Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 153
d’Austria, non fondate in istoria alcuna. Si sa
bene per le istorie la pietà grande e zelo di questa
casa verso la religione cattolica, sempre esser
stato ardentissimo e come Dio in ricompensa con
l’opinione
umana l’ha esaltata e tanti reami e
imperii che mai altra casa non n’ha avuti tanti,
perchè sono stati e saran
propugnacoli alla santa
fede. E perchè Carlo Quinto era d’animo religiosissimo,
avendo dato la fede a’ luterani,
non l’ha
voluto violarla in modo alcuno nella dieta, talchè
si può dire di lui quel che dice Dante in altro
verso: “Per non perder pietà si fe’ spietato,” benchè
saria stato meglio osservar quell’altro con
questi “ed
è cortesia l’esser villano,” ma il magnanimo
prencipe credea in qul modo pacificar
l’Alemagna, e con bel modo poi
estirpare quell’eresia;
non si pensava dovesse andar tanto innanzi,
e di ciò alfine dolente ricorre alla
religione,
facendoli fare penitenza di quel che non fece per
malizia, ma buono intento riuscì male.
Ger. Questo posso io testimoniare di Carlo Quinto
che l’ho servito
con tutt’i miei e già il suo
fine lo dimostra. Si sa poi quanto il Caietano fu
dottissimo, da tutto il mondo
ammirato; e però
è tenuta una bugia da ognuno quel vanto de gli
avversarii.
Giac. Se pur nella disputa Lutero avesse soperchiato
di parole, il
che non è verisimile dove
stava presente il Caietano, non è credibile che
appresso uomini grandi quali erano in
quella
Dieta, che non fossero stati di parzialità infetti,
che il dritto e torto tutto a sè tira, fosse venuta
in dubbio la nostra verità per tanti anni da tutta
la Chiesa e da’ Santi mantenuta e da Dio augmentata
e
aggrandita. Imperocchè qualunque uomo
mediocremente da bene volesse le dispute sospendere,
già che si sa, che
sempre resta da cianciare
e spesso i sofisti soprafanno i filosofi e informati
poi dal vero cristianesimo subito
per istinto naturale
andarebbe a quella chiesa dove la successione