Tommaso Campanella, Poetica, p. 323
massime riducendo questi colori ad un certo numero di
parlare da nessun
altro, fuorché da’ poeti, osservato; e
chi dicesse il Petrarca quivi non esser poeta,
perché descrive
il vero semplicemente, sarebbe pazzo affatto; onde
si vede che, sì
come è difetto in prosa dire «il pianeta che
distingue l’ore», ma meglio si dice «il
sole», e «il latteo
collo», ma meglio si dice «il bianco collo», anzi si
tacciono
gli epiteti, salvo dove il bisogno d’insegnare la
qualità o quantità e altre condizioni
delle cose non li
ricercasse, così è di leggiadro poeta nel verso frametterli,
o
nel proprio o nello strano luogo, sendo l’orazione
figurata differente da ogni prosa,
quanto la musica figurata
dal canto fermo, come appare per tutte le parole
dei
prefati versi.
Si distingue ancora il poema dall’istoria, non solo
nella forma, come dicemmo, ma
nella vicina materia,
benché tutte le scienze parlatrici d’ogni cosa favellino,
come l’istoria, la logica, l’oratoria e la poetica, perché
l’istoria tratta una o
diverse azioni del mondo e narra
quello che per tutto si trova, senza unità,
ordinandole
solo al sapere, come l’istoria di Polibio, di Giustino, la
naturale di
Plinio, quella degli animali di Aristotile e
delle piante di Teofrasto ne dimostrano;
ma il poeta
narra un’azione e vera parte istorica, col suo
principio,
mezzo e fine poetico ordinato al gusto. Di più, tutte
quelle scienze
s’insegnano con fatica, e la poetica burlando
e cantando, con voci ammaestranti, non
solamente
sonanti come la musica; di ciò diremo appresso.
Oppongono ancora i sofisti, che la poesia consiste in
ingannar l’auditore, e che però
ella conviene più con
la pittura che con la statuaria, perché quella più la vista
inganna, come Apelle dipinse un augelletto, al quale
correvano tutti gli altri
uccelli credendosi che fosse
vero; rispondo che imitare si può il vero e il falso, come
io posso dipingere l’effige del Papa, come vedo, a punto
simile a lui, e quella
del pontefice d’Etiopia finto, e posso
dipingere un centauro e un cavaliere armato,
dove credo
meritar più lode in esprimer intieramente il Papa [e]
li cavalieri,
[che] il centauro e l’Etiopo, perché qui sto