Tommaso Campanella, Poetica, p. 407
fine di un giorno rappresentare; in essa mai parla il
poeta, però è
dialogo misto d’azione apparente, la quale
si distingue in quattro o cinque atti, e il
passare questi
termini è vizio. Però s’introducono personaggi vestiti
a questa
foggia, che vestono e si giudica che potessero
vestire coloro li quali essi
rappresentano, e questi saranno
al numero di dieci o di dodici al più; si faranno
luoghi da recitare simili a quelli che significano ove fu
fatta l’azione vera, e
si adorneranno di modo, che parrà
vedere quella città, o palazzo, o palco, ove ella fu;
le
principali persone, di parole e di modi, di gesti, di costumi,
di vestire,
secondo la convenienza del significato siano,
né men conviene che gli altri siano non
tali. Sarà
dunque il principe, che muore, il tiranno od altra persona
senza
conscienza che il fa morire, o il caso repentino
o incognito; e dell’una e l’altra
parte ci sono i consiglieri
o ministri, amici, servi, serve, soldati, maestri di
dottrina,
astrologi o sacerdoti, mogli, mariti, figliuoli, compagni,
demoni e
angeli, secondo fia necessario al negozio, i
quali tutti si devono introdurre col modo,
ordine e imitazione,
che abbiamo detto nell’epopea.
Avanti il primo atto non si usa prologo lungamente
parlare, ma il primo personaggio
che parla a lungo –
o sia divina persona, o umana – insegnerà, come casualmente,
tutto quello che s’ha da trattare, non mostrando
essere per far prologo. Nel primo
atto il buon principe
farà allegrezza e trattarà le cose sue di modo, che non si
avvegga del suo fine, ovvero piangerà la morte altrui,
trattarà di cose serie, si
lamentarà della fortuna propria
e dell’amico, e buono si mostrerà, o bersaglio della
fortuna
farsi. Nel secondo e terzo seguono l’ambasciarie,
sacrifizi, minacce del
Cielo sopra la persona del re, o
avvisi angelici, e si tesse l’azione con quegli atti
che sogliono
accadere e sono accaduti avanti gli ultimi mali; e
muove assai il mal
previsto per disporre gli animi alla
compassione e alla considerazione della
providenza, come
fa il sogno della cerva ad Ecuba, di lupi e lupaccini sbranati
al
conte Ugolino di Dante, e quel di Calpurnia avanti
la morte di Cesare; ma, tra’ nostri,
l’avviso di san Sisto