Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 185

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con un cerchio d’etera o simile, se vogliono che
Cristo abbia lasciato il segno, non è conveniente
alla Maestà sua che più tosto sia sustanziale che no.

Giul. Oh bello argomento! conforme a quel
che dice San Paolo che chi indegnamente riceve
questo corpo del Signore e il pane comune, esso
magna e beve a sé il giudizio della dannazione,
perchè non fa differenza tra il corpo che lo chiama
Corpo del Signore, e non segno del corpo, perchè
di questi segni pure ne sono in tutti li pani e in
tutte le cene.

Ger.Dite bene per certo; massime come Cristo
dicendo, e tutti li dottori celesti, ma la difficoltà
consiste a conoscere come Cristo ivi sia.

Giac. Non si può dir meglio che per modo sacramentale
e miracoloso, che chi va disputando
queste sottigliezze si dimostra non amante di Cristo,
ma litigante del suo potere, massime quando
non gli appartiene come i Dottori sacri; è certo
che Cristo lo può fare che ivi ci sia il corpo e sangue
suo e che disse che il fu e che ci è. Adunque
non è da dubitare; considerate, Signor Marchese,
che quando il re Filippo signor terreno dava ad un
suo vassallo titolo di Duca, o di Prencipe, subito
si vedeva in colui mutamento mirabile di costumi,
di procedere e di gravità straordinaria, e tanti
altri che lo andavano a corteggiare. Or quando
Iddio Gesù dona al pane dell’Altare titolo di
suo corpo non è ben ragione che in quella mirabile
e stupenda mutazione si faccia di sostanza
di pane in quella del Corpo di Cristo, restando
solo l’apparenza per dar luogo alla fede? Certo
è così che il Signor del Cielo bisogna che faccia
col suo titolo più mutazioni di questi Signori di
terra; dunque se questi di terra ne fan tanto apparentemente
e estrinsecamente, se Dio non facesse
nell’interna sostanza del pane mutazion mirabile
con le sue parole scritte, di manco di questi di
terra. Se potesse il re Filippo dare il titolo e l’ànio

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