Tommaso Campanella, Poetica, p. 317

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Poetica
Trattato del padre
fra Tomasso Campanella


[I. Cos’è la poesia].

Tutte le scienze e arti dall’industria umana ritrovate
al sommo bene come ad ultimo scuopo riguardano, il
quale essendo quello che tutti gli enti desiderano, dimostra
esser la perfetta conservazione nella nostra vita,
per quanto è possibile corrispondente all’eternità divina,
di cui, come suoi effetti, siamo imitatori e desideratori. Due
sono li beni nelli quali ella consiste, cioè l’utile, il quale
da vicino conserva noi in noi stessi o nelle cose prodotte
da noi per nostra natura, come sono li figliuoli, l’altro è
l’onesto, che ci conserva in altri, come nella benigna e
grata mente di coloro, che hanno partecipato delle nostre
opere benefiche al genere umano maravigliose; laonde e
nella mente e nelli libri e nelle statue tengono memoria
di noi doppo la morte, il che è una soprabbondante o lussuriante
conservazione: e questo e l’onore è premio delle
virtù, intrinsechi mezzi e strade ad acquistare il vero
bene, come ragionandovi disse a voi Paolo Attilii. Pure
questi due beni si comprendono, a chi ben mira, la
giocondità, o voluttà che vogliam dire, o gusto, o piacere,
che è il terzo bene che ne’ due primi si ritruova, essendo
egli sentimento di ciascun bene conservativo, come, all’incontro,
il dolore è senso del mal distruggitivo.

La poetica dunque, che per consenso di tutti ha per
oggetto questo bene dilettevole, bisogna che di tutte
queste parti sia condita, se deve conseguire il suo fine del
dilettare; e perché, come dicemmo, il dilettevole si ritrova
nelli beni dell’animo, che sono le virtù, e del corpo,
che sono la sanità e bellezza, e della fortuna, che sono
le ricchezze, i servitori con i figliuoli e i prefati beni
serventi, fa mestiero considerare in che parte di queste
ha luogo la poesia: e la veggio nella rimembranza, la

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