Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 122

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buona dal buon prencipe e da premii onesti, e
dall’eterni e anche dalla paura dell’eterne pene
raffrenati dal mal oprare, tal che se accadesse che
niuno errasse miglior ordine di giustizia sarebbe
e sangue non si spandirebbe e quivi luogo non
avrebbe la giustizia punitiva e senza quello Dio
poteva mostrar la sua giustizia solo del bene distributiva
a’ suoi, secondo la capacità e egli medesimo
loro aveva dato, e secondo che vera giustizia
mostra Dio agli Angeli non ribellati. E
San Paolo scrive che restava a lui di ricevere la
corona della giustizia dopo il corso delle sue opere
buone, e Davide dice che osserva la legge
per il premio, e Cristo lo mostrò nella parola de
zappatori dove fu attesa la qualità, non la lunghezza
dell’opera, secondo il giudizio del Donatario,
e per moltissimi modi Iddio aveva da mostrarsi
giusto, senza bisogno di questi accidenti
se l’uomo e l’Angelo vi avessero i primi doni
abusati, e questo insegna l’Ecclesiastico, che dice
che a Dio non sono necessarii gli uomini empj
per mostrarsi giusto, non mancandoli modi nella
giustizia del bene distribuito, imperocchè questa
nostra facoltà libera da lui pur donataci è capace
di merito nostro che Dio legge ci dona, se farai
questo, avrai questo bene, se non quel male; o se
manco bene farai, manco bene avrai, e li teologi
dicono bene di condono noi non meritare, ma di
congruo, sì perchè non abbiamo cosa che Dio non
ci abbia dato; però degni non siamo da noi, ma
perchè egli degni ci fa, mentre a noi da quel che
è suo, e resta questo conveniente a far la giustizia,
la quale si dice dare a ciascuno quel ch’è suo,
perchè noi che tenemo la verità cominciamo fra
due mezzi, come è solito de’ virtuosi, cioè fra Pelagiani
che dicono noi per i nostri nascenti dalla
grazia ben usata con la libertà secondo che s’è
visto; conciosiacchè stando che la grazia sia la
parte principale dunque fu accidente, (torniamo
a noi) la pena e la giustizia punitiva come fu il

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