Tommaso Campanella, Poetica, p. 404

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Similmente, assai più stimo Seneca nella tragedia d’Ottavia,
che nella Medea, nell’Ippolito e altre sue. Le tragedie
di san Giovanni Battista e di santa Giustina muovono
gli affetti e sono lodevoli più per esser morti per
la verità della nostra religione, che per altro, onde si vede
che la giustizia della causa è necessaria nella rappresentazione.
Però, se alcuno narrasse il fine del duca Alessandro
de’ Medici, per essersi mosso il suo cugino ad ammazzarlo
forse con giusto zelo e perché muore sperando
un atto di fornicazione consumare, non muoverebbe a
compassione troppo. L’infelice fine che fanno i figliuoli
del re de’ Turchi sarebbe a noi niente lacrimevole,
sapendo per certo che la loro scelerata setta li fa degni
di peggio. Dunque erra un moderno nella tragedia di
Cesare, facendolo empio, poco credente alla religione.

Sia pertanto diffinito, che il soggetto della tragedia debba
esser fortunato, virtuoso, ricco, potente, giusto e pio,
e se non fussero poste queste qualità in lui, fingerne alcune.
Di più, non deve esser favoloso, se non pochissimo
per grande necessità, perché il vero muove più che il
falso; la favola solo è buona per alcune circostanze di
sacre rappresentazioni per quello che si approva da’ religiosi,
e sempre fu nel mondo questo costume, che la
religione, o buona o mala, dia legge a tutta la repubblica.
Impertanto l’antiche tragedie da essa erano approvate
e fatte recitare ad instruzione del popolo; ma, sendo mutata
la religione da gentile in cristiana, cessôrno le tragedie
greche ne’ tempii e restôrno ne’ palazzi: de’ moderni
per questo poche se ne vedono, onde, perché quasi
nulla giovano al tempo d’oggi, direi che si dovesse
poetare secondo l’uso nostro, e lasciar questo nome di
tragedia e osservanze greche, e introducendone cristiane,
buone e atte a far frutto negli animi degli ascoltanti.
E si vede che per tutta l’Italia si usa il rappresentare
la passione di Nostro Signore Giesù Cristo e de’ santi
con frutto de’ spettatori grandissimo, perché s’impara la
vita buona de’ santi e le loro lodi, e s’inanimisce il popolo
ad imitarli e morir volontieri per la verità della fede,
combatter cordialmente contro eretici e contro i Turchi

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