo presciti d’avere
a peccare, furo all’inferno ordinati per loro
demeriti e per questa provvidenza dover perire,
perchè grazia in loro non s’opra efficacemente,
non dandola Dio, perchè vuol mostrar in loro la
sua giustizia. Quando S. Paolo viene a questo,
dice che ha podestà Iddio far ciò che vuole, come
il figulo altri vasi in onore, altri in dispreggio
da una massa può formare, e che innanzi che nascessero
amò Giacobbe e odiò Esaù, e che quelli
che ha predestinato ha giustificato.

Giac. Certo; se tutto necessario ciò fosse, come
a prima faccia mostrano le vostre parole, la nostra
libertà, che tutto il giorno i nostri teologi predicano
e col senso in noi essere sperimentiamo, nulla
servirebbe, perchè non può mancare quello che
Dio vuole e antevede; ma di grazia, disputiamo
questo passo pienamente, acciò non oda il volgo.

Ger. Paggi, andate via, e non fate che oggi ne
venghi a parlare persona alcuna.

Giac. Avete benissimo fatto, perchè questa disputa
reca scandalo agli auditori inesperti, e saviamente
Pio quinto, finchè sarà meglio intesa,
vietò che se ne parlasse in pubblico; nondimeno
quel che sovviene per amor del vero, il quale invochiamo,
che c’illumini in questo punto acutissimo,
favellaremo sempre a favor della chiesa
nostra madre, sottomettendoci.

Ger. Per voi anco sia pregato nel medesimo
modo.

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