lessico intellettuale europeo

dipartimento di ricerche storico-filosofiche e pedagogiche

facoltà di lettere e filosofia

LETTURE BRUNIANE IV

L'individualità tra divino e umano

Immagini dell'individuo e potentiae dell'uomo

in Bruno e nella filosofia del Rinascimento

università "la sapienza"

Roma, Villa Mirafiori, 22-23 ottobre 1999

 

 

 

PRESENTAZIONE DEGLI INTERVENTI

 

 

Wilhelm Schmidt-Biggemann

Kontraktion und Existenz. Elemente des absoluten Werdens

in der Philosophie Giordano Brunos und Jakob Böhmes

 

1. Antecedenti

Aristotele conosce solamente un divenire individuale all'interno della sostanza di un genere; egli non distingue terminologicamente tra esistenza ed essenza. Soltanto con la traduzione latina della Metafisica di Avicenna la separazione di esistenza ed essenza diventa oggetto della philosophia prima. Plotino aveva concepito la differenza tra l'Uno non-numerico e l'uno numerico come differenza tra quello che è "prima dell'essere" e l'essere conoscibile. Questo Uno non predicabile può essere definito come la possibilità prima di ogni realtà. Nicolò Cusano concepisce così 'l'uno non-numerico' quale "massimo assoluto" e ambito delle possibilità che si contraggono a realtà. In questa figura si intrecciano i concetti di 'esistenza' e 'divenire'. L'esistenza si compie nel continuo processo di contrazione del massimo assoluto a minimo assoluto.

2. Il panteismo di Giordano Bruno

Giordano Bruno riprende elementi sostanziali della filosofia cusaniana del divenire. Dio - il Padre - viene da lui definito, nel solco della tradizione del Liber de causis, come principio supremo e causa suprema, concepiti come potenza della creazione e conservazione del mondo. Questo Dio è la causa efficiente nel processo di esistenza del mondo. La potenza divina del principio opera unicamente nel processo della sua realizzazione; cioè, essa necessita di una potenza contraria, in cui attuare la propria possibilità. La figura argomentativa che descrive il processo di attuazione del possibile è il rapporto di actio e passio. La potentia passiva della forza divina è la materia necessaria alla realizzazione di Dio, in cui Dio unicamente si definisce, che sola rende concepibile l'essenza di Dio a lui stesso e in cui sola si compie la vita divina. In tal senso, la materia è cristologicamente definita. Tale dispiegamento della potenza divina è al contempo l'attuazione di Dio nello spazio. Dio, andando oltre se stesso in quanto causa inifinita, si dispiega senza soluzione di continuità, divenendo sempre il medesimo nello spazio. Questa alienazione da unità a duplicità è una perdita dell'originaria unità non-numerica. Secondo la dottrina pitagorica, il numero 'due' è uno spazio potenziale dotato del carattere di di-mensione. Questo spazio etereo, di materia sottile, è lo spazio dell'autorealizzazione divina. In questo spazio, la potenzialità divina si contrae da unità assoluta a reale, corporea molteplicità.

3. La sensualità antropomorfica della trinità in Jakob Böhme

Come tutte le teorie teogoniche, anche Böhme prende le mosse dalla concezione plotiniana che l'uno non-numerico sarebbe conoscibile solamente attraverso le sue alienazioni. Egli collega tale concezione con l'idea tradizionale di un Padre concepibile come causa prima. Questa causa prima è visibile unicamente nella sua alienazione, che avviene solo nel Figlio. Senza Figlio, il Padre è "una valle oscura". Mentre il Padre in quanto primo principio è la potenza tout court, potente e indiviso, distruttivo e costruttivo assieme, il Figlio è il mitigatore del Padre, che modera la potenza indivisa del Padre verso la sensazione di sé del Padre in "odore e gusto", che qualifica la potenza come amore e la fa diventare beneficio. Tale funzione di qualificazione positiva è al tempo stesso il tipo di qualificazione per eccellenza: attraverso il Figlio , il Padre diventa l'origine dell'amore sensibile. Senza il Figlio, il Padre, essendosi qualificato nel Figlio come amore, è visibile unicamente nella sua qualità non mitigata di 'furore', ira e male (Grimm, Zorn, Unheil). Solo a seguito della qualificazione del Padre nel Figlio, lo Spirito Santo diventa concepibile come principio delle unità viventi di tutti gli enti. L'unità viva unifica Padre e Figlio. Nei primi scritti böhmiani, lo Spirito Santo viene definito anche come ambito primordiale delle cose del pensiero di Dio; negli scritti successivi si distingue la Terza Persona della Trinità dalla Sophia, la sapienza divina. L'attuazione del mondo primordiale divino avviene attraverso il processo delle sette qualità: 1. Sale: la contrazione del principio, che vuole rimanere presso di sé. 2. Zolfo: la tendenza contraria alla formazione di una sostanza autonoma. 3. La ruota dell'angoscia, che unisce i contrari; coincidentia oppositorum. 4. Fuoco: fine della prima fase della formazione primordiale delle sostanze mediante la contrazione; sostanzializzazione primordiale e intreccio di entrambi i momenti. Distruzione di questa prima, angosciosa unità, che ancora collegava le cose primordiali alla loro origine. Da questo fuoco distruttivo nasce la materia, cenere che a sua volta attrae l'acqua. Quest'acqua celeste (Gen. 1,7), interpretata come Spirito o Sophia, contiene le forme primordiali che nella cenere si congiungono in modo ilemorfistico per divenire realtà extramentali. 5. Ora, nell'armonia cristologicamente caratterizzata, nasce dalla terra, dall'acqua e dalla luce (generati tutti dal fuoco) la vita del mondo extradivino. 6. Questa vita, che si realizza come parola di Dio, si crea il proprio spazio nell'eco della stessa parola. 7. L'ordine primordiale 'gioca' nel suo realizzarsi nel mondo paradisiaco, ancora libero dal peccato.

 

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Filippo Mignini

La dottrina dell'individuo in Cusano e Bruno

 

L'esame del problema dell'individuo nelle filosofie di Cusano e di Bruno ha un duplice interesse: consente di cogliere con efficacia, riguardo ad un tema filosoficamente e culturalmente centrale, implicante altri temi e problemi (si pensi soltanto a quello dell'individualità e immortalità dell'anima umana), un cambiamento epocale nella filosofia moderna, specie in relazione alle nuove dottrine dell'indeterminatezza del principio quale soggetto di contrari e della infinità dell'universo; consente di misurare con precisione convergenze e divergenze tra le filosofie dei due autori, tenuto conto anche dell'esplicito riconoscimento di debito teorico che Bruno professa nei confronti del Cusano.

Il pensiero del Cusano intorno al tema dell'individuo, mai tematizzato in modo formale e sistematico, ma ricostruibile da tesi esposte in alcune delle sue opere filosofiche fondamentali (De docta ignorantia, De coniecturis, Idiota, De beryllo, De ludo globi, De venatione sapientiae), viene esposto in quattro punti:

1. Circolarità del processo Uno-individuo-Uno. L'individuazione consiste nel processo di esplicazione contrattiva mediante il quale l'unità si dà come pluralità: "gli individui sono coloro nei quali esistono in atto contrattamente tutte le cose". L'individuazione è necessaria, assoluta e unica: compatibilmente con la sua potenzialità, ogni individuo è perfetto. Il singolare, "aeternae lucis similitudo", è a suo modo soggetto di coincidenza di opposti.

2. La mente umana ignora la modalità del processo di individuazione, ossia come l'Uno si dia nella molteplicità. Considerazioni sul tema della contingenza.

3. Nonostante la sua incomprensibilità, l'individuazione viene presentata attraverso un modello congetturale, che si riassume nel principio di esplicazione graduale dell'universo per generi, specie e individui. Poiché l'individuo esiste soltanto entro il limite della specie, viene indagato tale rapporto privilegiato, non esente da tensioni teoriche irrisolte. La specie viene infatti pensata, da un lato, come quidditas unica di tutti gli individui che le appartengono, dall'altro come esistente in atto solo negli individui. Tuttavia, poiché quest'ultima affermazione avrebbe implicazioni dirompenti sotto il profilo teologico (si pensi al dogma del peccato originale, e a quello della redenzione degli individui umani da parte di Cristo in quanto appartenente alla specie umana), Cusano precisa che le specie, fuori dagli individui, non sono puri enti di ragione e che gli individui, secondo la tradizione platonica, sono uniti intrinsecamente alle loro idee. Inoltre, il rapporto specie-individuo è al tempo stesso posto e negato come modello di pensabilità del rapporto unità-molteplicità.

4. La teoria della legge di natura, implicante quella di un movimento universale, rappresenta, in nuce, un'alternativa euristica al modello teorico specie-individuo, conservato ancora tuttavia dal Cusano. La legge di natura costituisce infatti il processo di contrazione in atto, da cui tutto deriva, per cui tutto agisce e tutto è conservato: la specie sopra il tempo, gli individui nel tempo.

Bruno considera chimere di metafisici le dottrine tradizionali intorno al principio di individuazione; conviene con il Cusano sulla inconoscibilità, da parte di un intelletto finito, del vincolo essenziale esistente tra Uno e individuo; limita la filosofia all'indagine dell'universo fisico infinito. La dottrina bruniana dell'individuo, ricostruita dal complesso delle sue opere italiane e latine, ed espressa nei lemmi-chiave individuo, singolare, sostanza, accidente, specie, forma, materia, vuoto, viene esposta in cinque punti.

1. Il termine individuo ricorre secondo una duplice accezione: come indivisibile, e tali si dicono l'Uno, l'infinito, l'universo, i mondi ecc.; come singolo o particolare rispetto a una specie o insieme maggiore che lo comprenda. È in questa seconda accezione che il tema dell'individuo viene indagato.

2. Inteso come entità numerale e moltiplicabile, l'individuo è considerato accidente vicissitudinale di un soggetto materiale unico, considerato unica sostanza-sostrato. Assunta in tale accezione, la dottrina bruniana dell'individuo si fonda sulla critica della dottrina tradizionale della specie e soprattutto su quella della molteplicità degli individui-sostanza.

3. Causa della moltiplicazione numerale degli individui viene considerata la materia, non in quanto soggetto di mutazione, ma causa di mutazione degli accidenti che produce eternamente e ciclicamente esplicandoli "sul proprio dorso", sia perché ha in sé e conserva eternamente le forme di tutte le cose, sia perché è una potenza indistinta dall'atto che dall'interno esprime la forza animatrice che genera e separa da essa, come accidentali fenomeni, tutti gli individui. Per la produzione degli individui esistenti in atto si richiedono dunque tre cose: la materia con le sue forme naturali; l'anima del mondo, o forza che muove intrinsecamente nella materia le forme verso la loro esplicazione accidentale; il movimento in atto o la reale vicissitudine che determina quelle forme, mosse dalla forza animatrice, a vestirsi di certi o certi altri accidenti.

4. Che cosa, tuttavia, distingue le forme nel seno della materia e le cose nella loro accidentale ed esplicata attualità? Nel De l'infinito e nel De immenso, ma anche nella Lampas triginta statuarum e nell'Acrotismus Camoeracensis, Bruno introduce una causa ulteriore della individuazione: il vuoto, assunto come principio fisico, sia esso di sottilissima corporeità come l'etere, sia esso semplicemente incorporeo, e inteso come continuità indifferente infinita dell'universo e principio di distinzione e separazione di tutte le cose.

 

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Stéphane Toussaint

L'individuo estatico: raptus, vacatio animae e tecniche mistiche in Ficino e Pico

 

Gli anni 1485-1490 sono fondamentali per la formazione di una mistagogia sui generis; nell'ambiente fiorentino, per giunta destinata alla fortuna che sappiamo in autori come Reuchlin, Cornelio Agrippa, Leone Ebreo o Postel. L'attenzione finora essenzialmente rivolta all'ermetismo neoplatonizzante di Ficino e di Pico, ed alla magia intesa come potere 'naturale' occulto, hanno distolto l'attenzione da un campo di ricerca che si colloca tra la teologia mistica tardo-antica e medioevale (ben nota al Ficino ed al Pico) e le tecniche estatiche più vicine alla teurgia 'sovrannaturale', al profetismo ed alla Cabala. Prendendo in considerazione i testi circolanti in quei cinque anni collocabili tra il Commento e il De ente et uno per Pico, la traduzione di Plotino e il De vita per Ficino, questo primo approccio è destinato a stendere la mappa di nuovi ideali di 'deificazione' individuale insieme alla loro codificazione tecnica (binsica, mors osculi, raptus, extasis mentium, vacatio, inebriatio etc.) all'interno di autentiche ibridazioni o creazioni culturali.

 

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Gianni Paganini

Problemi di fisica stoica nell'età di Bruno: theos, kosmos, anthropos in Giusto Lipsio

 

Atraverso un'analisi dell'opera di Giusto Lipsio Physiologiae stoicorum libri tres si prendono in esame alcuni classici problemi di fisica 'stoica', così come si presentavano agli occhi di un dotto umanista nei primissimi anni del '600. È noto che nella prospettiva stoica la 'fisica' comprende sia la cosmologia, sia la teologia, sia ancora l'antropologia, ed è interessante vedere come Lipsio abbai cercato di conciliare il corporeismo del Portico e le esigenze della teologia cristiana, delineando un rapporto tra mondo e Dio che sfuggisse alle aporie della 'mixis'. Malgrado il finitismo e l'antieliocentrismo che la connota, la cosmologia neostoica dell'erudito fiammingo è tuttavia aperta a innovazioni decisamente avverse all'impianto aristotelico: fluidismo, infinitismo vicissitudinario (nel tempo se non nello spazio) delineano orizzonti nuovi per la cultura dell'epoca. L'antropologia si situa parimenti in una prudente posizione mediana fra l'esaltazione ermetica (accentuata dal pneumatismo stoico) e la consapevolezza più meditata dei vincoli e dei limiti che si impongono al soggetto umano. L'esame del testo consentirà infine di verificare come anche nei riguardi del cosmo fisico e attraverso il retaggio tardorinascimentale si faccia strada l'esigenza di una prospettiva nomologica accentuata.

 

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Massimo Luigi Bianchi

Autorivelazione divina e superamento della Selbheit in Jacob Böhme

 

Il nucleo della filosofia böhmiana viene individuato nel tentativo di conciliare le due opposte esigenze concettuali cui deve soddisfare l'idea di Dio: quella per cui egli va pensato come infinità, come un essere immune da qualsiasi specificazione e determinazione individuale, e quella per cui egli deve potersi simultaneamente concepire come un'entità realmente esistente, quindi concreta e sostanziale. Si mostra come in Böhme la fuoriuscita da questo contrasto coincida con la descrizione di un complesso processo di evoluzione interna della divinità (ciclo della ewige Natur), al termine della quale questa si rivela, innanzitutto a se stessa, come amore, cioè come sintesi della unità e della molteplicità, conciliazione delle differenze, unità mobile e vivente che si esprime nell'ambito del finito e del molteplice. Viene messa in rilievo l'affinità dell'intuizione di Böhme con quella che è all'origine della Fenomenologia dello spirito di Hegel, ma anche segnalato il rischio di farsi sfuggire la sua fisionomia specifica, interpretandone i testi in un'ottica eccessivamente prospettica. I più immediati precedenti dottrinali delle sue tesi vengono indicati, al di là di qualsiasi ipotesi sulle sue fonti dirette, nel pensiero di autori come Scoto Eriugena, Eckhart, Cusano; più in generale ancora, per quanto riguarda la sua idea di Dio come sintesi del visibile e dell'invisibile, nonché come entità che si realizza attraverso un percorso storico, nell'ambito della teologia cristiana di ispirazione platonica, precisamente nella riflessione che la patristica viene svolgendo intorno al concetto di rivelazione. È infine illustrato il parallelismo tra l'esperienza vissuta da Dio nel processo della sua graduale autopoiesi e quella vissuta dall'uomo nel quadro della sua esistenza terrena.

 

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Eugenio Canone

Il fanciullo e la Fenice.

L'eterna essenza umana e gli 'innumerabili individui' secondo Bruno

 

Si affronterà la questione dell''individuo' nell'opera di Bruno, sottolineando alcune implicazioni sul piano ontologico, gnoseologico, etico e di una filosofia della storia. Un approfondimento del problema deve tener conto dalla complessa riflessione bruniana intorno all'anima rationalis, in rapporto all'anima e all'intelligenza universali. È inoltre opportuno considerare il principium individuationis nella filosofia di Bruno, tenendo conto della sua concezione della sostanza, una e infinita; sostanza 'indifferente' rispetto alla materia corporea e alla forma-anima. Collegandosi alla tradizione aristotelica (anche a Tommaso d'Aquino), Bruno considera la materia il principium individuationis, rifiutando la dottrina scotistica dell'individuazione per la forma. Rispetto a ciò, è possibile cogliere un preciso collegamento con l'impostazione di Averroè, critico nei confronti della soluzione avicenniana. Ed è noto che averroistica fu la prima formazione filosofica di Bruno; egli considererà sempre il filosofo di Cordova come il più profondo commentatore di Aristotele, che si sarebbe spinto, non di rado, ben oltre lo Stagirita. Nella relazione si esaminerà la tematica dell'individualità nella filosofia bruniana, tenendo conto del passaggio - decisivo - dal De la causa allo Spaccio e ai Furori. In quest'ultima opera, collegandosi anche al Sigillus sigillorum, Bruno delinea la sua concezione delle facoltà dell'anima. In generale, nei due principali 'dialoghi morali' il problema dell'individualità viene considerato nella prospettiva dell'attività umana - dell'edificazione della civiltà mediante 'fatica, sollecitudine e studio' di innumerevoli individui - e sul piano di un radicale conflitto interiore, che investe la stessa struttura 'sensibile' dell'individuo, della persona. Mediante la figura del 'furioso eroico', approfondendo il significato di un appetitus naturalis verso l'infinito, già al centro della ficiniana Theologia platonica, Bruno affronta in una luce peculiare la questione dell'"eterna essenza umana" e degli "innumerabili individui".

 

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Paolo F. Mugnai

De gli eroici furori, parte prima, dialogo I: la dottrina dell'amore

 

Una rilettura del primo articolo del primo dialogo della prima parte de Gli eroici furori che ne considerasse un più ampio livello di significato il quale - accanto e in analogia al discorso sui generi letterari - vertesse più direttamente sul tema dell'aspirazione all''alta bellezza', produrrebbe un arricchimento del senso della polemica contro i 'regolisti' e una considerazione nuova della figura di Omero e del ruolo delle 'muse importune': il poeta diverrebbe dunque tipo del furioso eroico; i regolisti, gli occhiuti censori diverrebbero tipo delle costrizioni delle religioni positive, della loro precettistica e della non autenticità di una tale proposta religiosa; Omero diverrebbe figura di Cristo apprezzato in quanto eroico furioso in contrapposizione alle regole tese a produrre cristiani imitativi; le muse si riconfermerebbero come la presenza e la chiamata costante del divino cui sta all'uomo rispondere.

Esito di una tale proposta sarebbe una lettura più lineare e compatta di tutto il primo dialogo, una esplicitazione maggiore e provocatoria del messaggio di rinnovata religiosità che traspare in tutti i Furori, accentuando la possibilità di una considerazione unitaria dei Dialoghi italiani e dei Furori come 'frutti' della nolana filosofia.

 

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Claudio Buccolini

Contractiones in Bruno: potenza dell'individuo e grazia divina

nell'interpretazione di Mersenne

 

Nel primo tomo dell'Impiété des déistes (Paris 1624), Marin Mersenne, utilizzando contro le dottrine morali degli empi "argomenti tratti dalla filosofia e dalla teologia", espone la sua condanna del Sigillus sigillorum, individuando nella dottrina delle contractiones un intento radicalmente anticattolico. Inscritto nella falange degli autori di opere morali "libertine" come Pierre Charron, Girolamo Cardano e l'ignoto compositore delle Quatraines du déiste, Giordano Bruno è, prima ancora che autore di ardite ipotesi cosmologiche e metafisiche (che attengono propriamente alla filosofia o alle matematiche), autore di un'opera dalle valenze morali anticattoliche: il Sigillus sigillorum. La dottrina delle contractiones segna, rispetto all'insidiosa morale di Charron e all'empietà di Cardano, un traguardo ulteriore. In essa la 'fides', disarticolata dal piano trascendente della grazia, diventa facoltà dell'individuo. Con un'arditezza teorica che lo stesso Cardano non aveva raggiunto (avendo riconosciuto limiti insormontabili per le facoltà naturali, oltre i quali solo la fede poteva operare) Bruno svincola il piano delle facoltà dell'individuo da quello delle gratiæ gratis datæ. La 'fides', inscritta nell'orizzonte delle capacità naturali dell'uomo, annulla il ruolo della grazia negli eventi miracolosi, nelle rivelazioni profetiche, nei rapimenti estatici, nelle manifestazioni di glossolalia e, complessivamente, in tutti gli ambiti nei quali, secondo la prospettiva cristiana, sono riconoscibili i carismi. È su tali presupposti teologico-morali che Mersenne fonda la sua condanna, prima ancora che sulle ipotesi metafisiche e cosmologiche, confutate nel secondo tomo. La triplice scansione "Charron, Cardan, Brun" (a cui nel capitolo decimo dell'Impiétè viene aggiunto anche il nome di Machiavelli: "Cardan, Machiavel, Brunus"), presentata fin dal frontespizio che segue la Dédicace a Richelieu, rivela la linea di continuità che il teologo istituisce fra le opere di autori eversivi rispetto alla morale cristiana e quelle del Nolano.

L'identificazione, nelle opere di Bruno, di ambiti e valenze propriamente morali e anticristiane da una parte, e riflessioni filosofiche o matematiche dall'altra, caratterizza l'atteggiamento di Mersenne. Nell'Impieté gli aspetti morali della filosofia bruniana vengono trattati nel primo tomo, gli aspetti più propriamente cosmologici e metafisici nel secondo, ove si confutano i primi tre Dialoghi italiani. Per quanto attiene alla morale: Bruno non riconosce l'immortalità dell'anima razionale dell'individuo (come rivela il terzo capitolo del De minimo); priva Dio della libertà, per poter provare l'infinità dei mondi; soprattutto, nel Sigillus sigillorum, introduce quindici tipi di contractiones per poter sradicare i fondamenti della religione. Ben oltre la riduzione degli eventi miracolosi entro l'ambito di processi naturali controllabili dall'uomo, in quell'opera è in atto - secondo Mersenne - un rifiuto completo dei fondamenti della religione. Perno di tale rifiuto è la riduzione della fede a facoltà dell'immaginazione dell'individuo ("une affection de foy, ou plustost d'imagination, de presomption, & de fole creance) in opposizione alla fede cristiana e divina ("car pour ce qui est de la foy Chrestienne, & divine, il n'en croit point").

Mersenne confuta la dottrina delle contractiones in un'opera composta in difesa della morale cattolica, riconoscendo in essa la sistematizzazione di una dottrina delle facoltà dell'individuo in cui è operante una prospettiva etica radicalmente anticristiana nella quale trova fondamento la condanna a morte del Nolano: "... il semble n'avoir inventé une nouvelle façon de philosopher, qu'afin de combattre sourdement la Religion Chrestienne, ne s'osant descouvrir plus clairement de peur du feu deu aux impies, mais il n'a peu si bien faire, qu'il ne l'ait experimenté".

 

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Monica Fintoni

Figure dell'umanità in Bruno

 

Figure dell'umanità: le più varie sono quelle che possono incontrarsi negli scritti di Bruno, e numerosi sono gli studi che si sono confrontati con esse. I riferimenti negativi, in particolare, sono stati investigati fin dagli albori della critica bruniana e la loro fisionomia si è arricchita, in questi anni, di importanti puntualizzazioni: i grammatici pedanti, i pedissequi seguaci di Aristotele, i fanatici religiosi, gli impostori che celano sotto sembianti umani nature basse e ferine. I melanconici protagonisti, insomma, di quella che il filosofo individua come crisi di una civiltà, una crisi esacerbatasi fino a esaurire la capacità di rinnovamento e di rigenerazione del principio che a questa civiltà aveva dato origine. Non vi sono equivoci o dissensi sostanziali per quanto riguarda queste figure, se si esclude una tendenza a identificare in modo univoco certi referenti polemici di Bruno a seconda delle diverse interpretazioni: letture che tuttavia potrebbero confrontarsi e rendersi in buona parte complementari grazie alle ricostruzioni biografiche e storiche avviate negli ultimi anni. Anche quella che è stata definita come "ricostruzione dello scrittoio bruniano", del resto, sembra oggi potersi avviare verso riflessioni che, lontane dal timore classico di "schiacciare" l'autore sulle sue fonti, riescano a leggere la vasta e intricata filigrana che percorre la tessitura delle opere del Nolano.

Più complessa, nonostante questi esiti spesso illuminanti e inattesi, appare tuttavia la valutazione dei volti che Bruno disegna con tratti positivi, quelle fisionomie con cui egli si si identifica o potrebbe, in ultima istanza, identificarsi. Prima tra tutte, non foss'altro che per ordine cronologico, quella del Fastidito. Questo l'appellativo scelto dall'autore del Candelaio: una definizione che evoca suggestioni diverse, ricollegandosi a una discussione sulla figura dell'intellettuale che solca la tradizione della letteratura occidentale, tra le diverse rappresentazioni del genio e della stultitia, della melanconia e della prudenza. Assimilabile al sapiente che vive nella casa della Temperanza, in una peculiare sorta di indifferenza che parrebbe configurarsi come uno stato alternativo o precedente rispetto a quello della venazione di Atteone, il Fastidito condivide in realtà con il Furioso una dialettica peculiare, ancora da chiarire nei suoi tratti fondamentali. Richiami non inediti, come quello al De vita triplici di Ficino, possono ancora arricchire la lettura di un testo che è stato in tutta evidenza al centro di molte tra le più recenti interpretazioni.

Non solo: se nella contemplazione della Diana cui si volge il Furioso riescono a saldarsi alla speculazione metafisica l'indagine del Fisico e l'operare del Mago, nelle stesse pagine si lascia tuttavia in ombra quella figura del legislatore, del fondatore di nuove civiltà che era al centro della riflessione immediatamente precedente. È questo uno dei nodi problematici che più ha diviso la critica in questi anni. Dato comprensibile dal punto di vista della storiografia filosofica, per quanto non si disponga ancora del distacco necessario a mettere a fuoco i motivi profondi che muovono questi approcci, ma questione senz'altro fondata: nel quadro di un pensiero che tanto vigorosamente presenta la propria fondamentale istanza unitaria, il problema della prassi etica e politica appare alle volte irrisolto e contraddittorio, soprattutto quando Bruno, profeta e messaggero quale si sente nei momenti più alti e fortunati della sua vicenda, si scontra con la dialettica che segna il rapporto tra tempo e verità. Resta fondamentale, inoltre, il richiamo dei migliori contributi recenti a considerare, nonostante le diffidenze e le perplessità con cui il lettore contemporaneo reagisce di fronte a tali temi, il ruolo centrale giocato dalla mnemotecnica nella vicenda del pensiero bruniano.

Messaggero e profeta, legislatore e governante, fisico e mago, retore e maestro di arte della memoria: figure tra le quali non di rado si produce una tensione, nelle pagine del Nolano e ancor più nelle interpretazioni di tali pagine. È dunque da sondare la possibilità di risolvere queste tensioni, tenendo presente l'esigenza di non obliterare, com'è stato fatto in passato, alcuna delle direzioni in cui si sviluppa il sistema bruniano, né la vicenda esistenziale che a questo sistema si intreccia indissolubilmente.

 

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Dagmar von Wille

Sull'anima e l'amicizia: una lettera bruniana di Hieronymus Besler?

 

Viene presentato un documento singolare: una lettera sull'anima e l'amicizia copiata da Hieronymus Besler, discepolo di Giordano Bruno, il quale - nei suoi costituti processuali - lo ricorda come "un mio scolaro alemano de Norimberga", e anche come "un mio servitore Norimbergo". L'autore della lettera, che si dichiara in una situazione di indigenza, chiede al 'corrispondente' di non dimenticare il significato profondo e i doveri dell'amicizia. Il linguaggio della lettera è significativamente bruniano. L'autore rimane nell'ombra.

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Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 1999