Tommaso Campanella, Poetica, p. 328

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[VII. Il fine etico].

Perché la propria arte dell’uomo è l’imitare, sendo che
gli uomini siano simili agli uomini e agli dèi cercano assomigliarsi,
come a più savi e buoni per consenso commune,
dunque, quando si descrivono gli uomini giusti, e dèi
adulteri, e cavalieri avari e sconscienziati, non solo s’imparano
tali vizi da loro, ma fa venir voglia d’imitarli, secondo
che noi ci conserviamo facendo come gli altri,
particolarmente quando sono maggiori nostri almeno per
antichità, la quale per natura è ammirata, onde scusiamo
sempre e difendiamo li nostri falli in giudizio con
gli esempi degli altri passati. Io vorrei pertanto che, quando
s’introducono simili sceleratezze, o vere o finte, si
dicesse il cattivo fine di tali scelerati, onde si ponessero
per insegnare e avvertire gli altri, che non l’adoprassero.
Ecco Moise, divinamente ammaestrato, che non tacette
la istoria de’ Sodomiti per far venire a schifo il loro
nefando vizio, nemicissimo alla generazione degli uomini;
all’incontro Omero, maestro de’ ciurmatori, introduce
questo vizio esser più piaciuto a Giove ancora sopra tutti.
Dunque tra’ poeti Dante si deve amare nella buona repubblica,
per esser egli gran laudatore del bene e del
male grande biasimatore, sommo intenditore delle cose
politiche e gran fingitore a benefizio di chi le legge, e a
tempo, e a luogo, e del personaggio parlante, di tutte le
condizioni accoppiatore industrioso a maraviglia, e però
poco inteso e manco apprezzato dal volgo nemico di virtù.

Sta bene ancora parlare delle virtù e de’ vizi con sensi
metaforici, significandole, come fossero mostri o donne,
con le sirene, e altri interessanti personaggi, che non
parlano, ma significano, perché questo non è inganno,
essendo introdotto a significare altro, come diceva san Tomasso
nel primo delle Sentenze, che, essendo la colomba
apparita dal Giordano segno dello Spirito Santo e non
vera colomba, ma fabricata a tempo, per misterio d’angeli,
la quale torna poi nella sua materia: – Non però –
disse – ibi fuit aliqua fictio, quia illa similitudo columbae
non extendebatur ad manifestandam aliquam virtutem in ipsa

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