Tommaso Campanella, Poetica, p. 370
vago e ammirabile. Il poema diletta ancora per il
giovamento che se ne
reca.
S’introducono due fidelissimi amici, che non si abbandonino
mai l’un l’altro per
disagio veruno, quali
furono in verità Scipione e Lelio, e per finzione Teseo
e
Piritoo, Eurialo e Niso e Cloridano e Medoro.
Non sarebbe fuor di proposito introdur un giovane
amato da alcuna persona singolare,
purché non faccia
sospetto d’amore lascivo, ma filosofico, il quale per l’amante
si metta ad ogni rischio, come fece Giovanni di
Capua per il re Alfonso, quando si
lasciò sopravenire e
ammazzare da’ nemici per donare il suo cavallo al re
cascato
in terra, sendoli ucciso il suo; perché invero,
quando l’amore è leale, non
traditoresco, qual è quello
che l’orazione delinea nel Fedone di
Platone, di necessità
è reciproco, e ogn’amato sendo per suo bene amato,
quando da
tristi esempi non è ancora tirato a mal amante,
perché:
Amor che a nullo amato amar perdona,
come dice Dante, così più vigor nel vero amato si desta.
Si loda Achille da Platone, che era sbarbato, benvoluto
assai da Patroclo amante,
il quale essendo ucciso da Ettore,
fu interdetto ad Achille dalla madre dea, sotto pena
della
morte, di non combattere contra Ettore; nondimeno
volle in ogni modo
vendicar la morte d’amoroso giovane,
il che è ben fatto ad indurre e inanimare li
giovani
alle buone operazioni per mezzo dell’amicizia de’
buoni, come narra anco
Platone, che Alcibiade divenne
grande in senato e in guerra per amor di Socrate, il
quale poi, vecchio, seguì pur la spedizione de’ Greci
contro barbari, fatto
capitano con gloria dell’uno e dell’altro.
Fa il Tasso che combatta Rinaldo per la
morte
dell’amante Roberto, ma non con tèma di morte come
Achille; e con suoi bei
modi Virgilio poi mette Ascanio
imparar le virtù del padre con più prudenza e minor
sospetto, acciò s’impari a mandare in guerra i figliuoli
per farli venire gran
capitani, come fu Annibale appresso
il padre Amilcare; e i Veneziani saviamente mandano