Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 128

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fantasia di credersi salvo senza operare nel
ricevere e usare i favori divini, spacciata da’ Calvinisti
per fede in Jeronimo predicata da San
Paolo, il quale parlava della fede in Dio che in
conscienza a lui unanimi ci rende. E questi furbi
la rivocano ad un ostinazione di credulità in certi
loro dogmi. Sappiamo noi che quando uno si
fida in tutto e per tutto d’un altro diventa del
medesimo anima con essolui e chi si fida di puttane
si fa d’animo puttanesco, chi di filosofi, filosofico
e così chi di Dio, d’animo divino, perchè egli
sta in me e io in lui, disse Cristo, e perchè Dio
ama tutti opera ben tutti, e non altro ci raccomanda
che la dilezione e beneficenza del prossimo.
Dovemo credere che quando ci parla San Paolo
della fede giustificante, si deve credere di quella
che ci fa simili a Cristo, cioè operar bene per il
prossimo come Cristo. Il che esprime in Giovanni
più chiaramente e essere obbedienti a Dio in parole
e in fatti, nel modo fu Abramo, del cui seme
sono tutti quelli che come Abramo credono e
operano senza queste sofisticherie tutto quel bene
e essi ponno, il che disse Cristo a gli Ebrei “se
sete figli di Abramo imitatelo nelle opere” e perchè
non l’imitavano San Giovanni Battista li
chiama non figli d’Abramo, ma di vipere. Dunque
sta scritto che si vive di vita spirituale senz’opere,
cioè senza quelle opere delle quali disputava allora
l’Apostolo ad Rom. quali essendo agitati da quelli
Ebrei che stavano allora in Roma, pensavano che
le cerimonie e la circoncisione fusse necessaria
alla salute de’ Gentili che nuovamente cristiani
si facevano. Questa disputa correva allora fra gli
Apostoli e Farisei che erano stati Giudei tristi e
pessimi cristiani s’erano fatti perchè questi veggendo
il mondo concorrere al cristianesimo, pensavano
far buona la bottega di Gerosolima con
farvi, secondo le leggi, offerire tante decime e sacrificii
che sarebbono concorsi, e con dare un pedante
Giudeo a chiunque cristiano si faceva per

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