Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 107

Precedente Successiva

Quei che vuole indura e de chi li piace ha compassione;
e aver indurato il cuore di Faraone e
altrove accetta gli Ebrei; si ridono poi gli eretici,
e ne fan tragedie, de nostri, che dicono per favor
efficace, ma dalla loro libertà accetta, e ben usata,
gli uomini salvarsi, ma non dannarci per disfavore,
anzi donare Iddio a tutti aiuto bastante, ma
per i demeriti divenir vasi d’ira, non servendosi,
ma abusando i favori divini concorrente Iddio,
acciò come causa permissiva non effettiva si fermano
sopra la metafora dettasi, e che Iddio può
far ciò che vuole, perchè nessuno può a lui riveder
il conto. Però odia Esaù, ama Giacob innanzi
che nascessero, come diceva Giulio.

Ger. Ohimè! Quanto mi atterrisce questa sorta
di cristianesimo! Volesse Iddio che mai io avessi
inteso tal disputa. Ma pregovi; ditemi tosto la
resoluzione di quei passi di Salomone, e di San
Paolo, che tutto mi sbigottirono.

Giac. Allegramente, o Marchese, che la legge
di Dio ben intesa è legge di consolazione e d’allegrezza,
come dice nostro Signore, santa e immacolata.
Nè siamo noi di quella parte scelerata
che fa Iddio tiranno o capriccioso operator del
male. Perchè la santa chiesa sente con Profeti e
col medesimo Apostolo e Salomone che quelli solo
si dannano, che procurano a se medesimi la dannazione,
perchè, avendo libertà di far male e bene,
scegliono più tosto quello che questo. Così per
tutta la scrittura si legge, e Cristo il dì del giudizio
dirà: Avevo fame e non mi hai cibato, ero
in carcere e non mi hai visitato, la qual condanna
sarebbe uno stratagemma tirannesco, se noi non
potessimo far male e bene, e accettare e rifiutare
il suo aiuto e la sua grazia sufficiente, tutti non
aiutasse ad oprar bene e disciogliesse dal peccato,
accettandola noi e ben usandola noi, ma ci avvezzasse
a far male per mostrare la sua ira. Il
che se fosse come potrebbe dir San Paolo: Un
Dio irato esser giusto giudice di questo mondo,

Precedente Successiva