Tommaso Campanella, Poetica, p. 358

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per poco cadde, e così quel Francese che provocò li
Romani, ucciso da Tito Manlio Torquato. Dunque si
mostraranno difficili le imprese e faticose, sendo ragionevole
che gli uomini eroici, che si descrivono, a grandi
imprese si appiglino, donde poi rieschino con maggior
gloria, e dove non ci è resistenza si sdegnino metter
mano, come fanno i vili, de’ quali dice Dante:

La trascurata schiatta che s’indraca
verso chi fugge, ma a chi mostra il dente
ovver la forza come agnel si placa.

Per compimento dell’invenzione eroica resta a conoscere
che non quelle guerre che solo fûr giuste, ma giuste
e maravigliose con le favole [si cantano], dove il
soggettoè basso, come fa Flacco nell’impresa di Giasone,
il che non si permetterebbe a chi scrivesse quelle del
Colombo, sendo per sé ammirabili: di più si cantano
delle guerre giuste e maravigliose non tutte, ma quelle
che apportaranno grand’utilità alli posteri e che dànno
leggi ai vinti, il che è fine del vincitore, e cagionano
mutazione d’imperio e di religione, che è anima di
quello, e novità di secoli, perché l’imprese che nell’esser
loro son recate a buon fine (e poi si pérdono per infelicità
e non saperli dar leggi e ci sono tolti di mano) e
non mutano il mondo, non si cantan con quel gusto che
Omero quella di Troia e Virgilio quella di Lazio, perché
dimostrano la nostra corruzione e disonore, per la
dappocaggine de’ lor posteri, da’ quali descendiamo
noi; onde l’impresa di Carlo V contro Germani, che
subito se gli ribellorono e gli diedero una rotta a Villaco,
onde crebbe più l’eresia, non è degna di poema.

Però alcuni vogliono che il Tasso abbi preso tal
soggetto ad inanimare gli animi nostri a riaver la [Terrasanta]
con gli esempi della virtù de’ nostri, e a generar
concordia tra’ Cristiani, acciò si vergognino d’odiarsi
e lasciare in mano de’ cani l’imprese sante de’ nostri antichi,
e mostrar quanto siano tralignati da quelli e quanto
si doverebbono sforzare a riavere il perduto; se non, che
di passo in passo perderemo quanto abbiamo. Tal poema

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