Tommaso Campanella, Poetica, p. 426
si trasferiscono le voci proprie d’una cosa ad un’altra
per la
somiglianza che ella avesse con la proprietà principale
e significato di quella, come
Achille chiama Ettore
cane, volendogli rinfacciare ch’avesse costumi canini
e
barbari. Aristotile [pone] tre maniere di traslati:
una del particolare all’universale,
come se dicessimo:
«L’animale vola», sebbene una spezie sola volasse,
e che noi
sediamo in camera, eppure stiamo in una
parte sola della camera. Un altro modo di
trasferire
è quando il commune al particolare si trasferisce, come se
dicessimo:«L’augello si move», quando corre a volo.
Il terzo modo si chiama traslato di
proporzionalità, perch’è
qual proporzione d’una cosa ad un’altra, e questa
lor
somiglianza di proporzione dicesi proporzionalità
nel quinto libro d’Euclide; però,
dicendo noi: «La
lancia di Marte è la sua coppa e la coppa di Bacco è la
sua
lancia», usiamo questa maniera di trasportare, e
Giustiniano dice nel primo dell’Instituzione, che l’imperiale
maestà, ecc., percioché, qual
proporzione
hanno l’armi ad armare, tale hanno le lettere ad ornare.
Ci sono ancora altre maniere di trasportare le voci, secondo
Quintiliano, quali però
si ponno ridurre tutte
alla proporzionalità: la prima è delle cose animate trasferire
le voci alle disanimate, come il Petrarca:
Ridono i prati…;
la seconda è per lo contrario, come: «Il cuor s’impetra»
e «La saetta vola»; la terza
degli animati, come Dante dice:
Bruto con Cassio nell’Inferno latra,
avvenga che il latrare sia proprio del cane e non dell’uomo.
Finalmente da cose
inanimate ad animate tutti i
traslati proferiti con l’avverbio comparativo pérdono
il nome di metafora e si chiamano comparazioni, sì come
dicendo: «Ride l’uomo, gli
arbori si aprono»; e perché
il poeta ha bisogno più che altro artefice de’ traslati,
perché contengono sempre qualche menzogna, sebbene