Tommaso Campanella, Dialogo contro Luterani, p. 88

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nove opinanti e deformatori del mondo d’oggi.

Ger. Va ben questo principio, ma io vorrei
sapere le loro opinioni.

Giac. Se prima non intendete l’origine, non le
saperete, come ai filosofi avvenne, i quali ignoranti
dell’origine del mondo, del bene e del male, della
vita e della morte, il che noi per Mosè a cui fu
rivelato sappiamo, sono incorsi come ciechi in
mille opinioni stravaganti contrarie e irragionevoli.
Ger. Cominciate dunque onde vi par più comodo.
Giac. Fra Martin Lutero, frate eremitano religioso,
come tutti quasi gli altri eremiti prima
furono, secondo la testimonianza di San Giovanni,
e perchè sapeva qualche cosa, era superbissimo.
Visse in Italia per alcun tempo senza arrivare a
quei gradi a’ quali sogliono i dotti religiosi esser
esaltati, poscia se n’andò in Germania nella provincia
di Sassonia sua patria, dove predicava cattolicamente
la fede cristiana, finchè non ebbe occasione
di palesare l’ambizioso suo animo. Nacque
discordia fra lui e certi altri frati nel predicare
l’indulgenze mandate da Leon decimo, ciascuno
volendo quest’onore di predicarle al popolo.

E essendo stato sotto Lutero, in questo punto
disse che quelle indulgenze ch’egli non poteva
predicare erano false, perlochè venne a contendere
con detti frati, da’ quali, vedendosi convinto da
calunniatore, per mantenersi il credito, stimolato
anche dall’ira, affermò l’indulgenze esser cosa
vana, nè il Pontefice aver autorità di darle, e con
la sua arroganza giunta alla fama del sapere, tirava
a se gran parte del volgo avido di novità.
Poi essendo scomunicato, dispregiò la scomunica
e persuase ai suoi, acciò non lo schivassero, esser
vana invenzione del papa. Da queste occasioni
fu costretto negare il Purgatorio, perocchè buona
parte d’indulgenze a quello sono indirizzate, onde
seguì poi che non si chieggono queste buone opere,

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