Tommaso Campanella, Poetica, p. 348

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ma:

Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci,

come Lucrezio si vanta aver egli fatto nel suo poema
filosofico, ed è così, perché il vero diletto e gusto nasce
dall’utile e onesto: però, quando alcun mangia, gode, e
quando se gli dà dieci scudi, gode, perché sente l’utile
nel cibo e ne’ danari, che nella vita ci conservano; e,
quando se li cava la berretta per onorarlo o vien lodato,
gode ancora, perché l’onore conserva noi in compagnia
civile e negli altri; ma quando se gli dà una
dignità e signoria, maggior godimento sente da quel
venirgli utile e onor maggiore. Che [se] poi gode delle
cose disutili e disoneste, quale è il vizio nefando degli
uomini, perciò gode, perché ha il gusto guasto e come il
febricitante gode della cosa che gli fa male, perché il
gusto suo è adulterato dalla febre, e mangerà un porro
non maturo e schiverà un pollo. Bene diciamo dunque
che il piacere è senso di tutti i beni, o veri o apparenti,
e che il poeta, che porge utilità e veri beni ne’ scritti suoi,
piacere apporta maggiore di quello che spasso senza
utile dona e, come si dice, fumo senza arrosto; e che
perciò ognuno vuole esser più tosto ingannato da un
poeta utile, che da un disutile, come più da un medico
che gli dice: – Bevi questo brodo; è dolce –, dandogli
medicina amara, che poi la sanità gli apporta, e fa di
modo che l’amarezza non senta, tingendo di mèle li
orli del vaso, che da un cuoco che dice: – Bevi questo;
è dolce e ti sana –, dandogli un bicchiero di malvagìa,
onde poi l’allunga l’infirmità e l’uccide affatto; e se
nel principio non vuole così eleggere più tosto l’inganno
del medico che del cuoco, nel fine sempre resta guasto
questo godimento maggiore all’infermo. Così, leggendo
alcuno il libro di Lucrezio, sempre riceverà più gusto
che da Omero, perché da quello resta l’uomo ammaestrato
a vivere e onorato da chi per tale lo conosce, e da
questo ammaestrato all’avarizia e fierezza d’Achille, alla
stoltezza di Agamennone, all’impietà e poca stima de’
giuramenti di Sinone; onde alla fine, benché ne goda

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