Relatore:
Luca Simeoni

Testo:
Simplicio, In de cael. 488, 18-24 Heiberg (file PDF 51 KB).

Tema:
Il filosofo e l’astronomo

Concetti chiave:
antichità – astronomia – epistemologia – Platone – Eudosso

Abstract:
Quando Simplicio scrive il Commento al De caelo di Aristotele, l’astronomia greca è ormai da tempo una disciplina ben definita, costruita in modo metodico e rigoroso attorno al problema di “salvare i fenomeni”. Compito dell’astronomo è spiegare le complesse traiettorie irregolari dei pianeti attraverso la combinazione di movimenti circolari che sono semplici, uniformi e ordinati: il suo è un approccio geometrico, che lascia invece al filosofo della natura le indagini inerenti alla struttura reale dei cieli. Tale sistemazione segnerà profondamente gli sviluppi dell’astronomia, nel senso che ancora fino a Newton gli specialisti saranno impegnati a studiare i moti dei pianeti. Non solo: essa sarà anche sullo sfondo delle riflessioni che in epoca medievale e poi moderna riguarderanno la natura del sapere scientifico e i suoi rapporti con la filosofia. Questo conferisce un valore tutto particolare a quel passo del Commento in cui sono ricostruite le origini del “salvare i fenomeni”.
Simplicio attribuisce a Eudosso il merito di aver dato per primo una soluzione adeguata alla questione dei moti planetari, attraverso l’apparato delle sfere omocentriche. Insieme sottolinea pure che la formulazione del problema risale a Platone: è questi infatti a interrogare gli astronomi, stabilendo al tempo stesso quali condizioni debbano esser soddisfatte perché la risposta sia accettabile e i fenomeni vengano salvati. Ma le cose sono andate davvero in questo modo o siamo davanti piuttosto a una costruzione storiografica, magari per esemplificare il primato della filosofia rispetto alle scienze particolari o addirittura per riportare all’autorità di Platone ed Eudosso ricerche che invece sono molto più tarde? In effetti, l’espressione stessa “salvare i fenomeni” non ricorre mai nei dialoghi di Platone e neppure nei frammenti attribuibili a Eudosso. Inoltre, il modo in cui Simplicio cita le sue fonti, lascia in dubbio se la relazione fra Platone e Eudosso sia già nota a Eudemo (scolaro diretto di Aristotele), oppure venga introdotta da Sosigene (II sec. d.C.).
Il seminario vuole essere dunque un’occasione per ricostruire una pagina cruciale sulle origini dell’astronomia, ed inoltre per esaminare il modo in cui gli antichi si rapportano al passato. In questa prospettiva non si tratta di stabilire con sicurezza a chi far risalire il brano del Commento, ma piuttosto di capire quanto Eudemo, Sosigene e lo stesso Simplicio siano influenzati da concezioni loro contemporanee e quanto invece abbiano saputo restituire l’effettivo ruolo di Eudosso e il suo reale rapporto con Platone. Ciò consentirà, altresì, di gettare uno sguardo sulle conoscenze astronomiche del IV sec. a.C. e discutere la posizione di Platone riguardo alla scienza del cielo e più in generale al mondo dei fenomeni.

Letture consigliate:

A.C. Bowen, La scienza del cielo nel periodo pretolemaico, in Storia della scienza, I, Roma 2001, pp. 806-39.

P. Duhem, Sozein ta phainomena, Paris, 1908, trad. it. Roma, 1986.

F. Franco Repellini, I fenomeni celesti e la scienza dei Greci, in AA.VV. Gli antichi e noi, Rovigo 1990, pp. 73-84.

N.S. Hetherington, Plato and Eudoxus: Instrumentalists, Realists, or Prisoners of Themata?, «Studies in History and Philosophy of Science», XXVII (1996), pp. 271-89.

G.E.R. Lloyd, Saving the appearances, in Methods and Problems in Greek Science, Cambridge 1991, trad. it. Bari-Roma 1993, pp. 425-74.

J. Mittelstrass, Die Rettung der Phänomene, Berlin 1962.

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