Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 130

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contra questa fede senz’opere che appare che appunto
parli contra Lutero presente, ma i luterani
fuggono quast’epistola di San Giacomo e lo
negano come fanno del libro de’ Maccabei, perchè
mette perigli per i morti contro i loro dogmi, e
questo è propriamente il refugio de’ veri calunniatori
negare quando sono convinti delle scrutture
1500 anni approvate: nega ancora Lutero che
San Pietro sia stato in Roma, contra l’istorici
sacri e profani e contra l’epistola stessa di San
Pietro e con tanta sfacciataggine che colui che
negava Cesare essere stato mai in Roma e Alessandro
in Macedonia pare ragionevole rispetto
a lui.
Giul. Macometto ancora nega Cristo nostro Signore
essere stato crocifisso.

Giac. È vero, per poter persuadere che nelle
armi la fede si dee appoggiare non nella pazienza,
miracoli e ragioni come Cristo; così Lutero per
provare che il papa non è successore di San Pietro,
nega San Pietro essere stato in Roma: questo è
solito de’ scelerati. Io non voglio adesso disputare
questi punti con l’istorie chè non è tempo,
e il Signor Marchese parla di quelle materie in
quanto appartengono allo stato. Però dice se alcuno
negasse al re Filippo che il suo avo fusse
stato marito alla figlia di Ferdinando d’Aragona,
e però non possedesse da lui legittimamente il
Regno di Spagna, che cosa egli farebbe?

Ger. Portarebbe le scritture autentiche.

Giac. E se quelle per coniettura non per testimonianza
d’altre scritture più degne di fede gli
negassero?

Ger. Dovrebbe allegare il possesso e se ciò
non ricevesse, far guerra e distorre i sfacciati
negatori del vero, perchè conceduta licenza di
negare testimonie delle scritture, io non sarei padrone
dell’anello, nè figlio di Giacomo del Tufo,
nè voi di vostro padre, e così saria lecito ad ognuno
inquietare ogni uomo da bene.

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