Tommaso Campanella, Poetica, p. 398

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contenendo l’azione tutta descritta in breve, come ne
demmo esempio parlando sopra dell’unità dell’azione;
onde si vede ancora che l’Ariosto nel principio mostrò,
perché dice:

Le donne, i cavalier, l’arme e gli amori,
le cortesie e l’audaci imprese io canto…,

disconvenendo altresì il titolo di Orlando furioso; e poi,
come correttore di se stesso, dice così:

Dirò d’Orlando in un medesimo tratto…;

e poi, sotto, ad Ippolito d’Este promette dir di Ruggiero,
nel che par che di una sola figlia ne faccia dieci generi,
perché è composta di tante parti come una sfinge.

La narrazione poi è tutta quella narrazione o orazione
del poeta, ove dice le diverse fortune e gesti degli
eroi, sino al fine, introducendogli a parlare o fare. Segue
ella doppo la proposizione immediatamente e commincia
con principio conveniente alla prima parte del
poema, il quale par che non accordi con le cose proposte,
quando si comincia dal mezzo, e poi, passando avanti,
in esse piomba, come Virgilio in quella:

Urbs antiqua fuit, Tyrii tenuere coloni,Carthago… ecc.,

c’have tutte le dette condizioni, avendo egli a dire di
Cartagine, emola di Roma, alla quale arrivò Enea doppo
il naufragio e fu ricevuto da Didone, come è scritto nell’Eneide.
Ma quando si ha da narrare qualche cosa, che
non si può proponere senza precedente conoscenza di
lei, si commincia spesso da una narrazione, [come]
Dante:

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura…,

e insieme si propone quello che s’ha da dire, e nel bisogno
s’invoca, come nel secondo canto:

Il giorno se n’andava e l’aer bruno…

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