Tommaso Campanella, Poetica, p. 399

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e poi:

O Muse, o alto ingegno, or m’aiutate…;

il Petrarca usa anco questa narrazione:

Nel tempo che rinova i miei sospiri...

Tutto ciò che abbiamo detto, che si deve trattar nel
principio, mezzo e fine, appartiene al narratore introdurlo
con ordine poetico, il quale consiste, come dice
Orazio.

Ut iam nunc dicat, iam nunc quae debita dici,
pleraque differat et praesens in tempus omittat
,

perché spesso si comincia dal mezzo e le cose passate si
tralasciano e si fanno narrare da qualche personaggio,
come Enea parla a Didone delle sue passate guerre e disagi,
così Ulisse a’ Feaci; anzi, la cosa che in persona d’alcuno
occorre non si dirà – come l’istoria face –, ma si
introdurrà che la narri esso ad altri, come fanno li messaggeri
nelle tragedie. Introducendo poi a parlare li personaggi,
bisogna che gli imiti ne’ gesti, negli affetti e
nelle parole: ben Virgilio fa Sinone furbo comminciare
quel gesto, volendo dire:

Constitit atque agmina Phrygia circumspexit,

e Ovidio introduce Ulisse a disputar delle armi d’Achille
con Aiace con finzioni convenienti alle sue astuzie, e
l’Ariosto in questa parte divinamente scrive – come si
puol vedere – e Dante ammirabile, in tanto che, mancando
il modo del gesto per averlo descritto molte fiate,
dice:

Mi fe’ con cenni e segni reverenti.

Fa mestiere anco imitare i costumi del paese nell’oprare
e parlare; però si introduce Ferraù spagnuolo,
paziente, bugiardo e vantatore di quel che mai egli fece,
e Orlando dirlo, convenientemente. Si farà dunque il
Franzese imprudente, forte e velocemente impetuoso,

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